Recentemente la Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare che il potenziale utilizzatore di fatture o documenti emessi per operazioni inesistenti può concorrere, ove ne sussistano i presupposti, secondo la disciplina dettata dall’art. 110 del codice penale, con l’emittente delle fatture o dei documenti in questione, non essendo applicabile in tal caso il regime derogatorio previsto dall’art. 9 del D.Lgs. n. 74/2000.
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1) Concorso nel reato tra emittente e utilizzatore delle fatture
Con la sentenza n. 41124 del 08.10.2019, la Corte di Cassazione - Sezione III ha affrontato un ricorso riguardante l’applicazione della disciplina derogatoria di cui all’art. 9 del D.Lgs. n. 74/2000 (“Concorso di persona nei casi di emissione o utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”), che prevede l’esclusione del concorso nel reato di emissione di tali documenti in capo al destinatario ed utilizzatore dei documenti stessi.
Dal punto di vista testuale l’art. 9 prevede che:
“1. In deroga all'articolo 110 del codice penale:
a) l'emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non e' punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'articolo 2;
b) chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non e' punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'articolo 8”.
Di contro, invece, l’art. 110 del codice penale (“Pena per coloro che concorrono nel reato”) prevede che:
"Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti".
2) La vicenda esaminata
Nel caso in questione la Suprema Corte si è espressa su un ricorso presentato dall’amministratore delegato di una società di capitali che era stato ritenuto colpevole, in concorso, per l’emissione di fatture relative ad operazioni inesistenti per gli anni 2009 e 2010.
La contestazione dell’imputato verteva essenzialmente sul fatto che l’art. 9 del D.Lgs. n. 74/2000 prevede la deroga al concorso di persone tra chi si avvale di fatture per operazioni inesistenti e chi le ha emesse. L’amministratore delegato, pertanto, trovandosi nel ruolo di destinatario dei documenti fiscali fittizi, emessi da un diverso soggetto giuridico, sarebbe rientrato appieno nella previsione derogativa di cui al citato art. 9.
A ciò doveva aggiungersi che la società di capitali destinataria delle fatture false non avrebbe di fatto inserito tali documenti nelle dichiarazioni dei redditi, escludendo così in radice la configurazione del reato di cui all’art. 2 (anche per effetto della previsione normativa di cui all’art. 6 del D.Lgs. n. 74/2000 che non ritiene configurabile il mero tentativo in rapporto, tra gli altri, al reato di “Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture e altri documenti per operazioni inesistenti”) ed escludendo così l’applicabilità dell’ipotesi di concorso nel reato di emissione.
I giudici di Piazza Cavour, però, hanno stabilito un assunto differente.
3) La decisione della Corte Suprema
Secondo la Corte “La ratio che sorregge la norma appena ricordata, infatti, riposa nella esigenza di evitare che la sola circostanza di utilizzazione, da parte del destinatario, delle fatture per operazioni inesistenti possa integrare anche il concorso nella emissione delle stesse così come, all'inverso, il solo fatto dell'emissione possa integrare il concorso nella utilizzazione, da parte del destinatario che abbia ad indicarle in dichiarazione, delle medesime; in altri termini, la norma ha inteso evitare la sostanziale sottoposizione per due volte a sanzione penale dello stesso soggetto per lo stesso fatto giacché l'emissione trova la sua naturale conseguenza nella utilizzazione mentre l'utilizzazione trova il suo naturale antecedente nell'emissione: nè la emissione nè la utilizzazione sono, dunque, fini a se stesse sicchè, ove l'emissione integrasse anche il concorso nella utilizzazione così come l'utilizzazione integrasse anche il concorso nella emissione, il risultato sarebbe quello di una sostanziale violazione del divieto di bis in idem, che la norma ha dunque inteso scongiurare”.
Ne deriva, pertanto, che la violazione del divieto di ne bis in idem non opera quando, come nel caso qui esaminato dalla Cassazione, il destinatario delle fatture false non ne abbia fatto utilizzo, fermo restando il fatto che, secondo quanto dichiarato da un teste, i pagamenti effettuati dalla società destinataria delle fatture false nei confronti della società emittente per prestazioni mai eseguite, erano stati autorizzati dall’amministratore delegato imputato.
In conclusione la Suprema Corte ha stabilito che il potenziale utilizzatore di fatture o documenti emessi per operazioni inesistenti può concorrere, ove ne sussistano i presupposti, secondo la disciplina dettata dall’art. 110 del codice penale, con l’emittente delle fatture o dei documenti in questione, non essendo applicabile in tal caso il regime derogatorio previsto dall’art. 9 del D.Lgs. n. 74/2000, come già stabilito dalla Cassazione, Sez. III con la sentenza n. 14862 del 17.03.2010).