Sul regime fiscale dei redditi percepiti dai coniugi in caso di separazione e divorzio il legislatore ha previsto una serie di disposizioni.
In particolare nell'ambito del Tuir è stato disciplinato il regime delle detrazioni fiscali che si differenzia a seconda che si parli di:
A. assegno di mantenimento o divorzile per il coniuge oppure
B. assegno di mantenimento per i figli.
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Per approfondire vedi anche il commento alla recente sentenza di Cassazione Spese di mantenimento: detrazione per entrambi i coniugi separati, dal quale l'articolo è tratto.
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1) L'ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER IL CONIUGE
Regime applicabile in caso di assegno di mantenimento per il coniuge
Per quanto attiene l'assegno corrisposto per il mantenimento del coniuge, l'art. 10, comma 1, lettera c), del Tuir stabilisce che:
- gli assegni periodici corrisposti al coniuge in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria sono dedotti dal reddito complessivo, costituendo, pertanto, oneri deducibili.
- i redditi derivanti da corresponsione di assegno di mantenimento o divorzile costituiscono reddito assimilato al reddito da lavoro dipendente secondo quanto disposto dall'art. 50, comma 1, lettera i), del Tuir e devono, pertanto, essere dichiarati da parte del percettore nel quadro dove vengono dichiarati tali redditi.
L'art. 52, comma 1, lettera c), del Tuir specifica poi che tali redditi si presumono percepiti, salvo prova contraria, nella misura e alle scadenze risultanti dai relativi titoli.
Da quanto sopra emerge che presupposto per la deducibilità e l'imponibilità degli importi erogati è che gli stessi risultino da provvedimento dell'autorità giudiziaria con cui è disposta la misura e la periodicità.
La questione è stata oggetto di diversi interventi da parte della giurisprudenza sia di legittimità che costituzionale.
In particolare, la Corte Costituzionale, con l'ordinanza 6 dicembre 2001, n. 383, ha affermato che la corresponsione periodica e quella una tantum costituiscono due forme di adempimento differenti atteso che:
- "l'importo da corrispondere in forma periodica viene stabilito in base alla situazione esistente al momento della pronuncia, con la conseguente possibilità di una revisione, in aumento o in diminuzione, mentre,
- al contrario, quanto versato una tantum, che non corrisponde necessariamente alla capitalizzazione dell'assegno periodico, viene concordato liberamente dai coniugi nel suo ammontare e definisce una volta per tutte i loro rapporti per mezzo di una attribuzione patrimoniale, producendo l'effetto di rendere non più rivedibili le condizioni pattuite, le quali restano così fissate definitivamente".
Tale orientamento è stato successivamente ribadito dalla Suprema Corte (...) L'Agenzia delle Entrate, con la ris. n. 153/E dell'11 giugno 2009, ha poi precisato che la non deducibilità dell'importo stabilito una tantum permane anche in caso di accordo per la rateizzazione del pagamento, atteso che, in questo caso, permane comunque la caratteristica transattiva di risoluzione definitiva di ogni rapporto tra i coniugi.
2) REGIME APPLICABILE ALL'ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER I FIGLI
Diversa disciplina è invece stabilita per la corresponsione delle somme destinate al mantenimento dei figli.
Stabilisce, infatti, l'art. 3, comma 3, lettera b), del Tuir che sono esclusi dalla base imponibile (per il coniuge percettore) gli assegni periodici destinati al mantenimento dei figli spettanti al coniuge, in conseguenza di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria.
Per quanto attiene i figli a carico, l'art. 12, comma 1, lettera c), del Tuir prevede poi un regime di detrazioni stabilendo gli importi detraibili dall'imposta lorda per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, gli adottivi, gli affidati o affiliati.
In caso di separazione di fatto, la norma prevede che, salvo diverso accordo tra le parti volto ad attribuire la detrazione al genitore che ha il reddito complessivo più elevato, la detrazione è ripartita nella misura del 50% tra i genitori.
Nel caso di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti del matrimonio spetta, salvo diverso accordo, al genitore affidatario in caso di affidamento esclusivo mentre nel caso di affidamento condiviso che, come si è visto, rappresenta l'ordinario regime di affidamento, la detrazione è ripartita tra i genitori nella misura del 50% ciascuno, fatta sempre salva la possibilità di accordarsi diversamente.
L'Agenzia delle Entrate con la circolare n. 34/E del 4 aprile 2008 ha precisato che:
- in caso di affidamento esclusivo le parti possono accordarsi esclusivamente nel senso di suddividere la detrazione al 50% o attribuirla al genitore che ha il reddito più elevato, mentre
- in caso di affidamento condiviso le parti possono accordarsi per attribuire la detrazione interamente al genitore con il reddito più elevato, rimanendo così preclusa la possibilità di diverse percentuali di ripartizione della detrazione.
La stessa circolare ha poi stabilito che in caso di figli a carico maggiorenni le parti possono continuare a fruire della detrazione nella medesima misura in cui era ripartita per il figlio quando era ancora minorenne, fatta sempre salva la possibilità di diverso accordo, mentre in assenza di una precedente pronuncia giudiziale sull'affidamento del figlio minore, salvo diverso accordo, la detrazione deve essere ripartita in egual misura tra i genitori.
Tale orientamento è stato ribadito dalla stessa Agenzia delle Entrate con la circ. n. 19/E del 1° giugno 2012, in cui precisa che è irrilevante il fatto che il figlio maggiorenne conviva con uno solo dei genitori atteso che la condizione della residenza presso uno dei due genitori non è tenuta in considerazione dall'art. 12 del Tuir per definire la ripartizione della detrazione.
