Dal 1.1.2020, allo scopo di stanare le grandi evasioni internazionali, entra in vigore il nuovo Regolamento UE che fissa nuove regole affinche' una vendita ad un paese UE (o un acquisto da un paese UE), possa essere fatturata "in esenzione" Iva, cioe' Non Imponibile art. 41 DL 331/93.
Premettiamo che una cessione si considera intracomunitaria se:
- e' onerosa;
- avviene B2B, cioe' tra due soggetti passivi Iva appartenenti a due diversi paesi UE;
- la merce si sposta dal primo paese UE al secondo cambiando proprieta'.
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1) Breve guida alle nuove regole in vigore dal 1 gennaio per le operazioni intra
Prima di tutto si conferma obbligatorio nella fattura emessa nei confronti di un cliente UE citare, oltre al nostro, anche il suo numero VIES, di solito la sua Partita Iva preceduta dalla sigla del suo paese. Ma bisogna controllarla. Per fare cio' bisogna consultare la Banca Dati Vies (sito dell'Ag. Entrate cliccando su "Controllo delle Partite Iva comunitarie") stampando il risultato della ricerca e conservandolo gelosamente agli atti perche' la sua data dev'essere anteriore alla spedizione/consegna della merce.
Ma non basta: occorre in generale conservare tutto quanto e' possibile al fine di provare l'effettivita' della cessione intracomunitaria, in particolare suggeriamo di indicare nei contratti di trasporto col vettore l'assunzione di uno specifico obbligo di comunicare l'eventuale mancata consegna dei prodotti nel luogo indicato nel documento di trasporto, ovvero che la consegna della merce e' avvenuta in un luogo diverso da quello indicato.
Inoltre la dichiarazione Intrastat assume rilevanza come ulteriore prova sostanziale (e non formale).
La nuova normativa UE introduce poi una "presunzione" a favore del cedente, nel senso che si presume la correttezza e la veridicita' della cessione intracomunitaria se questi riesce a dimostrarla con i documenti che tra poco elencheremo.
In pratica all'inizio siamo tutti colpevoli, salvo dimostrare la nostra innocenza, che e' la stessa musica di quando ci ritengono tutti evasori salvo dimostrare il contrario.
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2) Tutti i documenti probanti della vendita intracomunitaria
In generale una vendita intracomunitaria viene effettuata con trasporto a cura del cedente/venditore oppure a cura del cliente/acquirente.
Il cedente italiano di solito compila il DDT e anche il CMR (contratto di trasporto su strada) controfirmato dal vettore.
Vediamo in dettaglio cosa si sono inventati, tenendo conto che come elementi di prova del trasporto hanno individuato un primo Gruppo A di documentazione probante, costituito da:
- un documento o una lettera CMR firmata
- una polizza di carico
- una fattura di trasporto aereo
- una fattura emessa dal vettore
quindi hanno previsto un altro Gruppo B che comprende la seguente documentazione:
- polizza assicurativa del trasporto ovvero contabile bancaria del pagamento del trasporto
- un documento da parte di una Pubblica Amministrazione o di un Notaio dalla quale risulti l'arrivo dei beni nell'altro Stato UE
- una ricevuta rilasciata da un depositario UE che attesti il deposito dei beni in tale Stato.
Vediamo ora quale combinazione di documenti probanti e' necessario avere affinche' operi la presunzione di regolarita' della cessione intracomunitaria, distinguendo a seconda che il trasporto sia eseguito a cura del cedente ovvero del cessionario UE.
3) Trasporto effettuato dal venditore italiano (o da terzi per suo conto)
In generale per provare l'effettiva cessione intracomunitaria intanto e' bene conservare tutti i documenti possibili:
- ordine (o contratto)
- conferma d'ordine
- DDT
- CMR se c'e' un corriere
- fattura del corriere
- nostra fattura
- documentazione bancaria del pagamento
- il mod. Intrastat.
- Se possibile copia del DDT controfirmata dal cliente UE e attestazione di ricezione merce firmata dallo stesso.
Il Regolamento UE esige due documenti rilasciati da parti indipendenti l'una dall'altra, elencate nel Gruppo A: potrebbero essere a nostro avviso questi:
- il CMR firmato dal destinatario + la fattura dello spedizioniere
In alternativa e' sufficiente uno qualsiasi dei documenti del Gruppo A sopra elencati combinato con un qualsiasi altro documento del Gruppo B: a nostro avviso potrebbero essere questi:
- fattura dello spedizioniere (oppure CMR firmato) + contabile bancaria di pagamento del trasporto (oppure polizza assicurativa del trasporto oppure ricevuta di un depositario nello Stato UE di destinazione che attesti il deposito della merce in quello Stato).
Nel caso in cui il venditore italiano carichi la merce sul suo autocarro e la porti direttamente al cliente UE, non sara' possibile avere questi documenti, quindi occorrera' tenere le prove della consegna nel paese UE controfirmate dal cliente, oltre alla documentazione bancaria del pagamento proveniente dall'estero.
4) Trasporto effettuato dal cliente UE o terzi per suo conto (es.clausola ex works)
In questo caso, che e' il piu' complicato, occorrono gli stessi documenti di prova visti sopra nelle varie combinazioni, oltre ad una dichiarazione del cliente, anche via mail, da rilasciare entro il decimo giorno del mese successivo alla consegna, attestante che i beni di cui al DDT n. .... del ..... sono regolarmente arrivati nel suo paese UE.
Tale dichiarazione deve contenere anche:
- la data di compilazione
- nome e indirizzo dell'acquirente UE
- quantita' e qualita' dei beni
- data e luogo di arrivo dei beni
- eventuale identificazione della persona fisica che accetta i beni p/c dell'acquirente.
Se abbiamo questa documentazione opera una presunzione a nostro favore di regolarita', che non e' detto sia accettata dall'eventuale verificatore ma che ci mette in una posizione di favore.
Se la documentazione e' incompleta resta fermo che ogni prova e' comunque ammessa, ma un verificatore pignolo potrebbe darci fastidi.
Un consiglio puo' essere quello di far inserire nei contratti di vendita con i propri clienti Ue apposite clausole che li obblighino a comunicare l’eventuale mancata consegna dei prodotti nel luogo di destinazione indicato nel documento di trasporto ovvero la consegna degli stessi in luogo diverso da quello indicato in tale documento.
Un’altra clausola, disponendo di potere contrattuale con il cliente, potrebbe essere quella di prevedere l’impegno da parte del cessionario Ue a risarcire il cedente delle imposte delle sanzioni e degli interessi che l’Amministrazione finanziaria dovesse richiedergli, in sede di accertamento, per il mancato invio all’estero dei beni ceduti con la clausola ex works.