https://www.fiscoetasse.com/BusinessCenter/scheda/34039-lassegno-divorzile-profili-fiscali.htmlLa Corte di Cassazione con sent. n. 11504 del 10 maggio 2017 ha scardinato i consolidati criteri di riferimento per le attribuzioni patrimoniali tra coniugi in fase di divorzio.
L’esclusivo parametro per il giudizio adeguatezza o inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio o dell’impossibilità oggettiva di procurarseli non sarà più individuato nel tenore di vita avuto in costanza di matrimonio, ma dovrà essere quello dell’indipendenza economica del richiedente.
In fase di prima valutazione degli effetti che ne scaturiranno non può non rilevarsi come tale pronuncia, se costituisce una vera rivoluzione non solo per i procedimenti in fase di perfezionamento ma probabilmente anche per quelli già definiti, d’altra parte necessiterà di ulteriori chiarimenti in merito al concetto di indipendenza economica.
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1) Il Tenore di vita non è piu il riferimento per l'assegno di divorzio
Spesso nell’ ambito della pianificazione patrimoniale con funzione di asset protection, non è raro che una certo tipologia di clienti, gli high net worth individuals - persone che possiedono un alto patrimonio - ( ma ritengo anche tra fasce sociali più comunemente medio-alte), richiedano di porre in essere, mediante istituti giuridici e/o strumenti finanziari, operazioni patrimoniali che salvaguardino il proprio patrimonio personale da eventuali crisi coniugali, a fortiori quando lo squilibrio patrimoniale tra i due coniugi è molto rilevante.
Il punto dolente in un procedimento di divorzio per il coniuge economicamente più forte è (rectius era) l’aspettativa del necessario depauperamento del proprio patrimonio personale per dover contribuire a mantenere inalterato il tenore di vita che l’ex coniuge godeva in costanza di matrimonio.
Tenga presente il lettore che lo scioglimento del matrimonio a seguito di sentenza di divorzio oltre a produrre effetti sul lato personale dei due ex coniugi, incide notevolmente anche sul piano patrimoniale e segnatamente mi riferisco ad una serie di attribuzioni patrimoniali al coniuge divorziato come il diritto all’assegno divorzile, il diritto di abitazione nella casa familiare, il diritto di ottenere prestazioni previdenziali o anche in ambito successorio (assegno successorio).
Il concetto risalente nel tempo del “tenore di vita” in costanza di matrimonio a cui poteva richiamarsi il coniuge richiedente l’assegno divorzile per godere di attribuzioni patrimoniali, in realtà appariva ormai alquanto irragionevole rispetto ad una realtà dei futuri divorziati che matematicamente diveniva più onerosa economicamente e pertanto mal si sposava con quella precedente alla crisi familiare.
Ebbene la sentenza della Corte di Cassazione I sez. del 10 maggio 2017 n.11504 ha rivoluzionato i criteri di quantificazione dell’assegno divorzile dovuto a favore dell’ex coniuge, certificando con tale pronuncia il superamento di un criterio di quantificazione frutto di un principio interpretativo consolidatosi in un arco temporale di circa tre decenni (Cfr. C. Cass. sez. unite, n.11490/1990).
La pronuncia della prima sezione del giudice di legittimità segna un revirement epocale i cui effetti molto probabilmente incideranno non solo sui procedimenti in corso, ma anche sui vecchi accordi patrimoniali definiti secondo i criteri dell’assegno di divorzio parametrati al “tenore di vita” a beneficio del coniuge economicamente più debole.
In estrema sintesi, posto che non è questa la sede per approfondire il tema, la Corte di Cassazione con la sentenza n.11504/2017 rivisita il campo di applicazione del comma 5 art. 6 della legge n.898/1970.
Tale articolo, premesso che stabilisce tra l’altro che il coniuge più debole deve ricevere un assegno quando non ha mezzi adeguati e non può procurarseli per ragioni oggettive, può essere suddiviso in due fasi:
1) il diritto a percepire l’assegno di divorzio (fase dell’an debeatur) e “solo all’esito positivo di tale prima fase
2) “la determinazione quantitativa dell’assegno ( fase del quantum debeatur).
Come già detto, l’orientamento interpretativo giurisprudenziale consolidato sino alla pronuncia de qua attribuiva concretezza al concetto “mezzi adeguati” agganciandolo al parametro “tenore di vita” goduto incostanza di matrimonio, da parte del coniuge economicamente debole.