Lo stesso articolo 12 stabilisce ancora che ove il genitore affidatario ovvero, in caso di affidamento congiunto, uno dei genitori affidatari non possa usufruire in tutto o in parte della detrazione, per limiti di reddito, la detrazione è assegnata per intero al secondo genitore. Quest'ultimo, salvo diverso accordo tra le parti, è tenuto a riversare all'altro genitore affidatario un importo pari all'intera detrazione ovvero, in caso di affidamento congiunto, pari al 50% della detrazione stessa. In caso di coniuge fiscalmente a carico dell'altro, la detrazione compete a quest'ultimo per l'intero importo.
3) SEPARAZIONE E IMPOSTE INDIRETTE SUGLI ATTI DEL PROCEDIMENTO
In materia di imposizione fiscale indiretta, i procedimenti di separazione e divorzio sono dal legislatore stati tradizionalmente considerati esenti da imposta. In particolare, l'art. 19 della L. 6 marzo 1987, n. 74 stabilisce che tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e 6 della L. 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa.
La Corte Costituzionale, con la sent. n. 154 del 10 maggio 1999, ha poi dichiarato l'illegittimità costituzionale di tale norma nella parte in cui non estende l'esenzione in esso prevista a tutti gli atti, e provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi .
La giurisprudenza della Cassazione ha quindi precisato l'ambito di applicazione della norma stabilendo che "l'esenzione "dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa", (...) si estende ad ogni tipo di "tassazione", indipendentemente dalla natura di "imposta" o "tassa" in senso proprio del tributo concretamente in discussione.
Il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, all'art. 10 aveva poi espressamente stabilito l'esenzione dall'obbligo del versamento del contributo unificato per l'iscrizione a ruolo per i processi in materia di separazione e divorzio. Tale norma è stata modificata dall'art. 37 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 che ha, comunque, mantenuto l'esenzione già prevista per i procedimenti in materia di assegni riguardanti la prole e non ha, comunque, inciso sull'esenzione già prevista per le altre forme di imposizione .
4) SEPARAZIONE E DIVORZIO : RIFLESSI SUL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE
Nell'ambito degli accordi che precedono la separazione e il divorzio e che formano oggetto della trattativa tra le parti, i coniugi possono prevedere il trasferimento di quote di comproprietà o dell'intera proprietà sugli immobili facenti parte del patrimonio familiare.
La circ. n. 49/E del 16 marzo 2000 dell'Agenzia delle Entrate prevedeva la tassazione agevolata per detti trasferimenti, purché formalizzati nell'ambito del procedimento di separazione e divorzio nella forma obbligatoria del preliminare o traslativa dell'atto di compravendita. La circ. 21 giugno 2012, n. 27/E(26) richiede che gli accordi siano contenuti nel testo omologato dal Tribunale o nella sentenza di divorzio.
In caso di trasferimenti gratuiti o verso corrispettivo vige una diversa tassazione delle plusvalenze:
- Nell'ipotesi di trasferimento gratuito, non vi è certamente realizzo di plusvalenza.
- Nell'ipotesi di trasferimento verso corrispettivo, può probabilmente ritenersi esclusa da tassazione la plusvalenza ai sensi dell'art. 19 della L. n. 74/1987 che esonera da "ogni altra tassa" gli atti ed i provvedimenti relativi al divorzio (norma applicabile anche alla separazione personale: Corte Cost. 10 maggio 1999, n. 154) .
In caso di successiva rivendita di immobile acquistato come sopra, occorre distinguere:
a) trattandosi di acquisto a titolo gratuito, quest'ultimo può essere ai fini in oggetto equiparato alla donazione, con la conseguente neutralità di esso ai fini della tassazione della plusvalenza (salva l'ipotesi in cui si tratti di terreno edificabile);
b) trattandosi di acquisto a titolo oneroso, in relazione al quale non sarà stato tuttavia indicato alcun valore ai fini fiscali (posto che l'atto era agevolato ai sensi della L. n. 74/1987), occorrerà probabilmente far riferimento al "valore normale" al momento dell'atto di acquisto.
L'AGEVOLAZIONE PRIMA CASA
Quanto alla decadenza dal beneficio della agevolazione prima casa, l'Agenzia delle Entrate, con la citata circ. n. 27/E del 2012, ha risposto ai seguenti quesiti:
1) se uno dei coniugi trasferisce all'altro, prima del decorso del termine di cinque anni dall'acquisto, la propria quota del 50% della casa coniugale, acquistata con i benefici prima casa, l'Agenzia delle Entrate, rilevando che il trasferimento è effettuato in adempimento di un accordo di separazione o divorzio, ritiene che trovi applicazione il regime di esenzione previsto dall'art. 19 della L. n. 74/1987 per cui non opera la decadenza dal trattamento di favore per l'acquisto della c.d. prima casa, a prescindere dalla circostanza che il coniuge cedente provveda o meno all'acquisto di un nuovo immobile;
2) Se entrambi i coniugi vendono a terzi la propria casa coniugale, prima del decorso di cinque anni dall'acquisto, con rinuncia da parte di uno dei coniugi a favore dell'altro all'incasso del ricavato della vendita, assume rilievo decisivo la considerazione che il coniuge tenuto a riversare le somme percepite dalla vendita all'altro coniuge non realizza di fatto alcun arricchimento dalla vendita dell'immobile, per cui non è soggetto a decadenza dal beneficio. Mentre sull'altro coniuge, che percepisce l'intero corrispettivo della vendita, incombe l'obbligo di riacquistare, entro un anno dall'alienazione, un altro immobile da adibire ad abitazione principale, secondo le regole ordinarie. (...)