Codice del Terzo Settore, Impresa Sociale e Cinque per mille sono i tre ambiti di intervento del legislatore per la Riforma del Terzo Settore.
La Riforma dell’impresa sociale è già approvata e in vigore dal 20 luglio, la disciplina del 5 per mille è gia' stata pubblicata in GU il 3 luglio, Il Codice del terzo Settore già approvato dal Consiglio dei Ministri è in dirittura di arrivo.
Circa l’impresa sociale ecco le novità:
1) ampliamento dei campi di attività;
2) introduzione della possibilità di ripartire, seppur in forma limitata, gli utili;
3) misure fiscali agevolative per chi investe nel capitale sociale delle imprese sociali e defiscalizzazione degli utili reinvestiti.
Ma vediamo nel dettaglio
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1) Terzo settore: le novità per le imprese sociali
Con il Decreto legislativo del 03 luglio 2017 n. 112, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 167 del 19 luglio 2017 e in revisione della disciplina delle imprese sociali ex art. 2, comma 2, lett. c) della Legge n. 106/2016, il Governo ha realizzato il riordino della normativa in materia di enti del Terzo settore, introducendo nuove e più specifiche indicazioni sul tema.
In prima battuta, è opportuno segnalare che il presente decreto, ai sensi dell’art. 19, abroga il previgente D.lgs. n. 155/2006 che aveva introdotto nel nostro ordinamento il concetto di impresa sociale, tuttavia senza intaccare il perimetro normativo sviluppatosi, negli ultimi anni, attorno alla normativa base.
Obiettivo del decreto è quello di migliorare la disciplina dell’impresa sociale, definendo accuratamente quali siano i soggetti idonei e i parametri necessari che questi ultimi dovranno rispettare, per conseguire una tale qualifica. Oltremodo rilevante, appare il ridimensionamento ex art.18 della leva fiscale, mediante introduzione di un regime fiscale agevolato.
2) Chi puo' assumere la qualifica di impresa sociale
In conformità alla logica che ha guidato il legislatore, una corretta analisi del testo del D.lgs. n.112/2017 richiede una dettagliata qualificazione del concetto di “impresa sociale”.
Nei primi due articoli del testo, il legislatore individua in modo puntuale i criteri in funzione dei quali una data realtà organizzata e strutturata, possa acquisire la qualifica di “impresa sociale”.
In particolare, saranno qualificabili come tali:
- gli enti privati, compresi quelli costituiti secondo le prescrizioni di cui al libro V del codice civile, che esercitino in via stabile e principale un’attività d'impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, in modo responsabile e trasparente, favorendo il coinvolgimento dei lavoratori e altri soggetti interessati all’attività svolta;
- enti religiosi civilmente riconosciuti, che svolgano le attività di cui al presente decreto ex art. 2, qualificabili quali “attività d'impresa di interesse generale”. Ma questo non è l’unico parametro che gli enti religiosi dovranno detenere per assumere la qualifica di impresa sociale; infatti agli enti suddetti è anche richiesta l’adozione di un regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata e la costituzione di un patrimonio destinato;
- le cooperative sociali e i loro consorzi;
I soggetti di cui sopra, ai sensi della nuova normativa, dovranno svolgere in via principale (nel senso che l’attività svolta dovrà generare ricavi superiori al 70% dei ricavi complessivi) attività di interesse sociale e dunque volte al perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
3) Ecco le attività che qualificano l'impresa sociale
Posti questi elementi, è possibile estrapolare le condizioni operative rilevanti ai fini del riconoscimento della qualifica di impresa sociale ex art. 2.
Secondo il testo della norma, sono da considerarsi attività con finalità civilistiche, solidaristiche e di utilità sociale, quelle attività aventi ad oggetto:
- interventi e servizi sociali volti a promuovere e garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza; volti a prevenire, eliminare o ridurre le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, connesse all’inadeguatezza del reddito e condizioni di non autonomia, fatta eccezione per quelle difficoltà che trovano una normale risoluzione nel sistema previdenziale, sanitario e giudiziario;
- interventi e prestazioni sanitarie;
- servizi strumentali alle imprese sociali o ad altri enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non inferiore al 70% da imprese sociali o da altri enti del Terzo settore;
- attività commerciali, produttive, di educazione e informazione, di promozione, di rappresentanza, di concessione in licenza di marchi e di certificazione, svolte nell'ambito o a favore di filiere del commercio equo e solidale cioè intrattenute con un produttore operante in un'area economica svantaggiata sita in un Paese in via di sviluppo, sulla base di un accordo di lunga durata atto a promuovere l'accesso del produttore al mercato, che preveda il pagamento di un prezzo equo e misure di sviluppo in favore dei lavoratori;
- microcredito;
- interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell'ambiente, all'utilizzazione delle risorse naturali (escluse le attività svolte in forma abituale volte alla raccolta e riciclaggio), alla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, del paesaggio, di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata;
- formazione extra-scolastica, universitaria e post-universitaria;
- ricerca scientifica;
- educazione, istruzione e formazione professionale;
- attività culturali di interesse sociale con finalità educativa;
- organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche, ricreative, turistiche, culturali, religiose e sportive dilettantistiche;
- editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato;
- radiodiffusione sonora a carattere comunitario;
- servizi finalizzati all'inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro;
- attività sociali di carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi;
- accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti;
- agricoltura sociale;
4) Lavoratori svantaggiati o con disabilità nell'organigramma delle imprese sociali
Le esigenze di riordino della materia, hanno indotto il Governo ad impegnarsi nella predisposizione di un testo normativo che attenesse ad ogni aspetto della vita dell’impresa sociale, a partire dalla fase costitutiva, sino a disciplinare l’eventuale sottoposizione dell’impresa stessa, ad operazioni straordinarie o procedure concorsuali.
