Nell’ambito della rideterminazione dei valori immobiliari, gli atti richiamati devono essere acclusi ovvero riprodotti nel loro contenuto essenziale, a pena di nullità, nell'avviso di accertamento e la menzionata inefficacia non può essere “riparata” attraverso il raggiungimento dello scopo durante le fasi del giudizio.
A tale conclusione è giunta la sezione quinta della Corte di Cassazione attraverso la sentenza n. 17510/2017.
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1) Rettifica di valori immobiliari
La vicenda afferisce a un provvedimento della Commissione tributaria regionale del Lazio la quale, recependo l'appello proposto dai contribuenti, ha annullato un avviso di rettifica del valore e la conseguente liquidazione della maggiore imposta.
A parere dei Giudici laziali, la nullità dell'avviso di accertamento per omessa allegazione della perizia UTE risultava essere stata “recuperata” dalla susseguente esibizione in corso di giudizio della perizia medesima, ma tuttavia la rettifica doveva essere dichiarata inefficace in quanto realizzata attraverso una stima effettuata su dei fabbricati già censiti e dotati di rendita catastale.
L'Amministrazione Finanziaria ricorreva per Cassazione avverso alla sentenza della CTR del Lazio, mentre i contribuenti resistevano proponendo ricorso incidentale, denunciando l'omessa allegazione all’avviso di accertamento della stima tecnica dell'Agenzia del territorio, irregolarità che, a parere della Commissione Tributaria regionale, risultava essere stata sanata dal successivo deposito in corso di giudizio.
Il ricorso incidentale, in ragione del suo carattere preliminare, è stato anteposto nell'esame (Cass. 9 settembre 2008, n. 23113 e Cass. 31 ottobre 2014, n. 23271) ed è stato ritenuto fondato. I Giudici del Palazzaccio hanno rilevato che l'avviso di liquidazione, pur indicando quale unica fonte della rettifica la stima tecnica dell'Agenzia del territorio, non la recava in allegato, né la riproduceva quantomeno nelle parti essenziali, limitandosi tuttavia a comunicare che della stessa era "possibile prendere visione presso questo ufficio".
Nell’ambito di rettifica dei valori immobiliari, il comma 2-bis dell’ art. 52 del D.P.R. n. 131 del 1986, aggiunto dall’art. 4 del D.Lgs. n. 32 del 2001, ha decretato la nullità dell'accertamento giustificato per relationem nel caso in cui l'atto richiamato dall'avviso non sia stato allo stesso allegato, o in esso riprodotto quantomeno nel suo contenuto essenziale. Antecedentemente anche l’art. 7 della L. n. 212 del 2000 ha prescritto che gli atti tributari motivati per relationem devono recare in allegato i documenti nello stesso richiamati.
Di conseguenza, a parere degli Ermellini, già con l'entrata in vigore dell'art. 7 dello statuto dei diritti del contribuente, l'avviso di rettifica risulta essere nullo se a esso non risulta essere allegata la stima UTE in base alla quale l'Amministrazione Finanziaria ha dichiarato di rettificare il valore del cespite (Cass. 26 maggio 2008, n. 13490) e tale nullità non può essere sanata per raggiungimento dello scopo in giudizio in quanto, la motivazione dell'atto impositivo ha la funzione di garantire una difesa certa, anche in merito alla delimitazione del thema decidendum (Cass. 17 ottobre 2014, n. 21997).
Pertanto la tesi formulata dal giudice d'appello, per la quale la produzione in giudizio dell'atto richiamato sana l'omessa allegazione all'avviso richiamante si configura, a parere della Corte di Cassazione, alla stregua di interpretatio abrogans delle norme di legge sull'obbligo di allegazione.
Per tutto ciò il ricorso incidentale è stato accolto dai Giudici della Corte Suprema che hanno dichiarato nullo l'avviso di rettifica e condannato l'Amministrazione Finanziaria a rifondere le spese del giudizio di legittimità liquidate.
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