Le associazioni sono enti costituiti da più persone per il raggiungimento di scopi altruistici e ideali e si possono dividere in due grandi categorie: riconosciute e non riconosciute.
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1) Associazioni riconosciute
Le associazioni riconosciute si costituiscono con atto pubblico che contiene dati certi e attendibili e consente di acquistare personalità giuridica con l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche: ciò comporta un’autonomia patrimoniale perfetta tra il patrimonio dell’associazione e quello personale dei singoli associati, nonché degli altri soggetti.
Come noto questo comporta che gli associati rispondano delle obbligazioni dell’ente solo nei limiti della quota associativa versata (e di eventuali altri contributi elargiti) e a loro non può essere richiesto di rispondere dei debiti contratti dall’associazione dai creditori di quest’ultima (allo stesso tempo i creditori personali dei singoli associati non potranno richiedere all’associazione il pagamento dei loro crediti).
Nel rispetto dei requisiti previsti dalla legge, possono divenire anche Onlus, fruendo dei relativi benefici.
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2) Associazioni non riconosciute
Le associazioni non riconosciute sono enti che non hanno voluto richiedere il riconoscimento o che non l’hanno ottenuto o per i quali è ancora in corso il relativo procedimento.
Le associazioni non riconosciute non sono quindi persone giuridiche, e non possono beneficiare dunque (l’associazione e i singoli associati) dell’autonomia patrimoniale così come sopra descritta. Si parla in questa fattispecie di autonomia patrimoniale imperfetta in quanto per i debiti dell’ente risponde in primo luogo il fondo comune (che deve rimanere in essere rimane fino a quando resta in vita l’associazione e non può essere restituito prima) dell’associazione e quindi coloro che hanno convenuto ed effettuato l’operazione in nome e per conto dell’ente.
Tali tipi di associazione non sono soggette a specifici obblighi di forma.
Fatta questa doverosa premessa si evidenzia come, la scrittura privata autenticata o l’atto pubblico (a cui comunque gli associati possono facoltativamente ricorrere in fase di costituzione) siano obbligatori, nel caso in cui l’associazione voglia godere dei particolari benefici connessi alla qualifica di Onlus o comunque rientrare tra gli enti che possono usufruire delle agevolazioni fiscali previste in generale per il c.d. terzo settore.
Dal punto di vista della disciplina, nelle associazioni non riconosciute è prevista una libertà molto ampia, in quanto l’ente è retto dagli accordi degli associati, che potranno pertanto regolarne il funzionamento come meglio riterranno opportuno, nei limiti della legge.
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3) Scioglimento delle Associazioni
Per le associazioni riconosciute, il legislatore ha previsto un apposito procedimento liquidatorio, disciplinato dalle norme del codice civile e dalle relative disposizioni attuative.
Il procedimento ha inizio con la dichiarazione di estinzione della persona giuridica da parte dell'autorità governativa ai sensi dell’articolo 27 c.c. (è infatti la prefettura che su istanza di qualunque interessato o anche d’ufficio accerta l’esistenza di una delle cause di estinzione previste e dà comunicazione di estinzione agli amministratori e al presidente del tribunale), cui segue la relativa procedura di liquidazione (art. 30 c.c.).
L’art. 11 delle disposizioni di attuazione al codice civile prevede che quando la persona giuridica è dichiarata estinta o l’associazione sciolta, il presidente del tribunale, (anche d’ufficio), nomina uno o più commissari liquidatori, salvo che l’atto costitutivo o lo statuto non prevedano una diversa forma di nomina ed a questa si proceda entro un mese dal procedimento.
La chiusura della liquidazione avviene con la cancellazione dal registro delle persone giuridiche su ordine del Presidente del Tribunale (art. 20 disp. Att. C.c.).
Si ricorda che l’eventuale nomina dei liquidatori nell’atto costitutivo o nello statuto non ha effetto.
Una tale procedura non è invece prevista e, non è analogicamente applicabile, alle associazioni non riconosciute infatti secondo la Cassazione Civile sez. III 10 marzo 2009 n. 5738 “…alle associazioni non riconosciute non si applicano analogicamente le norme dettate per lo scioglimento delle associazioni riconosciute e, pertanto, le prime possono procedere alle attività di liquidazione tramite i rappresentanti in carica alla data di scioglimento, in regime di prorogatio; l'eventuale nomina dei liquidatori da parte dell'Autorità giudiziaria, non indispensabile ma comunque non vietata, comporta peraltro che questi ultimi sono legittimati a rappresentare l'ente in vece e luogo degli amministratori prorogati”.
Ulteriormente si evidenzia come sia orientamento della giurisprudenza (non condivisa unanimemente dalla dottrina) che le associazione non riconosciute, anche qualora vi sia stata una deliberazione per lo scioglimento, continuano a rimanere in vita finché esistano rapporti giuridici pendenti e non ancora esauriti infatti “…ove si proceda alla liquidazione del patrimonio di un'associazione non riconosciuta, la quale non può ritenersi estinta finché sia titolare di rapporti giuridici…non sussista, quindi, alcun ostacolo all'esercizio di azioni giudiziali individuali di creditori della associazione medesima” (Cassazione civile sezione lavoro del 07 luglio 1987 n. 5925).
In merito allo scioglimento di un’associazione non riconosciuta preliminarmente si evidenza che può essere sciolta e chiusa per varie cause previste dall’articolo 27 c.c. capo II:
- perdita del patrimonio,
- prolungata inattività,
- quando lo scopo associativo è stato raggiunto o è diventato impossibile,
- se non ci sono più soci
Lo statuto dovrebbe di norma disciplinare le modalità dello scioglimento dell’associazione e quindi prevedere
- la convocazione da parte del consiglio direttivo deve convocare “un’assemblea straordinaria” la quale dovrà deliberare la chiusura dell’associazione e la devoluzione del patrimonio sociale, (al netto di eventuali passività dedotte);
- “maggioranze qualificate” per le votazioni, ossia un numero prestabilito di presenze e un’alta percentuale di favorevoli.