Sono quindi regolati sia aspetti interni impresa sociale, sia aspetti (esterni) che vedono l’impresa in esame interagire con la realtà circostante.
Quanto agli aspetti interni il D.Lgs., oltre a regolare questioni inerenti alla distribuzione degli utili netti annuali (destinabili in una quota non superiore al 30%, al netto di spese e perdite, a fondi istituiti da enti, associazioni riconosciute e attività di promozione e sviluppo sociale promosse dalla Fondazione Italiana Sociale), si occupa di disciplinare anche alcuni degli aspetti fondamentali legati al rapporto di lavoro.
In particolare, dal combinato disposto degli artt. 2 comma 4, 11, 13, si evince che, affinché le imprese sociali siano qualificate come tali sarà necessario che esse impieghino, per una quota almeno pari al 30% della totalità della propria compagine lavorativa, soggetti molto svantaggiati o con disabilità, persone beneficiarie di protezione internazionale e persone senza fissa dimora; tutti in possesso di apposita documentazione attestante la situazione di svantaggio. Sempre con riferimento alla tutela dei lavoratori, il D.Lgs. conclude fornendo indicazioni in ordine alla commisurazione della retribuzione spettante ai lavoratori impiegati e alla necessaria predisposizione, già nello statuto, di un programma di coinvolgimento di lavoratori e soggetti terzi, nelle decisioni dell'impresa stessa, specie in quelle riguardanti condizioni di lavoro e qualità di beni e servizi.
5) I vantaggi fiscali per l'impresa sociale e per gli investitori PF o società
Quanto alla regolamentazione dei possibili rilievi esterni, oltre agli oneri di tenuta di scritture contabili e pubblicazione del bilancio sociale, la novità più significativa attiene al profilo fiscale.
In particolare, nell’ottica di agevolare il lavoro e lo sviluppo di attività dotate dei caratteri della solidarietà e dell’utilità sociale e civile, il Governo ha optato per un regime fiscale agevolato che consente la riduzione dell’aggravio della leva fiscale, tanto per le imprese sociali stesse, quanto per coloro che interagiscano con esse, finanziandole e sostenendole.
In particolare, secondo quanto disposto dall’art. 18, per favorire direttamente le imprese sociali, ai fini delle imposte dirette, è prevista la detassazione degli utili o degli avanzi di gestione che incrementino le riserve indivisibili dell’impresa in sospensione d’imposta, effettivamente destinati allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio entro il secondo periodo di imposta successivo a quello in cui sono stati conseguiti.
Il vantaggio si riflette anche sugli utili e sugli o gli avanzi di gestione, destinati, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, lettera a), all’aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci, nei limiti delle variazioni dell'indice nazionale generale annuo dei prezzi relativi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall’ISTAT.
Restano invece imponibili, per le imprese sociali costituite nelle forme di cui al libro V del codice civile, salvo quanto previsto dal comma 2 ex art. 18, gli utili e gli avanzi di gestione destinati, per una quota non superiore del 50% degli utili e avanzi di gestione annuali, all’aumento gratuito del capitale sociale ovvero alla distribuzione di dividendi ai soci, in una misura che non dovrà essere superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato (art. 3, comma 3, lettera a) e lettera b));
Quanto invece ai vantaggi fiscali riconosciuti dal D.L.gs. a soggetti esterni che interagiscono con l’impresa sociale sostenendola economicamente, l’art. 18, in attuazione di quella volontà di chiarificazione e semplificazione della materia che traspare dalla lettura del testo del decreto, dedica i commi 3 e 4 alle persone fisiche e ai soggetti IRES.
In particolare, è riconosciuta una detrazione dall'imposta lorda sul reddito pari al 30% della somma investita, alle persone fisiche che abbiano investito un importo massimo di € 1.000.000, per ciascun periodo d’imposta, nel capitale sociale di una o più società, che abbiano acquisito la qualifica di “impresa sociale” successivamente alla data di entrata in vigore del decreto e siano costituite da non più di trentasei mesi dalla medesima data. Tuttavia, occorre precisare che il legislatore pone un limite in ordine all’accesso a suddetta detrazione, consistente nella circostanza per cui l’investimento stesso dovrà essere mantenuto per un periodo minimo di tre anni. Ne consegue che l'eventuale cessione, anche parziale, di quest’ultimo prima del decorso di tale termine, comporterà la decadenza dal beneficio e l'obbligo per il contribuente di restituire l'importo detratto, unitamente agli interessi legali.
Quanto ai soggetti IRES, che abbiano investito, un importo massimo di € 1.800.000 per ciascun periodo d’imposta, alle stesse condizioni sopra indicate per le persone fisiche, non concorrerà alla formazione del reddito, il 30% della somma investita; con la precisazione che, sull'imposta non versata per effetto della deduzione non spettante sono dovuti gli interessi legali.
Le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 si applicheranno anche agli atti di dotazione e ai contributi di qualsiasi natura, posti in essere successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, in favore di fondazioni che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale successivamente alla medesima data e siano costituite da non più di trentasei mesi dalla stessa.