La deduzione della perdita su un credito è ammessa se, oltre all’osservanza dei precetti specificamente previsti dal TUIR per tale voce, risulta rispettato il requisito generale dell’inerenza: occorre cioè che il credito, di cui si deduce la perdita, abbia originariamente dato a luogo a ricavi che hanno concorso alla formazione del reddito di impresa.
A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione attraverso l’Ordinanza n. 9784/2019.
In seguito alla riforma tributaria, la ricchezza imponibile delle imprese viene misurata prendendo le mosse da una concezione economica e la scelta effettuata dal legislatore è stata quella di partire dal risultato netto di bilancio per valorizzare, in ambito tributario, esclusivamente determinate poste che hanno concorso a generare il menzionato esito.
Dal dettato normativo è scomparso pertanto ogni riferimento al principio di inerenza in quanto, essendo il reddito d'impresa un valore netto, lo stesso necessita di un principio sovraordinato e imprescindibile per poter effettuare una ricognizione delle voci che dispongono di un legame oggettivo con l'attività svolta.
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1) Inerenza e prova per deduzione perdite su crediti
L'inerenza in ambito tributario coniuga il principio di capacità contributiva e la deduzione di un componente negativo si manifesta, nella determinazione del reddito d'impresa, direttamente nella quantificazione dell’imponibile da sottoporre a tassazione.
L’origine della regola dell'inerenza è individuabile all’interno del medesimo sistema dell'imposizione sul reddito il quale, collegando i componenti economici a una fonte legalmente qualificata, richiede la fissazione di una clausola generale idonea a stabilire tale collegamento, che risulta essere individuabile in una relazione di causa a effetto dei singoli componenti economici all'attività che costituisce la fonte del reddito, tale da consentire di ritenere i componenti elementari inscindibilmente correlati all'esercizio dell'attività medesima.
Dall’analisi di tale postulato consegue che la possibilità di dedurre i componenti negativi di reddito è legata all'esigenza di misurare la capacità economica del presupposto di imposizione che coincide proprio con il reddito d'impresa. Pertanto, individuate le poste inerenti, le stesse devono in seguito essere valorizzate nell’ottica della visione fiscale delle singole norme del TUIR.
L'inerenza, non essendo espressamente disciplinata, risulta pertanto un principio immanente nella determinazione del reddito d'impresa che ha lo scopo di identificare una clausola generale in forza della quale devono essere fatti confluire, nella determinazione del reddito medesimo, i componenti economici che possiedono un collegamento con l'attività esercitata dall'imprenditore.
L'inerenza, in generale, non abbisogna di prova in quanto, tale gravame trova applicazione per i fatti (art. 2697 c.c.) qualora si rivelino incerti.
Relativamente all'inerenza non sono i fatti che vengono posti in discussione poiché ciò che rileva è se il componente economico possiede un collegamento o meno con l'attività esercitata. Tutto ciò, tuttavia, non è riconducibile a un fatto, che può essere oggetto di prova, ma a una valutazione del fatto medesimo.
Pertanto, si tratta di valutare se il componente economico dispone di un collegamento funzionale con l'attività imprenditoriale e, di conseguenza, risulta improprio attribuire alle parti gli oneri correlati alla prova.
Queste ultime conservano invece l’onere di allegazione dei fatti posti a fondamento delle proprie argomentazioni.
L'Ufficio deve pertanto allegare, nell'atto di accertamento, i fatti e le ragioni per le quali ritiene che determinati componenti economici non abbiano alcun collegamento con l'attività, mentre il contribuente dovrà allegare i fatti e le ragioni per le quali reputa che gli stessi componenti posseggano un legame con l'attività.
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