L'avvenuta riqualificazione da parte dell'Ufficio di una complessa operazione infragruppo ai fini dell’imposta di registro, risulta essere fondata su un'erronea interpretazione dell'art. 20 del DPR 131/1986 in quanto, alla luce del contesto normativo vigente, l'Agenzia non dispone della facoltà di riqualificare l’operazione infragruppo in una cessione d’azienda. Dall'illegittimità incidentalmente rilevata dell'atto presupposto consegue pertanto l'illiceità dell'avviso di liquidazione impugnato che deve essere necessariamente annullato.
A tale conclusione è giunta la CTP di Milano attraverso la sentenza n. 2449/11/19.
1) Imposta di registro e riformulazione art. 20 DPR 131 1986
Con la pronuncia menzionata, i Giudici si sono espressi in merito a un caso di riqualificazione effettuata dall’Agenzia delle Entrate sulla scorta della previgente formulazione dell’art. 20 del DPR 131/1986.
Il collegio si è pronunciato infatti in merito a un secondo avviso ritenendolo illegittimo in via incidentale, alla luce della illegittimità del primo, afferente la riqualificazione delle operazioni, sulla base della nuova formulazione dell’art. 20 del TUR introdotta dal co. 87 dell’art. 1 della L. 205/2017, dei chiarimenti interpretativi portati dalla L. 145/2018 e dei precedenti pronunciamenti della Corte Suprema.
Il riformulato art. 20 del TUR dispone infatti che l’imposta di registro si applichi “secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extra testuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”.
Il proposito della riformulazione, la cui interpretazione era stata contestata dall’Agenzia e da alcune sentenze della Cassazione, era quello di superare l’orientamento secondo il quale la disciplina avrebbe consentito di riqualificare degli atti distinti, nel caso in cui risultasse identificabile fra gli stessi un collegamento.
A fronte di tutto ciò il legislatore è nuovamente intervenuto sull’art. 20 del TUR, mediante il co. 1084 dell’art. 1 della L. 145/2018, affermando che la riformulazione “costituisce interpretazione autentica” allo scopo di contrastare l’orientamento dei Giudici di legittimità secondo i quali, in tema di imposta di registro, era necessario fare riferimento alla causa concreta dell’operazione, per affermare che, nella qualificazione degli atti, non fosse più possibile attribuire alcuna rilevanza agli elementi extratestuali.
In tale maniera, è risultata preclusa all’Agenzia la facoltà di determinare l’imposta in ragione del profilo economico dell’intera sequenza degli atti, dei quali la singola scrittura presentata alla registrazione rappresentava una particella. Ne discende che l’intervento legislativo del 2017, avvalorato dal suddetto co. 1084, deve essere interpretato come mera chiarificazione del significato autentico dell’art. 20 TUR il quale, conseguentemente, deve ritenersi valevole anche retroattivamente.
La CTP ha pertanto tenuto in debita considerazione la modifica all’art. 20 del TUR recata dalla legge di bilancio del 2018 e il chiarimento dirimente fornito dalla legge di bilancio del 2019, precisando inoltre che il previgente quadro normativo era tutt’altro che definito, richiamandosi in tal senso alla sentenza della Cassazione n. 20154/2016 la quale, sebbene minoritaria, già ammoniva circa l’impossibilità di emettere avvisi fondati su costruzioni artificiose che travalicassero gli schemi negoziali.
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