In questa breve sintesi divulgativa tratteremo delle imposte sui negozi aventi spirito di liberalità con cui una parte arricchisce l’altra disponendo di un proprio diritto (art. 769 c.c.), tanto per via diretta (art. 782 c.c.) quanto indiretta: parleremo, dunque, delle donazioni in favore dei figli.
La donazione del genitore ai figli è esperienza comune nel vissuto di chiunque, che assume forme eterogenee: la dazione di denaro contante oppure a mezzo bonifico, il pagamento diretto del corrispettivo della prima casa acquistata dal figlio in sede notarile, la rimessione del debito, e molti altri esempi possibili.
Al netto delle rilevanti problematiche che tali liberalità creano in sede di definizione dell’asse ereditario in morte del genitore, occorre premettere che - in linea generale - la disciplina è sovrapponibile a quella delle successioni mortis causa cui si rimanda (come fare testamento)
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1) Quali donazioni in favore dei figli sono soggette ad imposta?
Tra le possibili liberalità donative (dirette od indirette) in favore dei figli, alcune sono soggette ad imposta a carico del beneficiario, ossia chi riceve la donazione, mentre tutte sono soggette a registrazione, in misura fissa (€ 200,00), salvo se di valore inferiore alla franchigia (Circ. Agenzia delle Entrate del 29/05/2013 n. 18/E part. 5.1).
Ci sono donazioni non soggette ad imposta:
- beni di modico valore
- spese non collazionabili di cui all’art. 742 c.c. (spese per educazione, malattia, ordinarie per abbigliamento e nozze)
- veicoli iscritti al PRA
- aziende (o rami) e quote sociali o azioni (se riguardano quote di controllo societario, o se i beneficiari detengono il controllo per un periodo non inferiore a 5 anni dal trasferimento).
Sono invece soggette ad imposta
- le liberalità donative (anche indirette)
- la rinuncia all’usufrutto in favore dei nudi proprietari (cfr. Ris. AE 16/02/2007 n. 25/E)
- le donazioni derivanti da atti formati all’estero se inerenti soggetti beneficiari residenti in Italia, se il donante è ivi residente o se risiede all’estero ed i beni oggetto di donazione sono qui esistenti (vedi, più ampiamente, la Ris. Agenzia dell’Entrate del 24/07/2019 n. 310).
(Riferimenti normativi: art. 1, c. 4; art. 3; e artt. 55-60 D.Lgs. 346/1990 e art. 2 commi 49-53 D.L. 262/2006).
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2) In che misura si paga l’imposta sulle donazioni in favore dei figli?
L’imposta è dovuta, salvo franchigia (lo vedremo più avanti), in misura fissa oppure proporzionale.
Il primo caso è, quantomeno per il tema che qui ci occupa, del tutto residuale: riguarda le donazioni di beni culturali vincolati e ogni altro “bene o diritto dichiarato esente dall’imposta a norma di legge” tranne per titoli di debito pubblico ed altri titoli di Stato (cfr. art. 59 c. 1 D. Lgs. 346/1990), ed altri casi -statisticamente minori- che qui non si elencano seppur esistenti. L’imposta, in questi casi, è dovuta in misura fissa: € 200,00=.
Tuttavia, quasi sempre l’imposta è dovuta in misura proporzionale, e questo è il secondo caso. Ma qual è la base imponibile?
Le imposte sono dovute in base a quello che, generalmente, è il valore venale in comune commercio del bene donato, al netto degli oneri gravanti sul donatario (salvo che non abbiano per oggetto prestazioni a soggetti terzi determinati individualmente – più ampiamente: Circolare Ag. Entr. 29/05/2013 n. 18/E par. 5.1).
Per il denaro quindi si farà riferimento al valore nominale.
Per gli immobili occorre fare riferimento all’art. 14 D.lgs. 346/1990: “[…] per la piena proprietà, il valore venale in comune commercio alla data di apertura della successione; per la proprietà gravata da diritti reali di godimento, la differenza tra il valore della piena proprietà e quello del diritto da cui è gravata; per i diritti di usufrutto, uso e abitazione, il valore determinato a norma dell'art. 17 sulla base di annualità pari all'importo ottenuto moltiplicando il valore della piena proprietà per il saggio legale d'interesse”.
La determinazione, dunque, del valore -ai fini impositivi- del diritto di usufrutto/abitazione/uso segue i criteri, tecnici e complessi, di cui all’art. 17 D. Lgs. 346/1990 cui per brevità si rimanda.
I titoli di Stato, esclusi dell’imposta di successione, partecipano alla determinazione della base imponibile sulla donazione.
Anche le donazioni indirette possono essere soggette ad imposta sulle donazioni, ma di ciò si accennerà più avanti in questo articolo.
Ciò premesso, occorre specificare che -in verità- la determinazione in misura proporzionale della base imponibile deve essere attenuata dalle previsioni previste dall’art. 2 c. 48 D.L. 262/2006 e art. 57 D. Lgs. 346/1990 ovverosia: la franchigia.
Le donazioni ai figli scontano un’aliquota del 4% sul valore della donazione al netto della franchigia fino ad € 1.000.000,00=.
