Nell’ambito del contenzioso tributario, l'irrituale produzione di un documento nel giudizio di primo grado non assume rilievo nella definizione della controversia, salvo eventualmente per ciò che concerne la regolamentazione delle spese processuali in quanto, in ogni caso, il documento può essere legittimamente valutato dal Giudice di appello, in applicazione del co. 2 dell’art. 58 del D.Lgs. 546/1992.
A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione attraverso l’ordinanza n. 18112/2019.
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1) Norme e giurisprudenza sulla produzione di nuovi documenti in secondo grado
Nell’ipotesi di produzione di nuovi documenti in secondo grado, l’art. 58 dispone che “Il giudice d'appello non può disporre nuove prove, salvo che non le ritenga necessarie ai fini della decisione o che la parte dimostri di non averle potute fornire nel precedente grado di giudizio per causa ad essa non imputabile. È fatta salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti”.
Il co. 1 dell’art. 58 vieta pertanto la produzione di nuove prove in appello quando, per novella prova, si deve intendere quella non prodotta in primo grado, ovvero quella che non è stata ritualmente richiesta dalla parte mentre il co. 2 consente esplicitamente l’esibizione in secondo grado nuovi documenti, purché dispongano di una correlazione con i motivi rappresentati in primo grado.
La facoltà di produrre documenti anche in secondo grado incappa, tuttavia, nella limitazione sancita dall’art. 32 del D.Lgs. n. 546/1992, in forza della quale le parti hanno la possibilità depositare documentazione sino a venti giorni liberi antecedenti l’udienza di trattazione (Cass. sent. n. 29087/2018).
Relativamente alla facoltà di depositare nuovi documenti in appello la Corte di Cassazione ha in passato affermato che, nel processo tributario, costituisce orientamento consolidato la circostanza che "la produzione di nuovi documenti in appello è generalmente ammessa ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 58, comma 2: tale principio opera anche nell'ipotesi di deposito in sede di gravame dell'atto impositivo notificato, trattandosi di mera difesa, volta a contrastare le ragioni poste a fondamento del ricorso originario, e non di eccezione in senso stretto, per la quale opera la preclusione di cui all'articolo 57 del detto decreto" (Ord. n. 3615/2019 e n. 8313/2018).
La Corte Suprema, mediante la sentenza n. 22776/2015, ha evidenziato che il co. 2 dell’art. 58 del D.Lgs. n. 546/1992 qualifica alla produzione di qualunque documento in secondo grado senza alcuna limitazione e con disposizione autonoma rispetto a quella del co. 1 il quale, all'opposto, assoggetta a limitazioni l'accoglimento delle istanze di ammissione di ulteriori elementi di prova.
Nel giudizio tributario di secondo grado, come in precedenza già rappresentato, il deposito di nuova documentazione regolamentata dall’art. 58 del D.Lgs. n. 546/1992 deve essere perfezionato entro i venti giorni liberi antecedenti l’udienza di comparizione.
Tuttavia, l’inosservanza di detto termine può essere sanata qualora il documento risulti già prodotto, benché irritualmente, nel giudizio di primo grado in quanto nel processo tributario i fascicoli sono inseriti in modo definitivo nel dossier d’ufficio sino al passaggio in giudicato della sentenza e pertanto la documentazione introdotta negli stessi entra ritualmente nel giudizio di impugnazione.
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