Tuttavia secondo il giudice di legittimità le mutate condizioni socio-culturali hanno imposto un radicale cambio di rotta rispetto alla pronuncia delle Sezioni Unite del 1990, che già si poneva comunque il problema di contemperare l’esigenza “di superare la concezione patrimonialistica del matrimonio intesa come <sistemazione definitiva>”, con l’esigenza di non turbare un costume sociale ancorato pur sempre ad una visione di matrimonio ante riforma.
Il mutamento sociale di quest’ultimo trentennio incide ormai profondamente anche sul concetto dell’istituto del matrimonio inteso come “atto di libertà ed autoresponsabilità” dissolubile oggi anche mediante una semplice dichiarazione delle parti all’ufficiale dello stato civile (Cfr. art. 12 D.L. n.132/2014 conv, con modif. dalla L. n.162/2014).
Dunque se prima della citata sentenza della Corte di Cassazione in seguito al divorzio, all’ex coniuge economicamente più debole era garantito comunque la conservazione dello stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, dando ancora rilevanza al defunto matrimonio ed ai suoi effetti anche patrimoniali piuttosto che alla nuova fase di persone singole ( una sorta di ultrattività del matrimonio pur se con riferimento alle sole attribuzione patrimoniali), oggi si può affermare che il tenore di vita goduto dai coniugi durante il matrimonio non può più costituire il criterio di riferimento per percepire l’assegno di divorzio, posto che un matrimonio dissolto non può ancora esercitare i suoi effetti nella vita dei due ex coniugi tornati persone singole .
In definitiva, stante la interpretazione letterale proposta dalla Corte di Cassazione dell’art. 5 comma 6 della L. n. 898/1970, modificato dall'art. 10 l. 6 Marzo 1987 n. 74, informata sul principio “dell’autoresponsabilità economica” di ciascuno degli ex coniugi, il diritto a percepire l’assegno di divorzio ( an debeatur) richiesto all’ex coniuge è vincolato al rispetto del soddisfacimento di due condizioni da parte del richiedente:
1) mancanza di mezzi adeguati;
2) o comunque impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, con esclusivo riferimento all’indipendenza o autosufficienza.
Sarà onere del richiedente provare il soddisfacimento di tali condizioni, mentre diversi saranno gli indici rilevatori dell’impossibilità a godere di tale diritto; in altri termini l’indipendenza o autosufficienza economica del richiedente potrà essere desunta da indici come:
- il possesso di redditi di qualunque specie,
- o cespiti patrimoniali mobiliari o immobiliari
- o le possibilità effettive di lavoro personale in base a salute, età, e condizioni del mercato del lavoro dipendente o autonomo;
- la stabile disponibilità di una casa di abitazione.
Terminata questa prima fase di indagine ( riconoscimento del diritto a percepire l’assegno di divorzio), la fase della determinazione del quantum debeatur dell’assegno, informata al concetto costituzionalmente orientato della solidarietà economica dell’ex coniuge obbligato alla prestazione dell’assegno verso il coniuge economicamente più debole ( artt. 2 e 23 Cost.), dovrà tener presente invece delle condizioni normative previsti sempre dall’art. 5 comma 6 della L. n. 898/1970 ( e.g., condizioni dei coniugi…del contributo personale ed economico dato da ciascuno… e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio).
Va rilevato in conclusione come l’importantissima sentenza de qua, se da un lato, condivisibilmente, pone fine ad un orientamento interpretativo giurisprudenziale anacronistico ed irragionevole con la realtà economica di una famiglia in crisi, dall’altro necessiterà di consolidamento interpretativo e segnatamente con riferimento al concetto di indipendenza economica del richiedente l’assegno divorzile (a tal proposito si segnala lo sforzo ermeneutico posto in essere dal tribunale di Milano che adeguandosi alla sentenza della Corte di Cassazione n. 11504/2017 tenta di individuare concretamente gli elementi caratterizzanti tale concetto, Cfr. Trib. Milano, sez IX civ. ord. 22/05/2017).
Infine vale la pena ricordare come la stessa Corte di Cassazione nei giorni immediatamente successivi alla sentenza n.11504 del 10 maggio 2017, continui invece ad applicare il criterio del “tenore di vita” nei procedimenti di separazione, sostenendo la tesi della diversa funzione della separazione rispetto al divorzio e delle autonome discipline. In estrema sintesi la separazione “presuppone la permanenza del vincolo coniugale” con il conseguente dovere di assistenza materiale “nel quale si attualizza l’assegno di mantenimento” e non presenta alcun aspetto di incompatibilità “con la situazione, anche temporanea, di separazione” ( Cfr. Corte di Cassazione I^ sez. del 16/05/2017 n. 11196)
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