Riparto delle spese condominiali secondo la legge
Come affermato nell'articolo dedicato ai criteri di riparto delle spese condominiali , la legge, all'art. 1123 c.c., prevede alcuni criteri generali (fatta cioè eccezione per casi specificamente disciplinati) per il riparto delle spese condominiali: uno in misura proporzionale al valore delle singole proprietà (per "le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza"), "salvo diversa convenzione", l'altro, se si tratta di cose "destinate" ad essere utilizzate diversamente dai condòmini, in propozione all'uso (v. art. 1123, c.c.) (oltre poi all'ipotesi specifica di condominio parziale (art. 1123, co.3 c.c.).
I condòmini possono dunque stabilire regole diverse sia in sede di regolamento contrattuale, che in sede di delibera assembleare, dove si potranno anche modificare i criteri precedentemente adottati (secondo alcune sentenze, in realtà, non è necessario il consenso scritto, ma sono sufficienti i cosiddetti facta concludentia, v. ad es. Cass. 13004/2013).
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1) Riparto delle spese condominiali secondo convenzione
La domanda cui ci dedichiamo in questa sede è con quale quorum deliberativo il condominio può adottare la detta convenzione derogatrice dei criteri di riparto di legge.
Il codice civile non si esprime al riguardo, ma la giurisprudenza appare uniforme sul punto: è necessaria l'unanimità (si badi: cioè, con il consenso di tutti i partecipanti al condominio). Se così non è, la delibera è impugnabile per difetto di nullità.
Da ultimo il principio è stato ribadito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 2415, depositata il 31 gennaio 2018, la quale riporta a sua volta una serie di precedenti, secondo cui "eventuali deroghe, venendo a incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli aderisca". La sentenza ha quindi affermato che, essendo nulla, la delibera è impuganbile in ogni tempo e da chiunque, anche da chi in assemblea ha votato a favore dell'adozione del nuovo criterio.
Di recente il principio è stato riaffermato anche, tra le decisioni di merito, dal tribunale di Milano (sez. XIII, 19.9.2017) in materia di spese reative alla ricostruzione di un ascensore esistente.
La convenzione non è ammessa solo con riguardo al criterio di proporzionalità di cui al co.1 dell'art. 1123 c.c., ma anche con riguardo al criterio di riparto in base all'uso purchè all'unanimità dall'assemblea o con regolamento contrattuale: ad es. con la sentenza n. 19651/2017 la Corte di Cassazione ha affermato, in proposito, la nullità "tutte le deliberazioni adottate in violazione dei criteri normativi o regolamentari di ripartizione delle spese, e quindi in eccesso rispetto alle attribuzioni dell'organo collegiale, seppur limitate alla suddivisione di un determinato affare o di una specifica gestione, non potendo la maggioranza dei partecipanti incidere sulla misura degli obblighi dei singoli condomini fissata per legge o per contratto, ed occorrendo, piuttosto, a tal fine, un accordo unanime, espressione dell'autonomia negoziale".
La questione relativa alla deroga dei criteri di riparto è complessa e va studiata con attenzione caso per caso; anche perchè l'argomento si intreccia con altri che potrebbero portare alla qualifica di annullabilità e non di nullità della delibera, come quello dell'errata applicazione delle norme ex art. 1123 c.c. (v. ad es. Cass. 6714/2010), o dell'adozione del criterio di riparto provvisorio in assenza delle tabelle millesimali (v. ad es. Cass. 1439/2014).
Quindi, la valutazione se la delibera sia nulla oppure annullabile richiede, caso per caso, la lettura del verbale di assemblea e la conoscenza aggiornata degli orientamenti giurisprudenziali.
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