Nell’ambito dell’accertamento ai fini delle imposte sui redditi, l’art. 32 del D.P.R. 600/1973 disciplina una “presunzione legale”, in forza della quale sia i prelevamenti che i versamenti, effettuati su conti correnti bancari, devono essere qualificati come “ricavi” .
Avverso tale presunzione , in assenza di un divieto normativo e in base al principio di libertà dei mezzi di prova, il contribuente ha titolo per fornire la dimostrazione contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre al Giudice, il quale è chiamato a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio ai movimenti bancari contestati.
A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione attraverso l’Ordinanza n. 3512 depositata in cancelleria il 14/02/2018.
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1) Indagini bancarie e onere della prova Cass. 3512-2018
Con sentenza datata 14/05/2015, la C.T.R. della Sicilia aveva parzialmente accolto l'appello proposto da una S.R.L. avverso una sentenza della C.T.P. di Ragusa che ne aveva respinto il ricorso contro un avviso di accertamento afferente le imposte dirette e l' IVA. La C.T.R. aveva osservato in particolare che, considerata la carenza documentale a supporto dell'atto impositivo impugnato, le pretese fiscali portate dall'Ufficio stesso potevano essere convalidate solo in parte.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione l'Agenzia delle Entrate, lamentando la violazione degli artt. 32 co. 1 e 39 co. 1 lett. d) del D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 2697 c.c. in quanto, trattandosi di accertamento fondato su indagini bancarie ai sensi della prima disposizione legislativa evocata e quindi su di una “sedicente” presunzione legale relativa, la C.T.R. ha erroneamente applicato il principio generale sull'onere probatorio.
A parere del Collegio di Legittimità la censura risulta essere fondata in quanto, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 prevede una “presunzione legale” in forza della quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati ai ricavi, avverso la quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e applicando il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la dimostrazione contraria anche attraverso presunzioni semplici .
Queste vanno sottoposte a verifica da parte del Giudice, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell'ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative (Cass. Sez. 6-5, Ord. n. 11102 del 05/05/2017).
I Giudici di piazza Cavour hanno ritenuto la sentenza impugnata palesemente contrastante con il principio di diritto enunciato in tale arresto giurisprudenziale, in quanto veniva posto l'onere di prova a carico dell'Ente impositore che invece lo aveva assolto attraverso le indagini bancarie espletate, mentre non era stata , di contro, adeguatamente valutata l'allegazione delle controprove inficianti da parte della società. Così il Giudice di appello ha pertanto violato la “presunzione legale” relativa di cui all’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973 e la regola generale sull'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c..
Tuttavia le norme dell'art. 32 del D.P.R. 600/73 non disciplinano alcuna presunzione legale ma semplicemente i risultati dell'attività conoscitiva derivante dalle indagini finanziarie, i quali devono necessariamente essere fatti confluire nell'atto di accertamento, secondo le disposizioni regolatrici di quest'ultimo.
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