Nell’ambito dell’accertamento, l'atto impositivo sottoscritto dal funzionario dell'ufficio in data antecedente alla scadenza del termine di cui al co. 7 dell’art. 12 della L. 212/2000, sebbene notificato successivamente alla sua scadenza, è illegittimo in quanto la norma è finalizzata a garantire il contraddittorio procedimentale consentendo al contribuente di far valere le sue ragioni quando l'atto impositivo è ancora in fieri, integrando viceversa nella notificazione una mera condizione di efficacia dell'atto amministrativo ormai perfetto quando già emanato.
A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 27357/2019.(il testo è allegato in calce)
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1) Accertamento e obbligo di contraddittorio
L'orientamento prevalente e ormai consolidato è quello espresso dalla sentenza della Cass. Ord. n. 20267/2018 che, del resto, trova altresì conferma nel caso in esame.
La finalità del legislatore, attuata mediante l’inserimento del co. 7 nell’art. 12 della Legge n. 212/2000, consiste nel vincolare l’Ufficio a un’attività di lettura critica del processo verbale e, se nel caso, a intervenire fattivamente nell’integrazione degli elementi di accertamento eventualmente errati o carenti, in base a puntuali indicazioni fornite dal contribuente.
In forza della disposizione contenuta nel comma 7 il momento del contraddittorio, che segue la verifica ma che precede l’emissione dell’atto di accertamento, è stata opportunamente valorizzata dal legislatore con la disposizione contenuta nel menzionato comma, consentendo al contribuente di assumere una posizione attiva nel procedimento di accertamento tributario, al fine di collaborare fattivamente all’eventuale riesame e rivalutazione del fatto impositivo.
Dell’analisi critica del processo verbale alla luce delle osservazioni rappresentate dal contribuente, si è occupata la Corte Suprema mediante la sentenza a SS.UU. n. 18184/2013 prescrivendo che l’inosservanza del termine dilatorio per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni - “determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, la illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus ... Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio”.
In merito all’accertamento anticipato, lo stesso risulta giustificato per casi di particolare e motivata urgenza e il richiamo riguarda, prevalentemente, gli esiti dell’attività di verifica che giungono nella disponibilità degli Uffici dopo il 31/10 e che contengono violazioni riferite all’annualità in decadenza al 31/12 successivo (circ. GDF n. 1/2018).
Tuttavia, i “casi di particolare e motivata urgenza” a cui si riferisce il legislatore, esulano dal contesto delle decadenze e riguardando altre ipotesi per le quali la norma impone una adeguata e specifica motivazione, che giustifichi l’emanazione dell’atto di accertamento prima del termine previsto (Cass. sent. n. 6057/2015).
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