Uno dei meccanismi elusivi, messi in atto dalle società al fine di ottenere un vantaggio fiscale, è rappresentato dal commercio delle bare fiscali. Tale pratica permette ad una società, che ha ottenuto un risultato positivo dalla sua gestione aziendale, di deliberare una fusione con una società che ha ottenuto un risultato economico negativo. In questo modo, la prima società ottiene il beneficio di pagare meno imposte, proprio per effetto della fusione con una società che ha chiuso con una perdita il proprio conto economico. Chiaramente, se questo comportamento non ha una valida motivazione economica/strategica, si configura come un'operazione elusiva.
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1) Il contenuto antielusivo del Tuir
Il nostro TUIR è pieno di articoli con contenuto antielusivo, ossia riferito a comportamenti che nonostante non siano in contrasto con i principi che regolano il nostro ordinamento fiscale, consentono di ottenere vantaggi in tale ambito.
Alcuni principi antielusivi specifici per le operazioni di fusione sono contenuti nell' art. 172, c. 7, TUIR. In base a tale articolo, le perdite fiscali che possono portarsi in diminuzione del reddito della socità incorporante o quella nuova , creatasi per effetto della fusione sono:
- per la parte del loro ammontare che non eccede quello del patrimonio netto della società che riporta le perdite, quale risulta dall'ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale redatta ai sensi dell'art. 2501-quater c.c., senza tener conto dei conferimenti e dei versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa, neutralizzando così i tentativi volti a consentire un pieno, quanto artificioso, recupero delle perdite fiscali;
- allorché dal conto economico della società le cui perdite sono oggetto di riporto, relativo all'esercizio precedente a quello in cui la fusione è deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell'attività caratteristica e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all'art. 2425 c.c., superiore al 40% di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.
Un altro strumento utilizzato dal legislatore è il cosiddetto test di vitalità (bilanci in utile, investimenti effettuati, presenza di personale dipendente, ed altro); trattasi, quindi, dei requisiti minimi di operatività che devono esistere, da parte delle società partecipanti alla fusione, non solo nel periodo precedente a quello in cui è stata deliberata la fusione, ma che devono continuare a permanere fino al momento in cui la fusione viene attuata.
In tema di commercio delle bare fiscali, va citato anche l'art.84 c.3 del TUIR. Tale norma pone il divieto relativo al riporto delle perdite fiscali che si sono venute a creare nell'ambito del reddito di impresa (art 84 c.1 TUIR), alle eccedenze di interessi passivi (art.96 TUIR), alle eccedenze di Ace (art.1 c.4 D.L.201/2011), quando congiuntamente si verificano i seguenti aspetti:
- la maggioranza delle partecipazioni degli aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite viene trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo;
- modifica dell'attività principale in fatto esercitata nei periodi d'imposta in cui le perdite sono state realizzate. La modifica dell'attività assume rilevanza se interviene nel periodo d'imposta in corso al momento del trasferimento od acquisizione ovvero nei due anni successivi o anteriori.
La normativa in questione non è vincolante e può essere disapplicata sia in maniera automatica, sia attraverso istanza di interpello.
La disapplicazione automatica, art.84 c.3 TUIR, è ammissibile in presenza delle seguenti condizioni:
- un numero non inferiore a 10 dipendenti nei 2 anni precedenti a quello del trasferimento delle partecipazioni;
- nell'anno che precede il trasferimento delle partecipazioni, dal conto economico risulti un valore dei ricavi e proventi e un valore lordo di costi per prestazioni di lavoro subordinato ,dovuti all'attività caratteristica, superiore al 40 % di quello della media di 2 esercizi precedenti.
L'istanza di interpello, art.11 c.2 L.212/2000, invece, ricorre quando non si verificano le due circostanze sopra citate. Questo tipo di interpello è disapplicativo e obbligatorio e permette al contribuente di ricevere un parere relativo alla non applicazione delle norme tributarie quando è certo di ricadere nella disciplina dell'art. 84 c.3 TUIR.
Dal punto di vista procedurale, nel caso in cui il contribuente non ricada in tale ambito, non ha quindi la certezza in merito al trasferimento a terzi delle partecipazioni che comportano la maggioranza dei diritti di voto in assemblea ordinaria ovvero in merito al mutamento dell’attività in fatto esercitata, deve presentare istanza di interpello ordinario, art.11 c.1 lett.a L.212/2000. In questo caso si interpella l'Amministrazione finanziaria allo scopo di conoscere il parere in merito all’integrazione dei requisiti oggettivi e soggettivi della disciplina antielusiva.