Ai fini dell'applicazione della sanzione di inammissibilità al ricorso introduttivo nel giudizio dinanzi alle Commissioni Tributarie, di cui al co. 4 dell’art. 18 e al co. 2 dell’art. 22 del D.Lgs. 546/1992, l'omessa sottoscrizione dell'atto deve essere intesa in senso restrittivo, ossia quale mancanza radicale del requisito imposto dalla legge che, tuttavia, non ricorre allorché sia sprovvista della firma solo la copia dell'atto notificato all'Ufficio finanziario.
Tutto ciò a condizione che l'originale del ricorso sia stato sottoscritto e depositato nella segreteria della commissione tributaria, mentre una copia priva di sottoscrizione sia stata, come nel caso in esame, consegnata dal contribuente all'Ufficio, rilevando, quanto a quest'ultima, esclusivamente la conformità all'originale.
A confermare questo importante principio è la Cassazione con l’ordinanza n. 14326/2020 (che alleghiamo in fondo all'articolo).
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1) La Cassazione: irrilevante la mancanza della firma sulla copia del ricorso per l'Ufficio
I co. 3 e 4 dell’art. 18 del D.Lgs. n. 546/1992 prevedono, a pena di inammissibilità, “la sottoscrizione del difensore o della parte deve essere apposta tanto nell’originale quanto nelle copie del ricorso destinate alle altre parti, fatto salvo quanto previsto dall’art. 14, comma 2”.
Tuttavia, lo stesso art. 18, di concerto con l’art. 22 della medesima norma, generano il meccanismo di incardinamento del giudizio attraverso le diverse fasi temporali che si perfezionano, rispettivamente, con la notifica dell’originale all’Ente impositore o all’Agente della Riscossione e, in seguito, con il deposito della copia presso la segreteria della Commissione Tributaria.
L’esigenza, richiamata dal co. 3 dell’art. 18, della sottoscrizione del difensore sull’originale e sulle copie del ricorso destinate alle altre parti è stata superata dalla Corte di Cassazione che ha sposato un orientamento consolidato secondo il quale l’inversione del richiamato procedimento, ai sensi del co. 1 dell’art. 22 del D.Lgs. n. 546/1992, implica una semplice irregolarità (Cass. ord. n. 10282/2013), risultando sufficiente, per avversare la richiesta di inammissibilità del ricorso, che almeno su una copia del ricorso risulti apposta la firma autografa dell’autore, tenuta in considerazione l’irrilevanza del fatto che tale esemplare risulti essere quello depositato presso la segreteria della Commissione tributaria e non quello recapitato all’Amministrazione finanziaria (Cass. sent. n. 21170/2005).
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2) Corte costituzionale e Corte UE sulla proporzionalità delle sanzioni processuali
La conclusione appare più che condivisibile e tale orientamento è stato confermato dalla pronuncia della Corte Costituzionale (sent. n. 520/2002), fondata sulla estrema residualità dell’applicazione delle sanzioni di inammissibilità nel processo tributario e sulla necessità per la quale, le disposizioni normative che prevedono tale forma di declaratoria, debbano essere interpretate in senso restrittivo, limitandone pertanto l’operatività ai soli casi nei quali il rigore estremo risulta essere davvero giustificato (Cass. sent. n. 24461/2014).
Inoltre anche la giurisprudenza della Cour européenne des droits de l'homme, ha disposto di correlare le sanzioni processuali a canoni di proporzionalità, chiarezza e prevedibilità e, pertanto, a far prevalere le interpretazioni orientate a consentire al processo di giungere naturalmente alla sua spontanea conclusione, senza accentuare un fin de non recevoir non riscontrabile negli elementi convenzionali di riferimento dell’art. 6 della Convention européenne des droits de l'homme (Cass. SS.UU. sent. n. 13452/2017).
L’ordinanza n. 10282/2013, pertanto, ha definitivamente inertizzato il datato indirizzo della giurisprudenza di legittimità (Cass. sent. n. 4051/2001), che aveva decretato l’inammissibilità del ricorso interposto attraverso una rigorosa lettura applicativa delle richiamate disposizioni, sancendo l’inderogabilità al puntuale rispetto delle indicazioni legislative afferenti a “originale” e “copia” rilevabile e sanzionabile, nel caso opposto, in ogni stato e grado del giudizio.
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