Nell’ambito della determinazione del reddito di lavoro dipendente, il regime di tassazione applicabile “ratione temporis” alle cosiddette “stock options” deve essere identificato in quello vigente al momento dell'esercizio del diritto di opzione da parte del dipendente, a prescindere dal momento in cui l'opzione sia stata offerta, considerato che l'operazione a cui consegue la tassazione non deve essere identificata nell'attribuzione gratuita del diritto di opzione, che non è soggetta a imposizione tributaria, ma nell'effettivo esercizio di tale diritto attraverso l'acquisizione delle azioni, che costituisce il presupposto dell'imposizione commisurata proprio sul prezzo delle stesse e che è rimesso alla libera scelta del beneficiato.
A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21788/2020. Di seguito un approfondimento sulla decisione .
Ti potrebbe interessare La tassazione delle rendite finanziarie 2019 (eBook) utile Guida in pdf al nuovo regime fiscale "unico" 2019 delle partecipazioni: dividendi e capital gain e il foglio di calcolo Tassazione dividendi e Capital Gain
1) Tassazione stock options: riepilogo normativa e prassi in materia
Gli interventi normativi afferiscono all’assetto normativo così come risultante dalla riforma introdotta con il D.Lgs. n. 505/1999 e, segnatamente, il regime di cui al co. 2 lett. g-bis) dell’art. 51 del T.U.I.R. a fronte del quale il “fringe benefit azionario” veniva detassato, a condizione che il prezzo corrisposto dal dipendente risultasse almeno pari al valore dei titoli all’atto dell’offerta e nella misura in cui l’investimento del dipendente non eccedesse il 10% dei diritti di voto ovvero del capitale/patrimonio dell’emittente.
Tale disciplina, abrogata dal co. 25 dell’art. 36 del D.L. n. 223/2006, è stata ripristinata durante l’iter di conversione del decreto che ha reintrodotto l’agevolazione, subordinandola tuttavia a un vincolo quinquennale di incedibilità delle azioni e a un limite quantitativo parametrato alla “retribuzione lorda annua” percepita nel precedente periodo di imposta.
La volontà del legislatore ha pertanto avallato l’impostazione imperniata sul criterio di “cassa” che disciplina l’imputazione al periodo di imposta della categoria reddituale oggetto della riforma.
Successivamente, la materia è stata nuovamente modificata attraverso il co. 12 dell’art. 3 del D.L. n. 262/2006 che, riformulando il co. 25 dell’art. 36 del D.L. n. 223/2006, ha espresso i nuovi presupposti per l’agevolazione, da abbinare alle originarie condizioni disposte dal co. 2 lett. g-bis) dell’art. 51 del TUIR (norma in seguito abrogata dal co. 23 art. 82 D.L. n. 112/2008).
Nel dettaglio, oltre alla circostanza che il prezzo pagato dal dipendente risultasse almeno pari al valore dei titoli all’atto dell’offerta e che l’acquisto complessivo rientrasse in un limitato tetto massimo di investimento, l’applicabilità del regime “di favore” è stata subordinata all’esercizio dell’opzione decorsi almeno tre anni dalla sua attribuzione, alla quotazione dei titoli in mercati regolamentati e alla conservazione quinquennale di una parte dell’investimento non inferiore alla differenza tra il valore dei titoli al momento dell’assegnazione e quanto corrisposto dal dipendente (art. 51 co. 2 bis TUIR).
L’interpretazione adottata valorizza una sorta di criterio di competenza, identificando il regime da applicare in base al quadro vigente al tempo dell’attribuzione, attraverso l’esercizio del diritto di opzione, del diritto alla percezione del componente reddituale.
Siffatto criterio sembra essere riferito, in termini sistematici, alle previsioni di cui all’art. 3 della Legge n. 212/2000.
Sulla base di questo insieme di considerazioni l’applicabilità, nel caso di specie, della disciplina in essere al momento di esercizio del diritto di opzione pare rappresentare una corretta soluzione interpretativa.
Una delle peculiarità delle stock option, infatti, è quella di dar origine a una sorta di fattispecie impositiva a formazione progressiva, nel senso che i diversi momenti in cui si declina normalmente un piano sono idonei ad assumere rilevanza ai fini della modulazione del prelievo. Sotto un profilo di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, si pone l’esigenza di salvaguardare le aspettative di tassazione basate sul regime in vigore al momento dell’attribuzione del diritto alla percezione, segnatamente laddove sopravvengano evoluzioni normative che modifichino sostanzialmente le regole del gioco allorché i beneficiari si trovino a incassare il fringe benefit.
Da questa impostazione la dottrina (Assonime circ. n. 23/2007) e la prassi (circ. n. 1/E/2007) hanno fatto scaturire la volontà di rendere integralmente applicabile il regime da ultimo introdotto, agli esercizi di opzioni posti in essere a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 262/2006.
I principi generali, di conseguenza, devono essere applicati al caso concreto in maniera tale da non prescindere dalla ricerca delle reali intenzioni sottostanti alla mutazione della disciplina.