In tema di licenziamento per insubordinazione del lavoratore la Cassazione è intervenuta con la sentenza n. 23656 del 21 novembre 2016 rigettando la richiesta di un lavoratore licenziato a seguito di una prolungata inadempienza a un ordine dell'azienda. In particolare il lavoratore aveva omesso di fornire la documentazione necessaria per il suo passaggio ad un nuova sede senza però una contestazione aperta e formale dell'ordine . Per gli Ermellini anche questo aspetto, ossia il riconoscimento della sussistenza degli elementi idonei ad esprimere la contestazione dei poteri datoriali, non è sindacabile in sede di legittimità ed è quindi riservata all'apprezzamento del giudice di merito .
IL CASO
La Corte d'appello aveva confermato la decisione del giudice di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta dal lavoratore che chiedeva l'accertamento della illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato ail 27 ottobre 2010.
Il licenziamento era sopraggiunto all'esito di procedimento disciplinare con il quale era stato addebitato al lavoratore di non aver ottemperato alle reiterate richieste di produrre i documenti necessari alla pratica per il suo trasferimento.
La Corte territoriale, infatti, ha ritenuto:
a) legittimo il trasferimento, in quanto motivato da esigenze organizzative ed integrante una misura gestionale conservativa alternativa alla mobilità,
b) che il comportamento del lavoratore non poteva trovare giustificazione nell'art. 1460 c.c., né nella necessità di reagire a un esercizio abusivo del potere datoriale;
c) che il rifiuto di eseguire una disposizione aziendale preliminare al trasferimento, al fine di impedire l'adozione del relativo provvedimento, senza formulare alcuna formale contestazione riguardo al trasferimento medesimo, integrava comportamento contrario ai principi di correttezza e buona fede e configurava atto di insubordinazione. Quanto al difetto di proporzionalità, pure dedotto, rilevò che la condotta intenzionale e protratta di rifiuto ad adempiere una legittima richiesta del datore di lavoro tenuta dal lavoratore, indirizzata a impedire l'attuazione di un provvedimento datoriale, era riconducibile alla insubordinazione ed idonea a integrare la giusta causa di recesso.
Il lavoratore ricorreva per cassazione sulla base di due motivi:
1) il lavoratore deduce che la Corte avrebbe omesso di rilevare la carenza di allegazione e di prova da parte dell’azienda in merito alla circostanza che il decreto prefettizio fosse condizione necessaria ai fini del trasferimento e che la documentazione richiesta fosse realmente indispensabile perché potesse perfezionarsi la relativa procedura;
2) il lavoratore denuncia erronea interpretazione dell'art. 140 CCNL istituti di vigilanza privata, in quanto ritiene che vi sia stato un difetto di proporzionalità della sanzione del licenziamento rispetto all'inadempimento contestato.
I giudici della Cassazione hanno rigettato il ricorso, affermando che:
d) la prima censura è infondata, in quanto il ricorrente non ha allegato il ricorso introduttivo, sì da poter evincere che le questioni suindicate, dedotte in sede di legittimità, fossero parte del thema decidendum. In ogni caso va evidenziato che le stesse questioni sono irrilevanti in relazione alla formulazione dell'addebito, che è quello di aver reiteratamente e volontariamente ignorato una disposizione aziendale, specificamente consistente nella produzione della documentazione richiesta dal datore di lavoro, a prescindere dalla rilevanza della documentazione stessa ai fini della pratica di trasferimento;
e) la seconda censura è infondata, in quanto a norma dell'art. 116 cod. proc. civ. rientra nel potere discrezionale del giudice del merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare all'uopo le prove, controllarne l' attendibilità e la concludenza e scegliere, fra le varie risultanze istruttorie, quelle ritenute idonee e rilevanti. (..)
Tanto è avvenuto in concreto nel caso in esame, posto che nella sentenza impugnata si dà rilievo primario e assorbente alla contrarietà ai principi di correttezza e buona fede del comportamento tenuto dal ricorrente, il quale, si evidenzia, piuttosto che impugnare il provvedimento di trasferimento nei modi legittimi, assumendosene la responsabilità, è rimasto intenzionalmente inadempiente ad una disposizione aziendale, solo preliminare al programmato e preannunciato trasferimento, al fine di impedire l'adozione del relativo provvedimento. (..)
La gravità della condotta evidenziata fa ritenere irrilevanti gli elementi istruttori di cui si afferma sia stata omessa la considerazione, anche con riferimento al profilo attinente alla proporzionalità della sanzione.
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