La disciplina in tema di “direzione e coordinamento di società” è stata introdotta nel Codice Civile, dall’art. 5 del D. Lgs 17/1/2003 n. 6.
Di norma, la fattispecie evoca il “gruppo” societario, ossia una realtà complessa ed articolata nella quale, in diverse forme, più società agiscono in modo tra loro coordinato.
Tuttavia l’attività di “direzione e coordinamento di società” può riguardare anche il rapporto tra due sole società e questa circostanza amplia in modo significativo l’incidenza di tali norme sulla realtà del tessuto economico ed in particolare la possibile applicazione della norma cardine della novella sopra menzionata, ossia l’art. 2497 c.c., che disciplina la responsabilità per l’esercizio “abusivo” di tale attività.
E’ sempre più frequente, da parte ad esempio delle curatele fallimentari, la proposizione di domande risarcitorie fondate sull’ipotesi che la società “madre” abbia determinato, indotto o condizionato, la conduzione della società “figlia” (fallita) conducendola a scelte gestorie censurabili e dannose per i soci o i creditori.
Di qui la necessità di una attenta gestione dei profili operativi quotidiani ogniqualvolta i rapporti tra due, o più, società si prestino ad essere sussunte all’interno delle norme di cui trattasi.
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1) L'applicazione dell'attività di direzione e coordinamento per obbligo o volontaria
L’esercizio dell'“attività di direzione e coordinamento” è presunto (salva la facoltà di prova contraria) ex art. 2497 sexies c.c. in capo alla società controllante (2359 c.c.) ed a quella tenuta al consolidamento dei bilanci.
All’operare della presunzione corrisponde, ovviamente l’applicazione delle norme del capo IX, titolo V, libro V, del codice civile.
Norme che, al di fuori delle sopra menzionate ipotesi, si applicheranno anche alla società che “esercita attività di direzione e coordinamento di società sulla base di un contratto con le società medesime o di clausole dei loro statuti”.
La novella del 2003, oltre ad aver esteso l’applicazione dell’art. 2467 c.c. ai finanziamenti concessi dalla società “madre” (o da altri soggetti “ad essa sottoposti”) alla società “figlia” ha previsto, all’art. 2497 bis, oneri pubblicitari in capo a quest’ultima che dovrà anche motivare, “analiticamente”, recita il codice (2497 ter), le decisioni “influenzate” dalla prima.
Tali disposizioni danno conto della delicatezza dei rapporti tra società “madre” e “figlia” e della necessità, quanto meno laddove il rapporto sia, per così dire, ufficializzato, di una sua adeguata e trasparente ostensione ai terzi.
Lo statuto codicistico della “attività di direzione e coordinamento” prevede inoltre l’attribuzione della facoltà di recesso al socio della società “figlia” nei tre casi previsti dall’art. 2497 quater.
Come si è scritto in apertura, la norma più rilevante è però quella che disciplina la responsabilità della società “madre” per l’esercizio “improprio”, “abusivo”, della “attività di direzione e coordinamento”, ossia l’art. 2497 c.c.
Riguardo ad essa si suole osservare che costituisca il recepimento, nel nostro ordinamento, della cosiddetta “teoria dei vantaggi compensativi”.
La responsabilità per l’abusivo esercizio della “attività di direzione e coordinamento” è infatti esclusa laddove l’eventuale sacrificio imposto alla società “figlia” sia altrimenti ricompensato dal fatto stesso di appartenere al “gruppo”, dunque indirettamente, o attraverso “operazioni a ciò dirette”, dunque direttamente.
La società “madre” sarà responsabile e con essa “chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo” o ne abbia tratto vantaggio (seppur nei limiti previsti) ogniqualvolta, nell’esercitare “attività di direzione e coordinamento” agisca, nell’interesse proprio od altrui, violando i principi di corretta gestione imprenditoriale e societaria.
Sarà “direttamente” responsabile verso i soci della società “figlia” o i creditori di essa. Nel primo caso per il danno alla redditività ed al valore della partecipazione, nel secondo per la lesione al patrimonio della società figlia.
Non solo, i soggetti lesi potranno agire direttamente nei confronti della società “madre” seppur a condizione di non essere stati soddisfatti dalla figlia.
La complessità della norma è evidente e svariate sono le questioni interpretative che si pongono, tanto al teorico quanto al pratico che, in ultima analisi, deve porsi il problema di come condurre l’esercizio della “attività di direzione e coordinamento” in condizioni fisiologiche ma anche quello di gestire le conseguenze di un eventuale esercizio patologico della stessa attività, vuoi nella prospettiva della società “madre”, da difendere quale soggetto passivo della pretesa risarcitoria, vuoi nella prospettiva, per certi versi opposta, della società “figlia”, o meglio dei suoi soci o creditori, allorchè si assistano questi ultimi nell’intrapresa di una azione di risarcimento danni verso la società “madre”.