Esiste, a nostro avviso, una questione pratica molto importante, in ogni azione revocatoria delle rimesse bancarie, ed è la determinazione del saldo del conto corrente al momento del fallimento.
Si tratta di un particolare aspetto molto importante, anche ai fini pratici, ancorché non ci risulti ad oggi essere stato sollevato da alcuno.
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1) Il saldo del conto corrente
Come è notorio, l’importo revocabile è dato dalla differenza tra la maggiore esposizione del periodo e l’ammontare residuo della posizione al momento del fallimento.
Ma quale sarà il saldo al momento della dichiarazione di fallimento cui fare riferimento? Si tratta appunto di una questione che non ci pare sia già stata approfondita.
Di primo acchito, tutti, si è portati a considerare il saldo che risulta dall’Estratto Conto alla data del fallimento.
Più correttamente andrebbe considerato il saldo che è stato oggetto o sarà oggetto di ammissione allo stato passivo. Quello sarà il saldo da considerare, salvo peraltro, quanto si dirà appresso.
Appare infatti ovvio che se degli importi dovessero essere esclusi dal saldo, ai fini dell’ammissione al passivo, quello stesso saldo andrà considerato ai fini della revocatoria.
Non è infatti razionalmente sostenibile l’ipotesi di poter considerare due saldi diversi, quello dell’estratto conto e quello dell’ammissione; unico dovrà essere tale importo, salvo la verifica dell’addebito delle competenze.
Qualora poi l’azione revocatoria fosse iniziata prima della definitiva ammissione al passivo della banca, si potrà sempre variare il saldo finale oggetto di citazione.
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2) Gli addebiti di interessi e competenze
L’atteggiamento sopra descritto non risultà però sia quello seguito, sembrando più semplicistico il riferimento all’estratto conto, come si è detto.
Ma c’è dell’altro, e qui vorremmo proprio analizzare questo ulteriore aspetto: in particolare ci si riferisce agli addebiti di interessi e di competenze.
Vanno ad incrementare tout court il saldo finale?
Inizialmente pensavamo di si, come sembrerebbe normale. La norma parla di “ammontare residuo delle pretese alla data in cui si è aperto il concorso”, dato finora inteso come saldo al momento del fallimento, e se la banca ha addebitato interessi e competenze, si considererà il saldo che ne risulta.
Ma non ne saremmo del tutto sicuri.
Una esemplificazione pratica può essere di ausilio per introdurre il tema.
Si ipotizza il seguente caso, volutamente esasperato:
- maggiore esposizione del periodo 100
- addebito di interessi e commissioni qualche giorno prima del fallimento 50
- esposizione al momento del fallimento 100
Applicando l’art. 70 l.f., cosa risulta come importo revocabile? La risposta immediata è: Zero, appunto, dato da 100-100. Ma la risposta non ci convince.
Infatti, la banca, addebitando le competenze, è come se si fosse pagata, ai fini della revocatoria.
Prima dell’addebito il rientro era evidente, era appunto di 50. E fino a quel giorno, quello era il rientro. Se si addebitano le competenze, può essere logico che si azzeri o comunque si riduca il rientro? Così facendo la banca sarebbe trattata come un qualsiasi fornitore, i cui pagamenti nei normali termini d’uso non sono revocabili.
Ed allora, volendo equiparare le due situazioni, si potrebbe arrivare a queste considerazioni: se gli interessi sono stati addebitati normalmente nei normali termini d’uso, alle consuete scadenze trimestrali, nulla quaestio. Qualora invece fossero stati oggetto di un addebito non consueto, ad esempio alla chiusura del conto o comunque in via anticipata, ecco allora che probabilmente l’addebito non dovrebbe essere considerato.
Ma a questo punto il discorso può allargarsi. E tutti gli addebiti precedenti, è giusto considerarli? Diremmo di si, anche se qualche problematica potrebbe emergere pure per tali addebiti.
Il punto merita comunque un approfondimento, che vorremmo stimolare.
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3) Criticità e questioni pratiche
Torniamo al caso analizzato.
Per effetto di un addebito di competenze, l’istituto di credito ottiene un miglioramento della sua posizione ai fini della revocatoria. E questo in effetti parrebbe stridere.
Del resto, se si cambia il riferimento, se si considera l’art. 67 l.f. e le rimesse, le stesse sono considerate solo se consistenti e durevoli.
Quanto alla consistenza, se l’addebito successivo riduce l’ammontare delle rimesse ad un importo inferiore alla consistenza, le stesse non saranno revocabili.
Nel caso dell’addebito di interessi, consistenti, la rimessa che li copre non sarà revocabile.
Quindi la banca è considerata come un altro fornitore, in questo caso.
Ma nel caso specifico del c/c, c’è l’art. 70 l.f., che riguarda appunto i rapporti bancari, cioè i rapporti continuativi. Ciò significa che si tratta di un rapporto diverso da quello che caratterizza i fornitori.
Ma se per l’art. 67 l.f. la compensazione ha una logica, con l’art. 70 l.f. questa viene a mancare. Infatti, non può dipendere dal comportamento della banca, se abbia addebitato o meno gli interessi, la determinazione dell’importo revocabile.
Letteralmente l’art. 70 l.f. non pone particolari specificazioni, riferendosi semplicemente al saldo al momento del fallimento, ma a nostro avviso questo saldo dovrebbe essere ricalcolato, proprio per eliminare gli effetti di possibili addebiti effettuati dalla banca per varie competenze o interessi.
Non sarebbe infatti razionale far dipendere una riduzione degli importi revocabili da un addebito di interessi. E ciò creerebbe anche disparità di trattamento, tra banche che hanno addebitato gli interessi e altre che non lo hanno fatto.
Del resto, qualora la banca avesse girato il conto a sofferenza, il saldo del c/c normale sarebbe appunto zero. Non per questo qualcuno pensa di essere autorizzato a considerare quale saldo il saldo zero causato dal passaggio a sofferenza.
Ma in realtà dovrà considerarsi invece il saldo che è stato oggetto o sarà oggetto di ammissione allo stato passivo. Quello sarà il saldo, salvo la questione degli addebiti di interessi e competenze.
E se il conto è stato movimentato da addebiti di interessi e competenze, si potranno considerare solo se avvenuti nella scadenza consueta.
Ove si trattasse di addebiti anticipati, essendo nella fattispecie validamente applicabile a nostro avviso anche il requisito dei normali termini d’uso, il saldo da considerare sarà quello ante addebito. Il che equivale a considerare revocabile il pagamento, con la differenza però che sarebbe considerato in moneta piena, non concorsuale.
Questa problematica, come già anticipato, non ci risulta ancora trattata né dalla dottrina né dalla giurisprudenza.