Nel silenzio dello Statuto si applica l'articolo 21 del Codice Civile (applicabile anche alle associazioni non riconosciute) che evidenzia come per sciogliere un'associazione e deliberare la devoluzione del patrimonio è necessario il voto favorevole di almeno i tre quarti degli associati.
Questa percentuale, espressamente prevista dal Codice Civile, è inderogabile (come da sentenza della Cass. 4-2-93 n. 1408). Il Presidente e il Consiglio Direttivo non possono mai, autonomamente, sciogliere l'associazione.
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4) Devoluzione del patrimonio dell'Ente
Un aspetto particolarmente rilevante è quindi la cosiddetta devoluzione del patrimonio di un ente di tipo associativo o di una Onlus, all’atto dello scioglimento, che è soggetta ad una disciplina piuttosto dettagliata.
Il Testo Unico delle imposte (d.p.r. n. 917/1986 ) all’art. 148 comma 9, lettera b), prevede per gli enti di tipo associativo, in caso di scioglimento (qualunque sia la causa di tale accadimento) l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo di cui all’articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge.
In relazione alle ONLUS l’art. 10 del D. Lgs. N. 460/1997 prevede per queste l’obbligo di devolvere il patrimonio ad altre ONLUS o a fini di pubblica utilità, sentito lo stesso organismo di controllo indicato per gli enti di tipo associativo.
L’organismo di controllo era stato individuato nell’Agenzia per le Onlus istituita e disciplinata dai Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 26 Settembre 2000 e n° 329 del 21 Marzo 2001. con il DPCM 31/03/2001 n. 329, detta Agenzia era designata a rendere parere vincolante sulla devoluzione del patrimonio.
Il Decreto-legge n. 16 del 2 marzo 2012 (art. 8 comma 23), ha soppresso l’Agenzia per le Onlus e
le sue funzioni sono state trasferite al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Gli enti di tipo associativo e le ONLUS sono obbligati, nelle persone dei soggetti dotati della loro rappresentanza, a richiederne il parere obbligatorio e vincolante in relazione alla devoluzione dei loro patrimoni in caso di scioglimento.
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5) Perdita della qualifica
Per le ONLUS tale obbligo esiste anche nel caso di perdita della qualifica.
Da un punto di vista operativo la richiesta del parere deve essere inviata al Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali e devono essere allegati:
- per l’ente o organizzazione che devolve o perde la qualifica di ONLUS
- l’atto costitutivo, statuto e rendiconti degli ultimi 5 anni (due anni se il patrimonio residuo da devolvere è inferiore a 10.000 euro);
- verbale dell’assemblea che delibera sullo scioglimento o sulla presa d’atto della perdita della qualifica di ONLUS e sull’indicazione dell’ente destinatario della somma residua della liquidazione;
- c) bilancio di liquidazione.
- per l’ente o organizzazione destinatario
- atto costitutivo e statuto e bilancio degli ultimi 5 anni (due anni se il patrimonio residuo da devolvere è inferiore a 10.000 euro);
- lettera di accettazione del patrimonio destinato firmato dal legale rappresentante.
In particolare, la Onlus che devolve il patrimonio per effetto della perdita della qualifica deve allegare anche la documentazione rappresentativa della situazione patrimoniale dell’ente, redatta ai sensi dell’art. 20-bis comma l, lettera a), d.P.R del 29 settembre 1973, n. 600 (cioè attraverso scritture contabili cronologiche e sistematiche atte ad esprimere con compiutezza ed analiticità le operazioni poste in essere in ogni periodo di gestione e distinguendo le attività direttamente connesse da quelle istituzionali) alla data in cui l’ente ha acquisito la qualifica di ONLUS, nonché la stessa documentazione rappresentativa della situazione alla data in cui tale qualifica è venuta meno.
Sono esclusi dal vincolo i beni che sono entrati a farne parte prima dell’iscrizione all’ Anagrafe e non lo è la dotazione patrimoniale iniziale: risulta quindi importante distinguere in bilancio il patrimonio secondo la provenienza e cioè:
- riserve costituite prima dell’iscrizione all’anagrafe delle ONLUS;
- riserve costituite dopo l’iscrizione all’anagrafe delle onlus.
L’istanza al Ministero va proposta anche se non vi è un patrimonio residuo da devolvere ciò al fine di permettere all’organismo di controllo di verificare le modalità di azzeramento del patrimonio.
Una volta ottenuto il parere dal Ministero l’ente o la ONLUS in scioglimento provvederà a devolvere il residuo patrimoniale con un mezzo di pagamento tracciabile, se in denaro, oppure a consegnare i beni costituenti tale residuo all’ente od organizzazione destinataria
Operativamente pronto il verbale di assemblea che ha sancito lo scioglimento dell’associazione, gli adempimenti/comunicazioni sono piuttosto intuibili e quindi:
- il presidente dovrà recarsi all’Agenzia delle Entrate per la chiusura del codice fiscale e dell’eventuale partita IVA il modello è il AA5/6 (delegando eventualmente un intermediario);
- informare i vari uffici responsabili di eventuali registri con i quali l’ente era in contatto (quali ad esempio ONLUS, associazione promozione sociale, CONI per le associazioni sportive dilettantistiche, ecc.);
- informare il Comune di residenza dell’associazione;
- informare la banca per l’estinzione del conto corrente (se esiste);
- presentare eventuali dichiarazioni (se dovute);