La Cassazione, con l’ordinanza depositata il 9 settembre scorso (n. 22469), contraddice quanto già chiarito dalle Sezioni Unite nel 2016 in tema di contribuzione IRAP e impresa familiare. L'argomento, piuttosto interessante, è stato oggetto di numerose pronuncie della Suprema Corte. In questo approfondimento vediamo i motivi che hanno portato la Corte di Cassazione al cambio di rotta.
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Sono disponibili inoltre gli approfonditi commenti a sentenza: "Impresa familiare soggetta a IRAP-Cassazione 14789/2018" e "IRAP e impresa familiare Cassazione 17429-2016"
1) IRAP impresa familiare: ordinanza Cassazione 2019
La CTR aveva dato ragione al contribuente, un promotore finanziario che aveva richiesto il rimborso IRAP, in quanto la moglie, collaboratrice dell’impresa familiare, svolgeva una mansione meramente esecutiva. Per la CTR l’Agenzia delle entrate, in modo erroneo, aveva fatto discendere dalla circostanza che la moglie del contribuente fosse collaboratrice in forma associata nella misura del 49% dell’impresa familiare, la prova della sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, laddove, in mancanza di specifica prova contraria da parte dell’Ufficio, la particolarità dell’attività di promotore finanziario svolta dal contribuente relegava la collaborazione della consorte, peraltro priva della qualifica, all’ambito meramente esecutivo di segretaria.
Su ricorso dell’Agenzia, la Cassazione annulla la sentenza regionale senza rinvio, ritenendo determinanti gli elevati importi annui dichiarati dalla coniuge a titolo di reddito di partecipazione, considerandoli incompatibili con l’assenza di autonoma organizzazione.
2) IRAP impresa familiare: principio affermato nell’Ordinanza 09 settembre 2019
L’IRAP afferisce non al reddito o al patrimonio in sé, bensì allo svolgimento di un’attività autonomamente organizzata per la produzione di beni e servizi, pertanto ne è soggetto passivo l’imprenditore familiare ma non anche i familiari collaboratori, atteso che la collaborazione dei partecipanti integra quel quid pluris dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore, o valore aggiunto, rispetto a quella conseguibile col mero apporto lavorativo personale del titolare ed è, per l’effetto, indicativa del relativo presupposto impositivo.
3) Contribuzione IRAP impresa familiare: le Sezioni Unite del 2016
Sulla tematica, in passato, si erano formati orientamenti dissimili, quindi, nel 2016, intervenivano le Sezioni Unite (10 maggio 2016, n. 9451) chiarendo che, in materia di IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente:
- sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, pertanto, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
- utilizzi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria, ovvero meramente esecutive.
Dal pronunciamento delle Sezioni Unite discende che l’Irap risulta dovuta solamente se l’utilizzo in modo non occasionale del lavoro di ulteriori soggetti (in veste di dipendenti o collaboratori) ecceda lo svolgimento di “mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”, ponendo in tal modo l’accento sull’effettivo apporto lavorativo, così ponendo in secondo piano l’aspetto remunerativo.
4) Contribuzione IRAP impresa familiare:i due orientamenti post 2016
All’indomani dei chiarimenti forniti dal massimo consesso della Cassazione, nella giurisprudenza tributaria di sono delineati due indirizzi interpretativi antitetici, così rendendo ulteriormente necessario (ed auspicabile) l’intervento delle Sezioni Unite:
1. Il primo equipara il collaboratore al dipendente e si sofferma sull’apporto effettivamente reso da tale soggetto all’organizzazione d’impresa. Una per tutte, la Sezione VI - 5 Civile della Cassazione, nell’Ordinanza 30 agosto 2016, n. 17429, sulla scia del precedente delle Sezioni Unite, aveva statuito che, con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione dell’impresa familiare ricorre quando l’imprenditore:
- risulti, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, per l’effetto, impiantato in strutture organizzative riferibili a responsabilità ed interesse di altri;
• impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, ovvero si avvalga in modo non occasionale del lavoro dei collaboratori familiari in tal guisa da oltrepassare la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria o comunque meramente esecutive.
2. Il secondo considera l’impresa familiare come impresa organizzata, impedendo al contribuente di entrare nel merito sull’apporto effettivo del collaboratore: la VI Sezione Civile della Corte di Cassazione, nell’Ordinanza 7 giugno 2018, n. 14789, aveva spiegato che, se non espressamente esentati, tutti i soggetti che producono reddito di impresa, commerciale od agricola, sono tenuti al versamento dell’IRAP. Quindi l’imprenditore familiare, non i familiari collaboratori, è anche soggetto passivo IRAP. Inoltre, la Sezione V, nell’Ordinanza 04 giugno 2019, n. 15217, aveva chiarito che, afferendo l’IRAP allo svolgimento di un’attività autonomamente organizzata per la produzione di beni e servizi, ne è soggetto passivo l’imprenditore titolare di impresa familiare, ma non lo sono i familiari collaboratori, colpendo tale imposta il valore della produzione netta dell’impresa e integrando la collaborazione dei partecipanti quel quid pluris dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore rispetto a quella conseguibile col solo apporto lavorativo personale del titolare