Fino ad un milione di euro, dunque, non si paga l’imposta di donazione: ciò vale anche in caso di donazioni plurime nel tempo.
Può essere, infatti, che il beneficiario abbia già goduto di una donazione da parte dello stesso genitore: di tale precedente donazione occorre dare contezza in sede dichiarativa (quindi, ad esempio, nel rogito).
Se la donazione riguarda beni immobili, peraltro, occorre procedere per tramite del notaio alla trascrizione di tale alienazione: sarà dovuta, in questo caso, l’imposta ipocatastale (2% + 1% cfr. art. 10 e artt. 1-5 tariffa D.Lgs. 347/1990), tassa ipotecaria (€ 35,00 per ogni ufficio provinciale) e imposta di bollo (€ 64,00 per ogni ufficio provinciale).
Se dunque Tizio dona al figlio Primo la piena proprietà di un immobile dal valore venale del bene in comune commercio di € 400.000,00 nulla è dovuto a titolo di imposta di donazione o di registro. Dovranno essere pagate le imposte ipotecarie e catastali (2% e 1%) salvo che Primo non intenda beneficiare delle agevolazioni prima casa.
Se ricorrono i presupposti per l’agevolazione prima casa le imposte sono dovute in misura fissa (€ 200,00).
Se tuttavia Primo, successivamente, è beneficiario di una donazione in denaro da parte del padre di € 700.000,00 dovrà darne atto in sede di atto pubblico avanti al notaio, e dovrà pagare l’imposta di donazione nella parte ultronea alla franchigia (dunque, in questo caso, il 4% su 100.000,00 euro).
(Riferimenti normativi: art. 14, 15, 18 D. Lgs. 346/1990)
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3) Le donazioni indirette.
Una donazione però può aversi anche per via indiretta, ovverosia senza l’intervenuto del notaio e dei testimoni, e ciò accade spesso nella prassi: genitori che dispongono bonifici, o che pagano i debiti dei figli, o che gli rimettono un debito pregresso.
Le liberalità indirette sono senz’altro soggette ad imposta in caso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, ovvero in caso di registrazione volontaria delle parti (si veda, più nel dettaglio, l’art. 56-bis D. L.gs. 346/1990)
Sono peraltro escluse dalla debenza dell’imposta, in ogni caso, le liberalità indirette relative ad atti di trasferimento o costituzione di diritti immobiliari e aziende (cfr. art. 1 comma 4bis D. Lgs. 346/1990), quelle non soggette a collazione e sopra citate (cfr. artt. 742 e 783 c.c.), quelle che le parti non manifestano esternamente (pagamento del debito del/della figlio/a).
Fuori dai casi specifici di esenzione indicati nel precedente capoverso, è dubbio se debba applicarsi alle donazioni indirette l’aliquota ordinaria o quella diversa, meno recente e non intaccata dai legami parentali tra le parti, prevista dai commi 2 e 3 dell’art. 56-bis D. Lgs. 346/1990 (pari al 7%).
Nell’ambito delle donazioni indirette occorre, infine, dare conto di ciò che nella prassi accade sovente: ad esempio, la rinuncia abdicativa con effetto dismissivo-estintivo; è il caso accennato della remissione di debito del genitore al figlio che -tempo addietro- aveva da lui preso a prestito una somma di denaro.
L’antinomia, da alcuni autori ritenuta solo apparente, tra quanto dispone il D. Lgs. 346/1990 (che considera un trasferimento imponibile anche la rinuncia a diritti reali o di credito) e il D.P.R. 131/1986 (per cui l’imposta di registro si applica anche alla rinuncia ai diritti reali sui beni immobili ed alle rimessioni di debito), viene risolta nel senso di dare prevalenza alla sola imposta sulle donazioni. In quest’ottica tutti i negozi non corrispettivi (che sono quelli che ci occupano) sarebbero de plano gratuiti e quindi soggetti alla sola imposta di donazione essendo invece l’imposta di registro propria dei contratti corrispettivi.
Sul punto occorre dare atto dei recenti sviluppi della giurisprudenza di legittimità: Cass. 28 gennaio 2019 n. 2252 ritiene che la “rinuncia a titolo gratuito al diritto di usufrutto è soggetta all’imposta prevista dal D. Lgs. n. 346 del 1990 (come reintrodotta dal D.L. n. 262 del 2006, conv. con mod., dalla l. n. 286 del 2006), poiché essa rientra nell’ambito degli atti traslativi o costitutivi di diritti reali di godimento, in virtù dell’effetto di arricchimento del beneficiario conseguente alla rinuncia al diritto da parte del suo titolare”.
Una recentissima decisione della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte (la n. 47/4/2021) afferma, sul punto, che la remissione del debito -che può sostanziare una donazione indiretta- è comunque soggetta ad imposta di registro con aliquota dello 0,5% sul valore.
Il tema dunque appare, tanto in giurisprudenza quanto in dottrina, ancora controverso ed in continuo divenire: è opportuno, come sempre, un approccio prudente magari con l’assistenza diretta di professionisti di propria fiducia.
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