A causa delle conseguenze dell’emergenza sanitaria e delle conseguenti misure contenitive messe in campo dalle autorità, è risultato da subito evidente che, per le imprese, l’esercizio 2020 avrebbe costituito una parentesi di eccezionalità per quel lungo fluire rappresentato dal bilancio d’esercizio, che solo per adempiere a necessità rappresentative viene chiuso dalla sua rappresentazione annuale.
Una delle tante questioni affrontate dal legislatore, con approccio derogatorio, in chiave emergenziale, è stata la rilevazione degli ammortamenti annuali, questione sensibile perché, a causa dell’interruzione forzata di molte attività, si è posto il problema della corretta rappresentazione della vita utile dei beni a utilità pluriennale, in un caso, come questo, in cui questi non potevano essere utilizzati, e non per scelta dell’azienda.
Come s’è accennato, il legislatore che ha affrontato la questione ha risposto con una norma in deroga, i cui effetti sono valevoli per il solo anno 2020. La previsione normativa ha fatto presto discutere a causa di alcune sue sensibilità tecniche, che, grazie ad attente successive interpretazioni, sono state parzialmente smussate.
L’articolo 60 (dal comma 7-bis al comma 7-quinquies) del DL 104/2020, il cosiddetto decreto Agosto, come convertito dalla Legge 126/2020, prevede che i soggetti che redigono il bilancio secondo le disposizioni del Codice civile e dei Principi contabili nazionali possano “non effettuare fino al 100 per cento dell’ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali, mantenendo il loro valore di iscrizione, così come risultante dall’ultimo bilancio annuale regolarmente approvato”.
Quindi le quote di ammortamento civilistiche, previste per l’esercizio 2020, possono slittare, parzialmente o totalmente, di un anno, con conseguente modifica del piano di ammortamento originario. Si tratta di una deroga a quanto disposto dall’articolo 2426 comma 1 numero 2 del Codice civile, che tratta proprio dell’ammortamento civilistico.
Il legislatore prevede anche però, per coloro che si avvalgono della deroga, l’obbligo di iscrivere al patrimonio netto una riserva indisponibile di utili per un importo corrispondente al totale delle quote di ammortamento non rilevate, ma che avrebbero dovuto esserlo in base alla normativa ordinaria. Se gli utili dell’esercizio 2020 non risulteranno sufficienti a colmare l’ammontare previsto della riserva, a questa dovranno essere destinate altre riserve di utili iscritte in bilancio (di esercizi precedenti) o altre riserve patrimoniali disponibili, e dopo di queste eventuali utili di esercizi futuri.
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1) Gli effetti sulla Nota integrativa
Il medesimo articolo 60 del DL 104/2020 dispone che in Nota integrativa debbano essere indicate le motivazioni che hanno spinto l’impresa ad avvalersi della sospensione in deroga degli ammortamenti, l’importo d’iscrizione della riserva indisponibile, e l’impatto che questa decisione ha avuto sul risultato d’esercizio e sul bilancio in generale.
La disposizione normativa non indica analiticamente ciò che è necessario indicare in Nota integrativa, ma lo fa l’Organismo italiano di contabilità con il Documento interpretativo numero 9, denominato “Disposizioni transitorie in materia di principi di redazione del bilancio - sospensione ammortamenti”.
In Nota integrativa dovranno essere analiticamente indicate le immobilizzazioni su cui non sono stati (o lo sono stati solo in parte) effettuati gli ammortamenti, le ragioni di questa scelta e il suo impatto in termini economici e patrimoniali sul bilancio e sull’impresa. Dovrà esistere un legame di coerenza tra il cespite (o la classe di cespiti o la voce di bilancio) che si è deciso di non ammortizzare, le motivazioni addotte e le modalità operative e contabili adoperate. Senza trascurare ed anzi sottolineando, riguardo il piano motivazionale, come la norma sia “inserita in un contesto normativo preordinato ad introdurre misure agevolative dovute alla pandemia”.
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2) La compatibilità con la rivalutazione e la svalutazione
Il medesimo Documento interpretativo numero 9 dell’OIC, quando pubblicato nella sua versione definitiva, ha messo nero su bianco delle questioni fino al quel momento solo supposte: che la norma in deroga riguarda solo l’ammortamento dei cespiti e “pertanto restano ferme tutte le altre disposizioni relative al trattamento contabile delle immobilizzazioni materiali e immateriali”, e che l’esercizio di questa facoltà “non esclude la possibilità di rivalutare i beni materiali e immateriali ai sensi dall’articolo 110 commi 1-7 della Legge n.126 del 13 ottobre 2020”, sul medesimo bilancio.
Si ricorda che per disposizione del Principio contabile nazionale OIC 9 quando “durante l’esercizio si sono verificate, o si verificheranno nel futuro prossimo, variazioni significative con effetto negativo per la società nell’ambiente tecnologico, di mercato, economico o normativo in cui la società opera o nel mercato cui un’attività è rivolta”, e nei casi in cui “nel corso dell’esercizio si sono verificati significativi cambiamenti con effetto negativo sulla società, oppure si suppone che si verificheranno nel prossimo futuro, nella misura o nel modo in cui un’attività viene utilizzata o ci si attende sarà utilizzata”, tutte situazioni potenzialmente riconducibili al contesto pandemico del 2020, quanto meno per una impresa operante in uno dei settori maggiormente colpiti, allora “se il valore recuperabile di un’immobilizzazione è inferiore al suo valore contabile, l’immobilizzazione si rileva a tale minor valore. La differenza è imputata nel Conto economico come perdita durevole di valore”.
