L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 15/E del 13 giugno 2020, ricorda ai contribuenti come le “imprese in difficoltà”, secondo la definizione stringente della Commissione europea, risultino escluse dal contributo a fondo perduto previsto dal DL Rilancio.
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1) La normativa
L’articolo 25 del DL 34/2020, il cosiddetto Decreto Rilancio, prevede un Contributo a fondo perduto, si legga “Da oggi al via la richiesta del contributo a fondo perduto: a chi spetta”, destinato ai contribuenti esercenti attività di impresa, di lavoro autonomo, anche agrario, titolari di partita IVA, “al fine di sostenere i soggetti colpiti dall’emergenza epidemiologica Covid-19”: lo stesso articolo, composto da ben 15 commi, illustra i requisiti e le modalità per usufruire del beneficio, prevedendo (al comma 14) anche sanzioni rilevanti “nei casi di percezione del contributo in tutto o in parte non spettante”.
Il 15 giugno 2020 è stata attivata la procedura on line per richiedere il contributo a fondo perduto e, con un anticipo di due giorni, il 13 giugno 2020 l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la Circolare 15/E dedicata a specifici chiarimenti sul contributo a fondo perduto previsto dall’articolo 25 del DL 34/2020.
Quel che interessa della Circolare 15/E, ai fini di questo articolo, è il punto 7 denominato “Compatibilità con il quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19” nel quale l’Agenzia delle Entrate ricorda ai contribuenti interessati come, nonostante non vi sia alcun riferimento a riguardo nell’articolo 25 del cosiddetto Decreto Rilancio, “l’aiuto non può essere concesso a imprese che si trovano già in difficoltà […] il 31 dicembre 2019 in base alla definizione di cui all’articolo 2, punto 18, del regolamento (UE) n.651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014”.
La domanda è scontata: quali sono le imprese “in difficoltà” secondo questo regolamento UE?
Il punto 18 dell’articolo 2 del Regolamento UE 651/2014 definisce come impresa in difficoltà “un’impresa che soddisfa almeno una delle seguenti circostanze” (circostanze, si ricorda, esistenti alla data del 31 dicembre 2019):
- nel caso di Società a responsabilità limitata, Società per azioni, Società in accomandita per azioni, diverse dalle PMI costituite da meno di tre anni, “qualora abbia perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate”;
- nel caso di Società in nome collettivo e di Società in accomandita semplice, diverse dalle PMI costituite da meno di tre anni, “qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate”;
- “qualora l’impresa sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori”;
- “qualora l’impresa abbia ricevuto un aiuto per il salvataggio e non abbia ancora rimborsato il prestito o revocato la garanzia, o abbia ricevuto un aiuto per la ristrutturazione e sia ancora soggetta a un piano di ristrutturazione”;
- nel caso in cui negli ultimi due anni l’impresa, che non sia una PMI, presenti, insieme, il rapporto debito / patrimonio netto contabile superiore a 7,5 e il quoziente di copertura degli interessi (EBITDA / interessi) inferiore a 1.
Bisogna fare attenzione, leggendo il Regolamento (UE) 651/2014, come questo, quando utilizza l’espressione “società a responsabilità limitata” non lo fa nell’eccezione italiana del termine, specifica e tipicizzata, ma nel senso europeo dello stesso, che genericamente qualifica come tale una qualsiasi tipologia societaria che prevede la limitazione della responsabilità per i soci: quali sono, per ogni singolo paese, le specifiche tipologie di società che appartengono a questa categoria, è indicato nell’allegato I della direttiva 2013/34/UE che, per l’Italia, definisce come tali appunto le Società a responsabilità limitata, le Società per azioni, le Società in accomandita per azioni. Seppur non espressamente elencate nel suddetto allegato I, si può presumere che rientrino in questa categoria anche le Società a responsabilità limitata semplificata, per coerenza e analogia.
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2) Le implicazioni pratiche
Dalla lettura del punto 7 della Circolare 15/E e del punto 18 dell’articolo 2 del Regolamento UE 651/2014, appare immediatamente evidente come siano molteplici le possibilità, per una impresa, di poter essere considerata “in difficoltà” e di conseguenza non poter accedere al contributo a fondo perduto previsto dal Decreto Rilancio.
Alcune fattispecie hanno un impatto solo per quelle imprese, che per caratteristiche dimensionali, non possono essere considerate piccole o medie, ma altre colpiscono le società di qualsiasi dimensione, avendo come unica esimente il caso della PMI in fase di start-up costituita da meno di tre anni.
In modo particolare, guardando al sistema economico italiano, in gran parte costituito da società di piccola e media dimensione tradizionalmente sottocapitalizzate, appaiono come particolarmente stringenti le fattispecie che considerano in stato di difficoltà, e conseguentemente escluse dal contributo a fondo perduto, le società che presentino al 31 dicembre 2019 perdite accumulate che superino la metà del capitale sociale, fatto che, nel contesto italiano, può interessare una platea molto vasta di imprese che, tra l’altro, in base alla normativa italiana sulla gestione delle perdite, si legga “Il trattamento delle perdite d’esercizio nelle SRL”, potrebbero trovarsi in questa situazione anche solo transitoriamente.
Da segnalare, infine, come la previsione possa risultare di particolare gravosità per le società di persone che saranno costrette a predisporre un prospetto del Patrimonio Netto per verificare ed eventualmente dimostrare di non essere una impresa “in difficoltà”.