L’emergenza sanitaria sta cambiando il modo di agire di tutti, aggiungendo, giorno dopo giorno, complessità alle nostre azioni quotidiane.
All’alba della fase 2 annunciata dal Governo per bocca del Presidente del Consiglio dei Ministri, le imprese devono fare i conti non solo con aperture contingentate e calendarizzate, ma anche e soprattutto con il contenimento della diffusione del virus, e quindi con il rischio epidemiologico di cui esso si fa portatore.
Dall’altro lato le imprese sono anche sottoposte ad un importante rischio liquidità, che il Governo sta cercando di arginare con l’emanazione di decreti legge a sostegno delle attività imprenditoriali, non ultimo il Decreto Legge 23 del 2020 (noto come dl Liquidità), cui ne seguirà a giorni un altro. La portata di tali decreti ha natura eccezionale per tempi ma soprattutto per risorse in essi contenute, ma potrebbe non bastare: è da questo che potrebbe derivare il rischio di criminalità finanziaria che si potrebbe insinuare ancora di più nel tessuto imprenditoriale italiano.
Pertanto, in questo momento storico, il rischio epidemiologico ed il rischio di infiltrazioni criminali all’interno delle imprese diventano un tassello importante all’interno del modello organizzativo 231. È ciò che viene discusso nel documento della Fondazione Nazionale dei Dottori Commercialisti e del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili. In questa fase 2 quindi, oltre ai canonici presidi in materia di 231, peraltro garantiti dalla presenza dell’Organismo di Vigilanza, che ha il compito di controllo di adeguatezza del modello e monitoraggio dei protocolli adottati, si aggiunge una particolare attenzione al rischio epidemiologico ed al rischio di criminalità finanziaria. Il documento in commento vuole dare un primo commento ed una prima soluzione operativa alle novità dettate dalla contingenza storica.
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1) Aggiornamento documento di valutazione del rischio DVR
Il rischio epidemiologico è oggetto di specifica attenzione da parte del Governo che con il nuovo DPCM del 24 aprile 2020 ha introdotto il “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, che si coordina con le norme più generali di tutela della salute dei lavoratori sancito dall’art. 2087 c.c. e dal D.Lgs. 81/2008.
Sappiamo anche che il perimetro di reati presupposto in materia di 231 comprende, all’art. 25-septies del D.Lgs.231/2001, anche reati commessi in violazione di norme anti infortunistiche e sulla tutela e salute del lavoro, secondo gli artt. 589 e 590 del codice penale. Pertanto, le aziende che si sono dotate o che si doteranno di un modello organizzativo 231 avranno la necessità di adottare misure specifiche e di integrare i protocolli di prevenzione dei reati sopra indicati.
In caso di inadempimento, potrebbe configurarsi una responsabilità amministrativa dell’ente qualora dalla commissione dell’illecito derivi vantaggio all’ente (es. minori costi e quindi risparmio sui dispositivi di protezione personale).
In generale le aziende dovrebbero aggiornare il documento di valutazione del rischio (DVR), individuando una specifica figura ad hoc per la gestione dell’emergenza Covid-19 ed attuare una efficace campagna informativa legata per facilitare la diffusione all’interno della organizzazione di norme comportamentali e raccomandazioni per il contenimento epidemiologico, in ossequio a quando indicato dal DPCM del 19 marzo 2020, che a suo tempo incentivava il lavoro agile (cd. Smart working), ferie e congedi retribuiti, sospensione attività di reparti non necessari alla produzione, adozione di protocolli anti contagio, sanificazione dei luoghi di lavoro, limitazione degli spostamenti all’interno delle organizzazioni, intese tra imprese e organizzazioni sindacali.
Il decreto del 24 aprile ha normato ancora di più i protocolli da adottare da parte delle imprese, soprattutto con riferimento a procedure di ingresso, accesso contingentato alle mense aziendali, sanificazione giornaliera, dotazione e messa a disposizione di prodotti igienizzanti e DPI, orari e modalità di entrata/uscita dei dipendenti, sorveglianza sanitaria di concerto con il RLS e costituzione di un comitato per applicazione e verifica delle regole del protocollo di regolamentazione con partecipazione di rappresentanze sindacali e RLS.
