L’istituto dell’inversione contabile (c.d. “reverse charge”) ha assunto una sempre maggiore importanza nel nostro sistema fiscale, soprattutto per le primarie finalità di contrasto ai sempre più diffusi fenomeni di frodi IVA e per la lotta all’evasione fiscale. Per tale motivo il legislatore, nella recente revisione del sistema sanzionatorio fiscale, ha prestato attenzione anche alle varie casistiche riguardanti l’errata applicazione di questo particolare meccanismo.
1) Il sistema del “reverse charge”.
Come noto l’adempimento dell’imposta secondo il meccanismo dell’inversione contabile (c.d. “reverse charge”) comporta che gli obblighi relativi all’applicazione dell’IVA devono essere adempiuti dal soggetto passivo cessionario o committente, al posto del cedente o prestatore.
In sostanza, quindi, attraverso questo meccanismo l’obbligazione tributaria rimane a carico dell’acquirente, che la adempie emettendo un’autofattura. In questo modo il cliente sterilizza la propria posizione nei confronti dell’Erario con la doppia registrazione del documento fiscale sia nel registro degli acquisti che in quello delle vendite.
Come specificato nel “Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali” della Guardia di Finanza (circolare n. 1/2018), le procedure di autofatturazione e di inversione contabile previste dall’art. 17, quinto e sesto comma del D.P.R. n. 633/1972, si applicano sia ad operazioni interne, sia ad operazioni con l’estero.
Va inoltre ricordato che poiché per effetto del meccanismo in argomento, debitore dell’imposta diventa il cessionario o committente in luogo del cedente o prestatore, questi ultimi sono esonerati dalla liquidazione e dal versamento dell’IVA.
Il particolare sistema del “reverse charge” è stato adottato a livello comunitario in taluni settori commerciali (come nei subappalti o nel commercio di materiale informatico) con il fine ultimo di contrastare le frodi in determinati settori a rischio, evitando in pratica che il cessionario possa portare in detrazione l’imposta che il cedente non provvede a versare all’Erario.
Ecco perché nell’ambito della revisione al sistema sanzionatorio fiscale, avvenuta ad opera del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, il legislatore ha modificato le sanzioni amministrative in materia di documentazione e registrazione delle operazioni IVA, intervenendo in particolar modo nella disciplina sanzionatoria dell’inversione contabile.
2) Errata applicazione dell’imposta nel modo ordinario anziché mediante il sistema
Con precipuo riguardo alla casistica riferita alle violazioni commesse, sempre nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile, dal cessionario o committente, il menzionato D.Lgs. n. 158/2015 ha introdotto all’art. 6 (“Violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto”) del D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 471, il nuovo comma 9-bis.1.
Il testo del nuovo comma è il seguente:
“In deroga al comma 9-bis, primo periodo, qualora, in presenza dei requisiti prescritti per l'applicazione dell'inversione contabile l'imposta relativa a una cessione di beni o a una prestazione di servizi di cui alle disposizioni menzionate nel primo periodo del comma 9-bis, sia stata erroneamente assolta dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, il cessionario o il committente anzidetto non è tenuto all'assolvimento dell'imposta, ma è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro. Al pagamento della sanzione è solidalmente tenuto il cedente o prestatore. Le disposizioni di cui ai periodi precedenti non si applicano e il cessionario o il committente è punito con la sanzione di cui al comma 1 quando l'applicazione dell'imposta nel modo ordinario anziché mediante l'inversione contabile è stata determinata da un intento di evasione o di frode del quale sia provato che il cessionario o committente era consapevole”.
Come meglio chiarito dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 16/E del 11 maggio 2017, il nuovo comma 9-bis.1 disciplina la specifica ipotesi di “irregolare assolvimento del tributo” che si verifica quando l’operazione doveva essere assoggettata al meccanismo del reverse charge ma, per errore, è stata oggetto di applicazione dell’IVA in via ordinaria (in pratica è il caso del cedente che emette erroneamente la fattura con IVA registrandola esattamente come le altre fatture, mentre l’operazione fatturata rientra nel meccanismo dell’inversione contabile).
Alla luce della nuova previsione normativa, se l’imposta è stata assolta (seppur irregolarmente) dal cedente o prestatore per effetto della registrazione della fattura emessa, con confluenza della predetta imposta nella liquidazione periodica di competenza, non occorre che il cessionario regolarizzi l’operazione ed il diritto alla detrazione è fatto salvo.
Dal punto di vista sanzionatorio, però, per tale irregolarità è prevista in capo al cessionario o committente l’applicazione di una sanzione in misura fissa che va da 250 euro a 10.000 euro, mentre il cedente o prestatore rimane responsabile in solido del pagamento della sanzione in parola.
Infine nella previsione di questa particolare casistica il legislatore ha inserito anche il caso in cui l’applicazione dell’imposta nel modo ordinario anziché mediante l’inversione contabile sia stata determinata da un intento di evasione o di frode del quale venga provato che il cessionario o committente ne era consapevole.
In questo caso il cessionario o committente viene punito con la più grave sanzione proporzionale nella misura compresa tra il 90 e il 180 per cento dell’imposta.
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