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3) Le conseguenze della deducibilità
Una delle questioni più sensibili della disciplina in deroga oggetto di questo approfondimento è rappresentata dal fatto che l’articolo 60 del DL 104/2020 estende l’impatto della previsione normativa anche al piano fiscale.
Le regole generali del reddito d’impresa richiedono il preventivo passaggio dei costi dal Conto economico, ai fini della loro deducibilità fiscale; ad eccezione di “quelli che pur non essendo imputabili al Conto economico, sono deducibili per disposizione di legge”, in base alle disposizioni dell’articolo 109 comma 4 lettera b) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.
La norma in deroga prevede appunto che le quote di ammortamento sospese nel 2020, e quindi non imputate a Conto economico, siano comunque deducibili dall’Ires e dall’Irap “a prescindere dall’imputazione al Conto economico”.
La motivazione alla base di questa scelta normativa è, per tutta evidenza, basata sulla volontà, da parte del legislatore, di non gravare l’impresa di maggiori imposte, dopo averla aiutata a sostenere il bilancio bloccandone civilisticamente gli ammortamenti.
Pur comprendendone la logica di fondo, il quadro funzionale della norma nel suo complesso appare comunque incrinato dal fatto che l’inevitabile disallineamento tra valori civili e fiscali, in conseguenza di valori civilistici non rilevati ma dedotti fiscalmente, porterà allo stanziamento di imposte differite passive che annulleranno in parte l’effetto benefico che ha avuto sul bilancio la mancata rilevazione degli ammortamenti.
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4) La deducibilità facoltativa
La questione fiscale ha rappresentato per l’argomento uno dei punti più dibattuti. Non ci sono dubbi, dato il tenore letterario della norma, che la deduzione degli ammortamenti non imputati in bilancio sia comunque possibile, ma, come evidenziato da Assonime sulla Circolare numero 2 del 2021, si aperto un dibattito sull’eventualità che tale deduzione debba essere considerata un obbligo oppure una facoltà.
Il fondamento giuridico della tesi facoltativistica si basa sul fatto che la norma, quando parla della deduzione degli ammortamenti sospesi, la qualifica come “ammessa”, parola non priva d’ambiguità, che inserita nel contesto specifico, fa appunto pensare a un profilo possibilistico della deduzione.
L’Associazione nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, in occasione della pubblicazione della Norma di comportamento 212, rileva come il medesimo profilo possibilistico intrinseco all’utilizzo della parola “ammessa” da parte del legislatore possa essere rilevato anche sul Documento interpretativo numero 9 dell’Organismo italiano di contabilità, dove l’OIC, in riferimento all’utilizzo della deroga, precisa che la sua applicazione “può generare fiscalità differita”; in conseguenza logica di ciò, l’AIDC dichiara che la deduzione fiscale degli ammortamenti ibernati sul bilancio d’esercizio 2020 possa essere considerata “come una facoltà e non un obbligo”.
Ancora oggi, ad un passo dalla liquidazione delle imposte e dalla predisposizione delle dichiarazioni, non c’è uniformità di giudizio sull’argomento, in mancanza di una posizione ufficiale da parte dell’Agenzia delle Entrate; ma bisogna dire che il parere espresso dall’AIDC, oltre ad essere supportato dalla logica e dal buon senso, costituisce una opinione rilevante che aiuta la semplificazione, in quanto lo slittamento della deduzione, permette di non disallineare i valori civili da quelli fiscali.
Per contro, però, neanche questa eventualità è esente da conseguenze. Se è vero che la deduzione fiscale della quota di ammortamento, in base alle norme ordinarie, segue l’imputazione al Conto economico in funzione della vita utile del bene, e quindi l’eventuale mancata deduzione delle quote d’ammortamento dell’esercizio 2020 non si perderebbero, lo stesso non potrà di dirsi per i relativi maggiori valori annuali relativi al Super-ammortamento e all’Iper-ammortamento: questi, essendo incentivi fiscali di natura extra contabile senza impatto sul Conto economico, non possono slittare insieme alle quote di ammortamento ordinarie e, di conseguenze, le eventuali quote annuali relative all’anno fiscale 2020, si perderebbero, in mancanza della deduzione delle quote di ammortamento di riferimento, delle quali tecnicamente costituiscono una maggiorazione.
5) Il caso delle ditte individuali e delle società di persone
La Norma di comportamento 212 dell’AIDC prende in esame anche la questione, molto dibattuta, della possibilità d’avvalersi del blocco degli ammortamenti per l’anno 2020 nel caso in cui il contribuente sia una ditta individuale o una società di persone.
Le perplessità sul tema si concentrano sul fatto che la norma prevede un chiaro riferimento alla Nota integrativa, problema considerato superato dall’AIDC, per le ditte individuali e le società di persone in contabilità ordinaria, e in un certo qual modo questa ipotesi è confermata, in modo indiretto, anche dall’Agenzia delle Entrate, alla luce del fatto che i modelli dichiarativi Redditi PF 2021 e Redditi SP 2021, sul quadro RF, quello dedicato al “Reddito d’impresa in regime di contabilità ordinaria”, al rigo RF55, tra le “Altre variazioni in diminuzione”, prevedono il nuovo codice 81, dedicato appunto alla fattispecie in questione.
Restano in ogni caso esclusi dalla norma in deroga le imprese in contabilità semplificata.