In ipotesi d’integrale soccombenza del fisco, non si giustifica la compensazione delle spese del giudizio, salvo che la Commissione non motivi con “gravi ed eccezionali ragioni”. Questo il principio di diritto che emerge dall’ Ordinanza, n. 9605 del 13 aprile 2017
IL CASO
La controversia originava dall’impugnazione di un avviso di accertamento con il quale il Fisco aveva rideterminato, in via sintetica, il reddito di una contribuente per l’anno d’imposta 2007.
La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, riformando la sentenza di prime cure, confermativa del recupero a tassazione, affermava che, in tema di “redditometro”, la prova contraria, al fine di superare la presunzione di insufficienza del reddito dichiarato rispetto alle spese sostenute, “riguarda la sola disponibilità del reddito e non anche la dimostrazione del suo impiego” e che la contribuente aveva dimostrato di possedere rediti sufficienti accumulati nel tempo, per sostenere insieme al marito le spese per il mantenimento loro e dei beni posseduti. I giudici di appello, pertanto, hanno dichiarato illegittimo l’accertamento e compensato integralmente tra le parti le spese del giudizio.
Il giudizio approda in cassazione su ricorso dell’Ufficio , avendo la C.T.R. ritenuto irrilevante la destinazione e l'impiego dei redditi posseduti, ai fini del superamento, da parte del contribuente, della presunzione di cui dell'art. 38, al comma 4. Il contribuente, di contro, in via incidentale si duole della statuizione in ordine alla compensazione delle spese di lite, sulla base di "validi motivi", malgrado l'integrale soccombenza dell'Amministrazione finanziaria.(...)
La Corte ha rigettato il ricorso e per l’effetto ha cassato la sentenza impugnata; in particolare, i giudici hanno condiviso l’assunto del contribuente in punto di statuizione sulle spese.
Secondo la testuale previsione del D.Lgs. n. 546 dei 1992, art. 15, comma 1, ricorda la Corte, la commissione tributaria può dichiarare compensate le spese processuali in tutto o in parte a norma dell'art. 92 c.p.c. , comma 2, norma quest'ultima emendata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, applicabile alla fattispecie per essere il giudizio di primo grado iniziato dopo il 4/07/2009.(...)
IL COMMENTO
1. REGOLAMENTAZIONE E LIQUIDAZIONE DELLE SPESE NEL GIUDIZIO TRIBUTARIO
La revisione del processo tributario, attuata con il D.Lgs. n. 156/2015, ha modificato, tra l’altro, il principio della soccombenza, con la possibilità di compensare le spese di lite soltanto in caso di soccombenza reciproca ovvero per gravi ed eccezionali ragioni; norma che si discosta dalla novellata disposizione del Codice di procedura civile, che richiama invece la novità delle questioni trattate ovvero il mutamento della giurisprudenza su questioni dirimenti.
La Legge delega conteneva un richiamo alla puntuale applicazione del principio della soccombenza. È noto che dopo la mini riforma del Codice di procedura civile, il giudice poteva disporre la compensazione delle spese soltanto in casi eccezionali, indicandone le specifiche ragioni in sentenza(in tal senso l'art. 92, comma 2, del c.p.c., nella formulazione novellata dall'art. 45, comma 11, della Legge 18 giugno 2009, applicabile con decorrenza dal 4 luglio 2009) senza potere utilizzare formule di stile per giustificare la compensazione delle spese.
Il rimodulato art. 15 del D.Lgs. n. 546/1992, al comma 2, elimina il rinvio al Codice di procedura civile di cui alla precedente formulazione e disciplina espressamente la possibilità di compensazione delle spese nei casi di "soccombenza reciproca" ovvero "nel caso di gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate", ritornando ad una previsione ormai superata.
È noto infatti che l'art. 92 del c.p.c., così come modificato dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla Legge 10 novembre 2014, n. 162, prevede la possibilità di compensazione delle spese, totale o parziale, solo se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti; non c'è più, quindi, il riferimento alle gravi ed eccezionali ragioni.
La formulazione prevista dal legislatore tributario rimane, invece, ancorata al recente passato, derogando alle disposizioni generali del Codice di procedura civile. È facile comprendere come rimane del tutto discrezionale la valutazione delle "gravi ed eccezionali ragioni" che possono consentire al giudice la compensazione delle spese, circostanza che in ogni caso deve essere argomentata adeguatamente. Di converso, viene espressamente introdotta la possibilità di richiesta di risarcimento del danno nel caso di malafede o colpa grave nonché l'applicazione del principio della soccombenza anche nella fase cautelare.
Le spese di giudizio comprendono, oltre al contributo unificato, gli onorari e i diritti del difensore, le spese generali e gli esborsi sostenuti, oltre il contributo previdenziale e l'IVA, se dovuti.
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