Secondo la giurisprudenza, in assenza dei contatori di sottrazione le spese dell'acqua, salvo diversa convenzione, si ripartiscono in base ai valori di proprietà.
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1) Criterio utilizzato per il riparto
Qual'è il criterio da utilizzare? Ricordiamo che l'art. 1123 c.c. indica quali criteri generali nel riparto delle spese condominiali, in assenza di diversa convenzione, quello proporzionale, per "le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza" e quello in base all'uso che ciascuno può farne per le "cose destinate a servire i condomini in misura diversa".
La questione riguarda il riparto della parte relativa ai consumi, perchè, per quanto riguarda i costi fissi, il riparto è certamente da effettuarsi in base ai valori millesimali, dunque in base all'art. 1123, co. c.c.
Per quanto riguarda i consumi, in presenza di contatori di sottrazione, nulla quaestio: il riparto si effettua in base ai consumi registrati dai contatori di sottrazione (salvo i consumi relativi alle parti comuni, da effettuare in base ai valori di proprietà, v. ad es. Cass. 17557/2014).
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2) Spese dell'acqua, condominio e assenza di contatori di sottrazione
Ma, se mancano i contatori di sottrazione (i quali sono peraltro prescritti dalle norme ex D.Lgs. 152/2006)?
Secondo la giurisprudenza, per la verità non copiosa sul tema, la suddivisione va effettuata in base al valore di ciascuna unità immobiliare rispetto all'intero condominiale.
In definitiva, in base al criterio proporzionale di cui all'art. 1123, co. 1 c.c, dunque in base ai millesimi di proprietà.
Il principio è stato affermato ad es. con la sentenza n. 17557/2014 della Corte di Cassazione in cui è stata esclusa la legittimità della suddivisione, adottata a maggioranza, per numero delle persone che occupano "stabilmente" le abitazioni, con esclusione dalla suddivisione degli appartamenti rimasti vuoti.
La sentenza esclude che tale riparto possa correttamente ricondursi all'applicazione della norma di cui all'art. 1123, co.2, dal momento che detto riparto "appare inidoneo, per la sua irrazionalità, a fissare un congruo rapporto tra la spesa e l'uso individuale".
Spiega la corte che l'art. 1123. co. 2 c.c. si riferisce "al godimento potenziale che il condomino può ricavare dalla cosa o dal servizio comune, atteso che quella del condomino è una obbligazione propter rem che trova fondamento nel diritto di comproprietà sulla cosa comune, sicchè il fatto che egli non ne faccia uso non lo esonera dall'obbligo di pagamento della spesa.
Infatti, "anche in un appartamento rimasto non abitato possono tuttavia esservi altri usi dell'acqua, ad es. per le pulizie dell'appartamento o per l'annaffiamento delle piante, o perdite d'acqua".
Inoltre, aggiunge la Corte, "esentare gli appartamenti non abitati dal concorso nella spesa significa sottrarli non solo al costo del consumo idrico imputabile al lavaggio delle parti comuni o all'annaffiamento del giardino condominiale, ma anche a quella parte della tariffa per la fornitura dell'acqua potabile che è rappresentata dal minimo garantito quale quota fissa per la disponibilità del servizio da parte del gestore, la quale, parametrata sul numero delle unità immobiliari domestiche facenti parte del condominio, è indipendente dal consumo effettivo".
E, comunque, aggiune ancora la Corte, "stabilire il costo dell'erogazione dell'acqua in base al numero delle persone che risiedono in ogni unità abitativa, significa introdurre, al posto del criterio potenziale su base reale (per il quale ciò che rileva non è il contegno personale dell'uno o dell'altro condomino, ma l'entità del servizio obiettivamente prestato o destinato a prestarsi), un criterio forfettario presuntivo su base personale".
Dunque, conclude la Corte, salvo diversa convenzione, il criterio da applicare è quello di cui all'art. 1123, co.1 c.c..
Di recente il principio è stato anche ribadito dalla sentenza del Tribunale di Roma 30 gennaio 2017, che, sempre in un ipotesi riguardante contatori di sottrazione assenti, ha escluso la correttezza del riparto per parti uguali, in favore del criterio ex art. 1123, co.1.