Abbiamo recentemente pubblicato l’articolo “Superbonus: aspetti contabili dello sconto in fattura e della cessione del credito” , nel quale siamo giunti alla seguente conclusione: “… riteniamo che in tutti i casi la differenza tra il valore nominale del credito d’imposta ceduto e quello del prezzo pattuito per l’opera edilizia, oppure quello della somma liquida data al beneficiario, rappresenta un provento finanziario, che, per il principio di competenza economica, interpretato nella fattispecie dall’OIC 15, deve comunque essere imputato agli esercizi nei quali tale credito viene utilizzato.
Parrebbe che, dato il principio di derivazione rafforzata, lo stesso criterio dovrebbe essere adottato dal punto di vista tributario”.
Un’ interpretazione analoga si legge su “Il Sole 24 Ore” del 18 gennaio 2021[1], nella quale viene ricordato che, secondo il metodo del “costo ammortizzato”, «il credito è rilevato inizialmente in bilancio:
- al «valore nominale al netto di tutti i premi, gli sconti, gli abbuoni ed inclusivo degli eventuali costi direttamente attribuibili alla transazione che ha generato il credito in assenza di attualizzazione;
- o, per tenere conto del “fattore temporale”, attualizzando i flussi finanziari futuri».
Da ciò deriva che il «credito d’imposta derivante dalla cessione del superbonus si presta all’applicazione di tale criterio perché:
- ha natura finanziaria, in quanto utilizzabile per la compensazione dei debiti;
- ha durata superiore a 12 mesi, in quanto utilizzabile in compensazione in 5 anni (o 4 anni per il solo 2022, come previsto dall’articolo 1, comma 66, lettera a, punto 1, della legge di Bilancio 2021);
- il differenziale tra lo sconto in fattura e l’ammontare del credito d’imposta attualizzato, riconosciuto al cessionario, sarebbe da inquadrare quale interesse attivo, cioè come provento finanziario per remunerare il tempo intercorrente tra la data in cui l’opera è stata eseguita e quella in cui il credito è stato interamente compensato.»
Nel fascicolo “L’esperto risponde”, allegato allo stesso numero del giornale, leggiamo la risposta ad un quesito riguardante il trattamento fiscale della differenza fra valore nominale e costo di acquisto; in essa si esamina in primis l’aspetto contabile e di bilancio, ritenendo che «l’Oic (Organismo italiano di contabilità), con il principio contabile 15, stabilisce, quale regola generale, che i crediti sono rilevati inizialmente al loro valore nominale, cioè in base all’effettivo diritto di credito che essi rappresentano. Nel caso del quesito, però, di pro soluto con alla radice una cifra inferiore a quella nominale, è richiesta la valutazione al costo, inteso come complesso degli oneri che un’impresa effettivamente sostiene per procurarsi un dato bene, il che implica che il credito debba essere rilevato nella contabilità del cessionario per un valore pari al corrispettivo di acquisto».
Suscita perplessità la risposta, che, probabilmente, risente di una sovrapposizione fra le regole riguardanti le corrette registrazioni in contabilità generale e quelle relative alla redazione del bilancio.
In primo luogo, non si comprende quale sia la norma che richiede la valutazione al costo del credito acquisito: ciò non è previsto dall’OIC 15, ma, soprattutto, di ciò non si trova traccia nell’art. 2426 del c.c., che prevede esclusivamente la valutazione dei crediti al valore di presumibile realizzo, oltre all’applicazione del criterio del costo ammortizzato. Inoltre, per le imprese che non adottano tale criterio, l’art. 2435-bis prevede espressamente che la valutazione al costo deve essere effettuata per i titoli, mentre per i crediti prevede esclusivamente la valutazione “al valore di presumibile realizzo”.
In secondo luogo, come detto, le norme riguardanti il bilancio ed i correlati principi contabili nazionali riguardano esclusivamente il processo di valutazione e di rappresentazione delle voci, ma non le regole di corretta rilevazione contabile delle operazioni aziendali, dalle quali tali voci discendono. Inoltre, è della massima importanza l’obbligo, sancito dall’art. 2423-bis, n. 1-bis, di rilevare e rappresentare le voci, tenendo conto della sostanza dell’operazione o del contratto.
L’OIC 11 prevede in proposito la necessità di un’approfondita analisi delle condizioni contrattuali volute dalle parti. Nella fattispecie, è indubbio che la cessione del credito d’imposta rappresenta un’operazione finanziaria, nella quale si scambia un credito con esigibilità certa, ma protratta nel tempo, con una somma di denaro.
[1] Paola Bonsignore, Pierpaolo Ceroli, Stefano Cingolani, Test del costo ammortizzato per i crediti del superbonus, Il Sole 24 Ore, 18 gennaio 2021
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1) Rilevazioni in contabilità generale
La rilevazione in contabilità generale dell’operazione deve essere effettuata rilevando:
- una variazione numerario-finanziaria positiva del tipo “più crediti”, in dare,
- una variazione numeraria negativa del tipo “meno disponibilità liquide”, in avere
- ed a pareggio, ancora in avere, una variazione economica positiva del tipo “interessi attivi”.
Ciò non ha nulla a che vedere con le considerazioni che il redattore del bilancio dovrà svolgere, alla chiusura dell’esercizio, in sede di scritture per la determinazione della competenza economica.
In questa seconda fase verrà esaminata l’esigibilità del credito, che, essendo verso lo Stato, dovrebbe essere considerata al 100% e la competenza economica del provento finanziario, che, riguardando un periodo ultrannuale, dovrà essere in parte rinviata al futuro attraverso la tecnica dei risconti passivi, se non viene applicato il criterio del costo ammortizzato.
Diversa, ovviamente, è la fattispecie riguardante le imprese che adottano tale criterio, per le quali non si presenta alcun problema in merito alla competenza economica del provento finanziario, come indicato nel nostro articolo in precedenza ricordato.
Un’autorevole conferma di quanto sopra si ha, con riferimento ai soli bilanci IAS/IFRS, dal recente Documento Banca d'Italia/Consob/Ivass n. 9 - Trattamento contabile dei crediti d’imposta connessi con i Decreti Legge “Cura Italia” e “Rilancio” acquistati a seguito di cessione da parte dei beneficiari diretti o di precedenti acquirenti, pubblicato il 5 gennaio 2021. In esso viene preliminarmente osservato che la fattispecie non è contemplata da alcun principio contabile internazionale e pertanto si deve far riferimento, come previsto dallo IAS 8, a quanto contenuto nel Framework.
Con un’approfondita analisi, il documento perviene all’individuazione della fattispecie nell’ambito degli “strumenti finanziari”, ai quali, come tali, deve essere applicato il metodo del costo ammortizzato. Pertanto, in ogni caso la differenza fra il valore nominale del credito d’imposta e quello della prima iscrizione in contabilità riguarda il periodo nel quale tale credito viene utilizzato.
Come abbiamo visto, per le imprese che non adottano i principi contabili internazionali, non c’è bisogno di particolari analisi, in quanto il codice fissa un unico criterio di valutazione per tutti i crediti.
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