La Corte di Cassazione, con sentenza del 13 maggio 2021, n. 12932, ha affermato che l'obbligo di versare i contributi sull'indennità sostitutiva del mancato preavviso sorge nel momento in cui il licenziamento acquisisce efficacia.
Se il lavoratore licenziato rinuncia al diritto all’indennità di preavviso, anche sottoscrivendo un accordo transattivo che regoli in maniera diversa l'obbligo riguardante la retribuzione , tale rinuncia non ha alcun effetto sull'obbligazione contributiva in quanto tale rinuncia non ha valore provenendo dal lavoratore e non dall'INPS che è il titolare del negozio giuridico.
La transazione intervenuta tra datore di lavoro e lavoratore rimane estranea al rapporto contributivo in quanto alla base del calcolo dei contributi previdenziali è posta la retribuzione dovuta, per legge o per contratto, e non quella di fatto corrisposta.
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1) La rinuncia all'indennità non libera il datore dall'obbligo contributivo verso INPS
Nel caso esaminato dai giudici di legittimità, un'azienda si era opposta alle pretese avanzate dall'INPS riguardanti il mancato versamento contributivo e le somme aggiuntive relative all'indennità di mancato preavviso spettante ai dipendenti licenziati.
Secondo l'azienda i contributi non erano dovuti perché i lavoratori, in sede transattiva, avevano rinunciato alla citata indennità.
L'azienda ha impugnato la sentenza del giudice di secondo grado davanti alla Corte di Cassazione, la quale lo ha rigettato evidenziando che alla base del calcolo dei contributi previdenziali deve essere posta le retribuzione dovuta per legge o per contratto individuale o collettivo e non quella di fatto corrisposta, in quanto secondo la legge (153/1969) per retribuzione imponibile deve intendersi tutto quello che ha diritto di ricevere il lavoratore.
L'obbligazione contributiva del datore di lavoro verso l'INPS quindi sussiste indipendentemente dal fatto che gli obblighi retributivi, nei confronti del lavoratore, siano stati in tutto o in parte soddisfatti, ovvero che il lavoratore vi abbia rinunciato con un accordo individuale.
Nei primi due gradi di giudizio l'azienda è risultata soccombente.
In particolare, secondo la Corte d'appello, i contributi erano dovuti perché il diritto all'indennità di mancato preavviso, riconosciuta dalla società nell'intimare il licenziamento, costituiva elemento retributivo già entrato a far parte del patrimonio dei dipendenti, e come tale soggetta ad obbligazione contributiva.
E' raccomandabile pertanto, per i datori di lavoro, di evitare accordi o transazioni che comprendano rinunce al preavviso, ma di fare in modo che venga sempre osservato il periodo previsto contrattualmente.
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