La disciplina civilistica prevede, secondo quanto è stabilito dall’art. 2487 c.c., che gli amministratori, contestualmente all’accertamento della causa di scioglimento, che devono verificare senza indugio (si veda l’art. 2485 c.c.), hanno l’obbligo di convocare l’assemblea dei soci (prima della Riforma del diritto societario, la convocazione era prevista entro trenta giorni dal verificarsi di una causa di scioglimento). Nell’ambito di tale assemblea dei soci, possono determinarsi varie situazioni nelle quali non sempre è possibile che si crei una maggioranza sufficiente a deliberare, tanto l’eventuale messa in liquidazione della società, quanto l’eventuale salvataggio della medesima.
Quindi, lo spirito del legislatore, nel dettare le disposizioni dell’art. 2485 c.c., è quello di garantire l’automatismo dello stato di liquidazione nell’ipotesi in cui si determini una causa di scioglimento.
Oltretutto, tale principio conduce alla conseguenza dell’inefficacia sul piano giuridico di quella deliberazione societaria che approvi un piano di salvataggio della società dinanzi al verificarsi di una causa di scioglimento della medesima. Inoltre, talvolta, in presenza di una causa di scioglimento della società, si determina un conflitto d’interessi tra amministratori e soci che rende necessario l’intervento dell’autorità giudiziaria per stabilire l’eventuale messa in liquidazione della società (art. 2487, comma 2, c.c.).
È opportuno rivisitare alcune norme in merito alla convocazione, alla rappresentanza, alla partecipazione, alle maggioranze, ecc. dell’assemblea dei soci (di natura straordinaria nella s.p.a.) portante all’ordine del giorno la messa in liquidazione della società.
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Questo articolo è estratto dal libro "La liquidazione volontaria delle società- Manuale pratico e Formulario" di Salvatore Dammacco, pubblicato da Maggioli Editore ad Aprile 2021 e giunto alla sua XVIII edizione
1) Modalità di convocazione
L’organo amministrativo convoca l’assemblea mediante avviso contenente l’indicazione del giorno, ora e luogo dell’ordinanza, nonché degli argomenti da trattare (cosiddetto ordine del giorno); detto avviso, normalmente, contiene l’indicazione di un secondo giorno, ora e luogo in cui l’assemblea è convocata qualora nella prima non sia raggiunto il quorum necessario.
Detto avviso di convocazione:
- nelle s.p.a., deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ovvero in almeno un quotidiano indicato nello statuto almeno 15 giorni prima di quello fissato per l’assemblea (si veda l’art. 2366 c.c.);
- nelle s.r.l., deve essere inviato, mediante lettera raccomandata, almeno 8 giorni prima dell’adunanza, ovvero secondo la modalità prevista dall’atto costitutivo che assicuri la tempestiva informazione sugli argomenti da trattare (si veda l’art. 2479-bis c.c.).
La predetta formalità (avviso di convocazione) può essere superata in presenza di assemblea totalitaria (tutti i soci presenti unitamente a tutti i componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale).
2) Partecipazione dei soci
Tutti i soci con diritto di voto (sono esclusi i titolari di azioni di godimento o di azioni di risparmio nonché i soci morosi e le società controllate), inclusi gli usufruttuari e i creditori pignoratizi (quando hanno diritto di voto ai sensi dell’art. 2352 c.c.) su azioni o quote possono intervenire in assemblea. Per le s.p.a., normalmente si fa ricorso all’art. 2346 c.c. in virtù del quale è previsto che l’atto costitutivo possa escludere l’emissione dei titoli (prima della Riforma del diritto societario si faceva ricorso all’allora art. 2346 c.c., in virtù del quale era previsto che l’atto costitutivo potesse escludere l’emissione dei titoli anche in base all’art. 5 del r.d. del 29 marzo 1942, n. 239, che consentiva, previa delibera dell’assemblea straordinaria, di non distribuire le azioni ai soci). Questa mancata distribuzione delle azioni comporta l’assimilazione della partecipazione degli azionisti all’assemblea dei soci a quella dei quotisti alla detta assemblea: la partecipazione è vincolata all’iscrizione del socio nel libro dei soci, anche il giorno stesso dell’assemblea.
