Anche i Consulenti del Lavoro rientrano nell’alveo dei professionisti legittimati ad iscriversi all’istituendo Albo dei soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria all’esercizio delle funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore, nell’ambito delle procedure di crisi e di insolvenza.
Lo ha precisato il Guardasigilli. Replica del Consiglio nazionale dei Commercialisti.
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1) Consulenti del lavoro contemplati tra gli incaricabili
E’stato il Guardasigilli, il Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, nel corso dell’interrogazione parlamentare n. 3-00576, del 7 febbraio scorso, presentata dalla Senatrice di Forza Italia, Donatella Conzatti, in merito all’affidamento delle funzioni di curatore e di liquidatore ai Consulenti del Lavoro con la riforma della crisi d’impresa e dell’insolvenza, a sciogliere ogni equivoco sul relativo ruolo: i Consulenti del lavoro, nell’ambito del nuovo sistema legislativo della crisi e dell’insolvenza, potranno assumere gli incarichi istituzionali, al pari dei commercialisti.
Sul punto, il Ministro della Giustizia ha precisato che la crisi d’impresa coinvolge rapporti di lavoro su cui si basa l’intera struttura aziendale, e che l’imprenditore è al contempo un datore di lavoro.
Peraltro, i Consulenti risultano, già nel vigente sistema, legittimati a svolgere svariate funzioni, quali:
- il commissario liquidatore;
- il sindaco di società commerciali,
- il patrocinatore di vertenze innanzi alle commissioni tributarie.
Si tenga conto che l’iscrizione all’istituendo Albo potrà avvenire soltanto decorsi 18 mesi dall’entrata in vigore del Codice della Crisi che, peraltro, non è ancora approdato in Gazzetta Ufficiale.
Il Ministro Bonafede ha precisato che la riforma ha dilatato l’elenco delle professionalità coinvolte, e che l’autorità giudiziaria risulta obbligata ad optare, volta per volta, per quei professionisti maggiormente idonei allo svolgimento delle funzioni entro le singole procedure. A tal fine, sarà necessario tenere in debito conto degli esiti dei rapporti riepilogativi periodici finali stilati dai soggetti incaricati, nonché degli incarichi già in corso. Infine, la nomina deve essere operata in ossequio ai criteri di trasparenza e turnazione nella distribuzione, come pure tenendo conto delle necessarie capacità e esperienze in capo al singolo professionista.
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2) Requisiti per la nomina agli incarichi nelle procedure di crisi ed insolvenza
Nel Codice per la crisi di impresa e dell’insolvenza, licenziato il 10 gennaio scorso, l’art. 358, nel delineare i “requisiti per la nomina agli incarichi nelle procedure”, alla lettera statuisce che: “possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore, commissario giudiziale e liquidatore, nelle procedure di cui al codice della crisi e dell’insolvenza gli iscritti agli albi degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, dei consulenti del lavoro”.
A ciò si aggiunga che le funzioni di curatore, commissario e liquidatore abbracciano pure le società tra professionisti e gli studi professionali associati che risultino in possesso delle qualità prescritte dal nuovo decreto legislativo e, infine, coloro che abbiano già operato nei ruoli di amministrazione, direzione e controllo in società di capitali ovvero società cooperative, in tal modo comprovando adeguate capacità imprenditoriali, e a condizione che non sia intercorsa, nei loro confronti, alcuna dichiarazione di apertura di procedure di liquidazione giudiziale.
Al fine della nomina di curatore, commissario giudiziale e liquidatore, l’autorità giudiziaria dovrà tenere in considerazione l’eventuale sussistenza di rapporti di lavoro subordinato in corso al momento dell’apertura della liquidazione giudiziale.
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3) Reazione dei Consulenti del Lavoro e dei Commercialisti
A seguito della precisazione del Guardasigilli, si sono registrate reazioni opposte da parte delle due categorie professionali.
L’organo di vertice dei Consulenti del Lavoro ha ricevuto in senso positivo il chiarimento fornito dal Ministro Bonafede, replicando in un proprio comunicato stampa apparso sul portale .
E’ stato spiegato che per accedere al tirocinio professionale al fine di svolgere la professione è necessario possedere la laurea in giurisprudenza, economia o scienze politiche, e quindi precisando, ulteriormente, che le materie giuridiche, ed in specie quelle afferenti alla gestione della crisi aziendale, sono già trattate dai Consulenti del Lavoro, essendo appunto materie proprie dell’esame di Stato:
- diritto privato,
- diritto tributario,
- diritto pubblico,
- diritto penale,
- ragioneria,
- formazione bilancio.
A ciò si aggiunga che, il Regolamento per la Formazione Continua Obbligatoria, approvato dai Ministeri vigilanti, ovvero Lavoro e Giustizia, ricomprende tra le altre materie oggetto della formazione degli iscritti:
- le procedure concorsuali;
- scioglimento e liquidazione delle società;
- diritto commerciale con particolare riferimento all’imprenditore, all’impresa e alle società;
- bilancio d’esercizio;
- ragioneria generale e applicata.
In direzione opposta la replica dell’Associazione Italiana dei Dottori Commercialisti, che in una nota pubblicata sul portale, laconicamente titolata “Tra consulente del lavoro e dottore commercialista esistono nette differenze, no a equiparazioni”, ha sottolineato che “l’equiparazione dei consulenti del lavoro agli avvocati ed ai dottori commercialisti come soggetti abilitati ad essere nominati dal tribunale nelle nuove procedure concorsuali, così come previsto dal novellato Codice della Crisi, è frutto di una doppia confusione. La prima è che le professioni di consulente del lavoro e di dottore commercialista siano identiche o interscambiabili. La seconda, ben più grave, è che le competenze acquisite, grazie al superamento di un esame di Stato, possano essere sostituite da un percorso formativo di 18 mesi”.