Nella sentenza n. 6207 del 26.6.2017 il giudice del lavoro di Milano ha ribadito che il recesso anticipato per mancato superamento del periodo di prova da un contratto a termine non è possibile , in quanto il periodo di prova non è previsto e ha condannato il datore di lavoro a corrispondere le retribuzioni fino al termine del contratto e i danni per mancato guadagno al dipendente che aveva fatto ricorso.
IL CASO
Il ricorrente era stato assunto, con contratto a tempo determinato con scadenza fissata al 03.08.2015, ma riceveva , prima del termine, dall’azienda , missiva che comunicava il recesso dal rapporto di lavoro per mancato superamento del periodo di prova. Tale risoluzione veniva impugnata stragiudizialmente e con missiva del 4 agosto 2015, il ricorrente dopo vari tentativi otteneva la liquidazione di parte delle competenze maturate come da busta.
Ha presentato quindi ricorso in Tribunale chiedendo:
- di accertare e dichiarare l'intercorrenza del rapporto di lavoro subordinato tra il ricorrente e la resistente società con decorrenza, dal 03.06.2015, e previa declaratoria di nullità/inefficacia del patto di prova inserito nel contratto di lavoro,
- di annullare e dichiarare illegittimo il licenziamento del 13 luglio 2015 disponendo la prosecuzione del rapporto di lavoro fino alla scadenza del contratto di lavoro a tempo determinato (3 agosto 2015) ovvero per i residui 17 giorni..
Il giudice del Tribunale ha accolto il ricorso, applicando il principio, già affermato dalla Cassazione, secondo cui: "Il rapporto di lavoro a tempo determinato, al di fuori del recesso per giusta causa di cui all'art. 2119 c.c., può essere risolto anticipatamente non già per un giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'art. 3 della l. 604/1966, ma soltanto in presenza delle ipotesi di risoluzione del contratto previste dagli arti. 1453 e ss. cod. civ.. Ne consegue che, qualora il datore di lavoro proceda ad una riorganizzazione del proprio assetto produttivo, non può avvalersi di tale fatto per risolvere in anticipo un contratto di lavoro a tempo determinato".
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1) Contratto a termine e recesso per giustificato motivo
La questione posta in evidenza in questa sentenza riguarda la compatibilità del recesso per giustificato motivo oggettivo con il rapporto di lavoro a termine.
E' il caso di premettere che non è in discussione il diritto del datore di lavoro di modificare la propria organizzazione anche in vista di una migliore utilizzazione della forza lavoro e di un risparmio delle spese di gestione: l'interrogativo che si pone è se questo diritto possa rendere legittimo un recesso nei confronti del lavoratore assunto a tempo determinato.
Orbene, la disciplina di cui alla l. 604/1966 non si applica, per espressa previsione della stessa, ai rapporti di lavoro a tempo determinato: questo non esclude che, ricorrendo una giusta causa ascrivibile a comportamenti del lavoratore, il datore non possa recedere dal rapporto, in quanto in tale fattispecie trova pur sempre applicazione l’art. 2119 c.c., norma operante al di fuori della disciplina limitativa dei licenziamenti.(...)
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