2) Rischio di infiltrazioni criminose all'interno delle imprese in difficoltà
Il secondo rischio su cui porre attenzione in questa particolare fase è quello di infiltrazioni criminose all’interno delle organizzazioni, certamente legato alle imprese che sono in difficoltà economica e finanziaria legata ai blocchi delle proprie attività portati per far fronte al contenimento epidemiologico.
All’orizzonte quindi non vi sono solamente possibili aumenti dei reati di usura, ma anche acquisizioni dirette ed indirette di imprese da parte di organizzazioni criminali, il che porta ad avere maggiore cura ed attenzione della adeguata verifica della clientela da parte degli istituti di credito che, secondo il Decreto Liquidità, sono il “fronte” della erogazione di denaro garantito dallo Stato in alcuni casi anche al 100%. Pertanto i richiedenti finanziamenti devono essere particolarmente controllati nelle varie fasi: richiesta, erogazione, prosecuzione, in ossequio alla normativa antiriciclaggio del D.Lgs. 231 del 2007. Questa attenzione non va solamente posta dagli intermediari, ma anche e soprattutto da tutti i destinatari delle norme antiriciclaggio.
Tali rischi sono stati resi noti dall’UIF, che ha elencato anche una serie di possibili condotte criminose da ascrivere nell’alveo dei reati presupposto ai sensi del D.Lgs. 231/2001, e che quindi, se commessi e non oggetto di attenzione da parte della organizzazione, possono portare ad una responsabilità amministrativa dell’ente. Essi sono tutti ascrivibili alla sfera delle imprese, e quindi vanno dai reati informatici, a quelli tributari, societari, truffa ai danni dello Stato, nonché delitti contro industria e commercio, per finire al riciclaggio. Tutti reati che devono essere commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente e per i quali non è stata dimostrata la validità delle procedure esimenti adottate dal Modello Organizzativo 231.
3) Il documento del Consiglio Nazionale Commercialisti
Il documento individua poi, nella sua parte finale, le prime indicazioni operative per il controllo, demandato, in sede di 231, all’Organismo di Vigilanza e, a cascata, al Responsabile di Servizio Prevenzione e Protezione.
La parte più rilevante delle novità riguarda soprattutto il rischio epidemiologico. Si raccomanda inoltre che siano intensificati i flussi informativi da e verso l’Organismo di Vigilanza da parte degli altri organi di controllo presenti in azienda, sia collegio sindacale che revisore legale, se ovviamente presenti e a meno che la composizione dell’Organismo di Vigilanza non coincida con il Collegio Sindacale.
In particolare, l’OdV dovrà necessariamente trasmettere all’organo amministrativo e al RSPP una informativa sul rischio epidemiologico in atto, evidenziando rischi connessi e chiedendo quali sono le procedure adottate per ridurre i rischi di diffusione del contagio.
Alla risposta, l’OdV dovrà valutare i documenti portati alla propria attenzione, verificando la adeguatezza dei protocolli straordinari portati avanti da datore di lavoro, RSPP e medico aziendale e verbalizzare la riunione della verifica avvenuta anche in videoconferenza. Se emergono criticità, esse vanno segnalate all’organo amministrativo e dovrà essere fatto un successivo monitoraggio continuo.
Pertanto l’Organismo di Vigilanza, anche in questa situazione emergenziale, continua a svolgere l’attività che gli viene assegnata dalla legge, ovvero costante vigilanza sulla adeguatezza del modello organizzativo e monitoraggio sulla efficace attuazione dello stesso. Si ricorda che lo stesso ha solo il compito di segnalare ed indicare eventuali politiche di miglioramento, la cui adozione però spetta sempre all’organo amministrativo. L’Organismo di Vigilanza quindi può solo sollecitare quest’ultimo ad intervenire, non si può sostituire ad esso né ad altre funzioni di vigilanza, come il controllo interno.