La marca da bollo, tecnicamente, è un tipo particolare di carta valori, che certifica il pagamento di una imposta per la convalida di atti e documenti pubblici, in più in generale, sui documenti rilasciati dalla Pubblica amministrazione.
Tratto dalla premessa dell'e-book "L'applicazione dell'imposta di bollo (eBook 2019)".
La sua storia, come conferma il nome, è piuttosto antica. Il termine “marca”, infatti, deriva dal tedesco märke, che significa “limite”. Esso stava ad indicare la tassa che ciascun cittadino era tenuto a pagare per entrare o per uscire dalla “marca” con un documento che attestasse l’identità del soggetto o le merci che trasportava.
Questo genere di documento si è poi diffuso in tutto il mondo.
In Gran Bretagna, per esempio, per lungo periodo i francobolli hanno assolto al pagamento dei diritti di bollo.
Nel corso degli anni diversi stati europei come l'Austria (dal 2002) e la Germania (dal 1991) hanno abolito le marche da bollo anche se in Austria si paga ancora l'imposta di bollo per alcuni atti.
In Italia le marche da bollo sono utilizzate fin dal 1863 e dal 1911 furono persino estese anche alle colonie italiane in Africa.
Vengono vendute generalmente nelle tabaccherie o in esercizi pubblici autorizzati.
Sono sempre più diffusi i valori autoadesivi in tutto il mondo, per la grande disponibilità di macchine automatiche e il vantaggio di non dover mantenere una scorta di valori che tendono a variare nel tempo.
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L'articolo è la premessa dell'e-book "L'applicazione dell'imposta di bollo (eBook 2019)" - Tutte le regole sull'imposta di bollo, dalla marca al bollo digitale: disciplina, casi di esenzione, pagamento e sanzioni;
1) Il cammino verso la digitalizzazione della marca da bollo
Negli ultimi anni, poi, il processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione sta portando anche all’avvento della marca da bollo telematica.
Dal giugno del 2005 alle marche da bollo tradizionali sono stati affiancati i contrassegni telematici di tipo autoadesivo, rilasciati per via telematica dall'Agenzia delle Entrate e stampati nei punti di rivendita.
Dal 1º settembre 2007 tali contrassegni hanno rimpiazzato in maniera definitiva le marche da bollo rendendole fuori corso.
Per alcuni atti pubblici, come i certificati anagrafici cumulativi, la marca da bollo è stata sostituita da un timbro, che attesta il pagamento in contanti dell'importo direttamente al soggetto emittente l'atto.
Nel 2014 il contrassegno telematico si è ulteriormente dematerializzato. Il 19 settembre 2014 è stata, infatti, introdotta la marca da bollo digitale (Servizio @e.bollo), emessa elettronicamente attraverso siti web connessi all'Agenzia delle Entrate.
Quella che oggi in Italia viene chiamata "marca da bollo" rappresenta un genere di carta valori, esteticamente simile ad un francobollo e dotata di banda olografica e codice a barre, che può avere valore differente ed è usata come pagamento per la convalida di atti e documenti pubblici.
Il valore vigente della marca da bollo più comunemente utilizzato per la documentazione e la modulistica è di euro 16,00.
Ma come deve cambiare l’imposta di bollo se vuole sopravvivere all’era digitale?
Alcuni ricercatori hanno prospettato un radicale cambio di prospettiva: il bollo non può colpire la formazione del documento, ma piuttosto il suo utilizzo (o determinati suoi utilizzi).
L'applicazione del bollo in occasione del singolo impiego del documento non va ovviamente confusa con la ben nota figura del "bollo in caso d'uso". Quest'ultima attiene al se e quando un documento è soggetto a bollo, non al come. Un documento informatico bollato in caso d'uso si esporrebbe anch'esso al paradosso di un bollo che, corrisposto una volta, coprirebbe un numero illimitato di esemplari del documento stesso.
L'imposta di bollo, nata in un’epoca assai remota per sopravvivere all'era digitale, deve andare attraverso un significativo cambiamento di pelle: la tassazione dell'evento e non più del documento in sé.