Una delle principali novità della riforma dell’impresa sociale contenuta nel Dlgs 112/2017 è stata l’istituzione di una disciplina fiscale agevolata specifica per gli enti che assumono tale qualifica riportata nell’art. 18 del decreto citato che è stata riformata dall’art. 7 del Dlgs 95/2018 correttivo della disciplina dell’impresa sociale introdotta nel 2017.
Come vedremo nei capoversi successivi, per certi aspetti tali correzioni non modificano sensibilmente la situazione preesistente, per altri la complicano senza che ce ne fosse bisogno.
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1) Impresa sociale: Regime fiscale agevolato
Il 1° comma dell'art. 18 del Dlgs 112/2017 prevede che “ non concorrono alla formazione del reddito imponibile delle imprese sociali le somme destinate al versamento del contributo per l'attività ispettiva di cui all'art. 15 , nonché le somme destinate ad apposite riserve ai sensi dei commi 1° e 2° dell'art. 3 ” del Dlgs 112/2017, vale a dire a riserve destinate “ allo svolgimento dell'attività statutaria od all'incremento del patrimonio ” dell'impresa sociale e che non possono essere distribuite, direttamente o indirettamente, a fondatori, soci o associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali.
Tenendo presente che, ai sensi del comma 1° dell'art. 3 del Dlgs, l'impresa sociale ha l'obbligo di destinare gli utili (se società) o gli avanzi di gestione (se associazione, fondazione o comitato) allo svolgimento dell'attività statutaria od all'incremento del patrimonio, si deduce che essi entreranno a far parte del reddito imponibile ai fini delle imposte dirette (1) solo se e nella misura in cui non saranno accantonati in una riserva avente le finalità descritte.
Con la riforma apportata dal Dlgs 95/2018 scompare l'obbligo di utilizzare queste riserve entro il terzo periodo di imposta successivo a quello in cui la riserva è stata costituita pena la decadenza dal beneficio fiscale. Ovviamente, la destinazione degli utili o degli avanzi di gestione a riserva e l'impiego di questa per le finalità descritte deve risultate dalle scritture contabili dell'impresa sociale.
Dal comma 1° dell'art. 18 che stiamo esaminando si deduce chiaramente che la destinazione a riserva dell'utile o dell'avanzo di gestione da parte dell'impresa sociale non può che avvenire in sede di approvazione del bilancio dell'esercizio in cui sono stati conseguiti.
Infine, gli utili e gli avanzi di gestione distribuiti dalle imprese sociali nelle modalità previste dall'art. 3, 3° comma, lettere a ) e b ), vale a dire la distribuzione ai soci di un aumento gratuito del capitale sociale e l'erogazione di contributi in favore di enti del terzo settore diversi dalle imprese sociali, concorrono alla determinazione del reddito imponibile ai fini delle imposte dirette.
Il 2° comma dell'art. 18 del Dlgs 112/2017, sostituito, come il 1° comma dello stesso articolo, dall'art. 7 del Dlgs 95/2018, stabilisce che “non concorrono a formare il reddito imponibile delle imprese sociali le imposte sui redditi riferibili alle variazioni effettuate ai sensi dell'art. 83 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR)” (2). Questa disposizione si applica solo se essa determina un utile o un maggior utile da destinare a incremento del patrimonio a norma del 1° comma dell'art. 3 del Dlgs 112/2017.
Ora, il 1° comma dell'art. 83 del TUIR prevede che il reddito complessivo su cui grava l'IRES si calcola applicando all'utile o alla perdita risultante dal conto economico relativo all'esercizio chiuso nel periodo di imposta le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti nelle norme successive della Sezione I del Capo II del Titolo II del TUIR a cui appartiene l'art. 83 (vale a dire gli artt. 84 – 116 sempre del TUIR).
Questo ci fa capire che, per applicare il 2° comma dell'art. 18 citato, si deve calcolare l'IRES sia sull'utile realizzato nell'esercizio senza le variazioni in aumento o diminuzione previste dalle norme contenute nella citata sezione del TUIR, sia sul reddito imponibile risultante dall'applicazione di tali norme all'utile o alla perdita di esercizio.
Se dall'applicazione di tali variazione risulta una imposta maggiore, essa non va versata all'Erario ma va utilizzata esclusivamente per incrementare il patrimonio dell'impresa sociale e non anche per lo svolgimento dell'attività statutaria che è la seconda finalità di destinazione dell'utile previsto dal 1° comma dell'art. 3 del Dlgs 112/2017. Questo ci sembra il solo modo per dare un senso alla norma di difficile interpretazione contenuta nel 2° comma dell'art. 18 che ha corretto una norma precedente che aveva invece un senso chiaro.
Riteniamo che il 1° ed il 2° comma dell'art. 18 del Dlgs 112/2017 che abbiamo esposto nei precedenti capoversi non si applichino alle cooperative sociali in virtù dell'esclusione prevista dal 4° comma dell'art. 1° del Dlgs 112/2017 mentre si possono applicare alle altre cooperative a mutualità prevalente o non prevalente che abbiano assunto la qualifica di impresa sociale.
Sarebbe, secondo noi, opportuno prevedere l'esclusione di tutte le cooperative a mutualità prevalente dato che esse dispongono di una normativa specifica in merito, vale a dire sull'accantonamento degli utili a riserva agevolato fiscalmente.
In particolare, il 2° comma dell'art. 18, norma come abbiamo visto piuttosto difficile da interpretare, si applica anche alle imprese sociali aventi forma giuridica di società di capitali il cui reddito imponibile ai fini IRES viene determinato secondo le disposizioni della Sezione I del Capo II del Titolo II del TUIR, mentre non si applica alle imprese sociali costituite sotto forma di associazione, fondazione o comitato a cui si applicano, nell'ordine, il 1° comma dell'art. 18 del Dlgs 112/2017, le norme sugli enti del terzo settore non commerciali contenute nel Titolo X del Decreto Legislativo n° 117 del 2017 (3), vale a dire, essenzialmente, gli artt. 79 e 80 di questo decreto ed, in via residuale per quanto non previsto dalle norme citate in precedenza, quelle per la determinazione del reddito imponibile ai fini IRES previste per gli enti non commerciali residenti dagli artt. 143 – 149 TUIR.
Infine, ricordiamo che, ai sensi dell'art. 16 del Dlgs 112/2017 già esposto nel quarto paragrafo, sono deducibili dall'imponibile delle imprese sociali i contributi da esse versati ai fondi per la promozione e lo sviluppo delle imprese sociali nel limite massimo del 3% degli utili (o degli avanzi di gestione) netti annuali, dedotte le eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti.
Tale versamento può essere effettuato anche a favore della Fondazione Italia Sociale istituita dall'art. 10 della Legge n° 106 del 2016.
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(1) Le imposte dirette (o sul reddito) sono l'IRES – Imposta sul reddito delle società per le società di capitali o cooperative e per le associazioni, le fondazioni e i comitati, l'IRPEF – Imposta sui redditi delle persone fisiche o l'IRI – Imposta sul reddito di impresa per le società di persone. L'imposta sul reddito delle società di persone è l'IRPEF se questo viene tassato in capo ai soci dopo che è stato suddiviso fra loro, l'IRI se il reddito viene tassato in capo alla società.
(2) E' impreciso il concetto per cui le imposte dirette possono o meno fare parte del reddito imponibile: esse derivano dall'applicazione dell'imposta al reddito imponibile, non sono una voce da sommare o dedurre per la determinazione di esso.
(3) Questo perché se questi enti possiedono la qualifica di impresa hanno anche quella di ETS.
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