L’acquirente dell’immobile può usufruire dell’aliquota IVA in misura ridotta, anche se sono state emesse con l’aliquota ordinaria le fatture relative ai pagamenti avvenuti precedentemente alla dichiarazione per i benefici “prima casa”. A chiarirlo la Suprema Corte con l’ordinanza n. 3132, pubblicata lo scorso 8 febbraio.
IL CASO
La vicenda è quella di un soggetto che aveva sottoscritto un contratto preliminare per l'acquisto di un appartamento in ristrutturazione, la cui consegna non sarebbe avvenuta. Le parti , peraltro, nel contratto avevano indicato prezzo di acquisto, senza alcun riferimento all'aliquota IVA da applicare; di qui l’emissione delle fatture in acconto con IVA al 10%, non ricorrendo i presupposti per l’agevolazione prima casa .
Il promissario acquirente conveniva in giudizio il venditore chiedendo, in via riconvenzionale, tra altro, il trasferimento del bene ai sensi dell'art. 2932 c.c.,
Il tribunale di Lucca, con sentenza del 2013, accoglieva la domanda attorea, ritenendo che l'attrice fosse anche debitrice di un saldo del prezzo del contratto preliminare di Euro 9.744,52, ottenuta calcolando l'IVA al 10%, non risultando l'attrice nelle condizioni di poter ottenere i benefici "prima casa".
L’acquirente proponeva appello, lamentando che, erroneamente, l'IVA sul prezzo non era stata calcolata al 4%.
La Corte d'appello di Firenze, con sentenza dell'8/4/2014, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha confermato la statuizione di prime cure, osservando che "l'importo dell'Iva in contestazione è relativo a (pagamenti eseguiti e oggetto di) fatture antecedenti a quella che secondo l'appellante... era stata la prima dichiarazione (memoria ex art. 183...) di voler usufruire dei benefici della prima casa", con la conseguenza che "al momento dell'emissione delle fatture correttamente non era stata applicata l'Iva al 4%", posto che "non si vede come una successiva manifestazione della volontà di A. di voler usufruire dei benefici "prima casa" renda illegittima la pregressa applicazione dell'Iva non al 4%".
Ebbene, il giudizio approda in Cassazione su ricorso dell’acquirente, che lamenta la violazione o la falsa applicazione della clausola contrattuale relativa all'aliquota dell'IVA da applicare al prezzo della compravendita e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26.
IL COMMENTO
Costituisce prassi abbastanza frequente nell'ambito delle compravendite immobiliari il ricorso alla stipula di un contratto preliminare cui si collegano una serie di effetti normalmente scaturenti dal contratto definitivo: in particolare, l'immissione nel godimento del bene a favore del promissario acquirente e la corresponsione di parte del prezzo (o, anche, dell'intero prezzo) a favore del promittente alienante.
Un simile schema - cui si è soliti riferirsi con la formula "contratto preliminare ad effetti anticipati", ovvero "ad esecuzione anticipata" - si rivela particolarmente idoneo a soddisfare due interessi:
- da un lato, l'interesse del promissario acquirente all'immediato utilizzo del bene;
- dall'altro, l'interesse del promittente alienante al conseguimento della somma di denaro prima del trasferimento del diritto di proprietà.
Si produce, così, un avvicendamento tra un primo momento a rilievo obbligatorio, che pone le parti in una situazione economica analoga a quella finale, ed un secondo momento a rilievo attributivo, cui si rimette il compimento dell' operazione .
(...)
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1) Valore del contratto preliminare: la Cassazione a sezioni unite
(...) Le S.U. - intervenute a dirimere il contrasto sorto in giurisprudenza - hanno chiarito che il contratto preliminare ad effetti anticipati non è una figura atipica, perché non è intesa a realizzare una funzione economico-sociale nuova e diversa rispetto a quelle dei singoli contratti tipici che in essa sono confluiti, ma integra una ipotesi di contratti collegati(Cass., SS.UU., 27 marzo 2008, n. 7930). Più precisamente, il collegamento negoziale si realizza tra un contratto preliminare (inteso quale accordo relativo ad un futuro contratto definitivo) e due ulteriori contratti accessori, un comodato (con riferimento alla concessione dell'utilizzazione della res da parte del promittente venditore al promissario acquirente) ed un mutuo gratuito (in relazione alla corresponsione di somme da parte del promissario acquirente al promittente venditore), i quali rispondono ad una propria tipica funzione economico-sociale.
Stando al ragionamento della Suprema Corte, il promissario acquirente viene immesso nella materiale disponibilità della cosa, in esecuzione di un contratto di comodato, il quale di per sé qualifica la situazione giuridica soggettiva del comodatario quale detenzione esercitata nel proprio interesse ma alieno nomine.
In questa prospettiva, il possesso potrebbe essere opposto dal promissario acquirente, solo nei modi previsti dall'art. 1141 c.c., e cioè assumendo e dimostrando un'intervenuta inversio possessionis.(...)
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