Questo articolo è estratto dal libro "La liquidazione volontaria delle società- Manuale pratico e Formulario" di Salvatore Dammacco, pubblicato da Maggioli Editore ad Aprile 2021 e giunto alla sua XVIII edizione
3) La rappresentanza
L’art. 2372 c.c. consente ai soci di farsi rappresentare in assemblea a mezzo di un rappresentante che può rappresentare non più di venti soci nelle s.p.a. (nella s.r.l., l’art. 2479-bis c.c. non stabilisce quanti soci possono essere rappresentati da chi partecipa).
Rappresentanti non possono essere:
- gli amministratori,
- i sindaci e
- i dipendenti della società, di eventuali società controllate e della società di revisione a cui sia stato attribuito l’incarico.
Inoltre, può essere conferita la rappresentanza a società, associazioni o enti collettivi.
La rappresentanza è conferita, per una determinata assemblea, con delega scritta non rilasciata in bianco.
4) Maggioranze per la delibera dell’assemblea
L’art. 2479-bis c.c. prescrive per le s.r.l., qualora l’atto costitutivo non preveda maggioranze differenti, il voto favorevole di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale.
Per la società per azioni, che a differenza della s.r.l. è dotata di assemblea straordinaria, la deliberazione dei soci, in quest’ultima assemblea, è assunta:
- in prima convocazione, con il voto favorevole di tanti soci che rappresentano più della metà del capitale sociale (art. 2368, comma 2, c.c.) e
- in seconda convocazione, con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea (l’assemblea straordinaria, in seconda convocazione, è regolarmente costituita con le partecipazioni di oltre un terzo del capitale sociale – art. 2369, comma 3, c.c.).
Lo statuto può prevedere, nella s.p.a., solo maggioranze più qualificate.
5) Omologazione della delibera
La delibera dell’assemblea avente natura straordinaria (solo nelle s.p.a.) portante l’anticipata liquidazione della società, doveva essere presentata per l’omologazione alla cancelleria commerciale del Tribunale a norma dell’art. 2411 c.c., richiamato dal previgente art. 2436 c.c. entro 30 giorni dalla data di delibera.
Abbiamo usato il tempo imperfetto in quanto l’art. 32 della l. 24 novembre 2000, n. 340 ha sostituito il comma 1 dell’art. 2411 del codice civile che, con la Riforma del diritto societario, ha trovato collocazione nei vigenti commi 3 e 4 dell’art. 2436 c.c. che recitano:
“Se il notaio ritiene non adempiute le condizioni stabilite dalla legge, ne dà comunicazione tempestivamente, e comunque non oltre il termine previsto dal secondo comma del presente articolo, agli amministratori. Gli amministratori, nei trenta giorni successivi, possono convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti oppure ricorrere al Tribunale per il provvedimento di cui ai successivi commi; in mancanza la deliberazione è definitivamente inefficace.
Il Tribunale, verificato l’adempimento delle condizioni richieste dalla legge e sentito il pubblico ministero, ordina l’iscrizione nel Registro delle imprese”.
Pertanto, l’omologa non è più una prassi da osservare negli atti modificativi delle società (come del resto anche negli atti costitutivi) ma costituisce l’eccezione; infatti, quando il notaio che verbalizza la delibera di liquidazione assunta dall’assemblea ravvisi che “le condizioni stabilite dalla legge” non siano state “adempiute”, ne dà comunicazione agli amministratori che, nei 30 giorni successivi, possono ricorrere al Tribunale per il provvedimento di omologazione.
Altra questione di non poco interesse ci è offerta dalla sentenza del Tribunale di Napoli del 16 dicembre 1996. Tale provvedimento ha stabilito la possibilità di una deliberazione societaria implicita inerente alla messa in liquidazione di una s.a.s., in quanto il legislatore non ha previsto alcun tipo di esteriorizzazione di quest’ultima. Va sottolineato, comunque, che la fattispecie che ha determinato l’intervento del Tribunale di Napoli è stata provocata dal comportamento quiescente del convenuto dinanzi alle pretese liquidatorie della parte attrice. Quindi, concludendo, i giudici del Tribunale di Napoli hanno ritenuto di intravedere nel comportamento del convenuto un’accettazione tacita dello stesso nel porre in liquidazione la società.
Questo articolo è estratto dal libro "La liquidazione volontaria delle società- Manuale pratico e Formulario" di Salvatore Dammacco, pubblicato da Maggioli Editore ad Aprile 2021 e giunto alla sua XVIII edizione