Con la sentenza n. 8059 del 21.4.2016, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno stabilito che il compenso percepito per prestazioni professionali svolte nell'esercizio di impresa, arti e professioni è imponibile ai fini IVA anche se incassato dopo la cessazione dell’attività.
Il concetto cui è ispirata la sentenza è, semplificando, che il regime impositivo cui è assoggettata la prestazione è determinato al momento in cui materialmente si fa la prestazione, indipendentemente dalla soggettività passiva Iva del percipiente al momento dell’incasso.
In questo approfondimento trattiamo il caso e le motivazioni della decisione delle Sezioni Unite.
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1) Il contenzioso con l’Agenzia per l’IVA sui compensi percepiti dopo la cessazione dell’attività
- La sentenza nasce dal contenzioso instaurato tra l’Agenzia delle Entrate e un professionista. Quest’ultimo aveva cessato l’attività professionale nel 1997 con dismissione della partita Iva, pur avendo ancora rapporti pendenti da incassare per prestazioni svolte nell’esercizio di impresa. Tali compensi venivano percepiti nel 2002.
- Secondo l'Agenzia delle Entrate →le somme incassate dal professionista, dovevano essere assoggettate a Iva
- per il professionista→ le somme incassate dovevano essere dichiarate come redditi diversi e l'imposta non era dovuta data la precedente chiusura della partita Iva.
- Sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Commissione Tributaria Regionale della Campania diedero ragione al contribuente annullando l'atto impositivo. La motivazione sottostante tale decisione era la non assoggettabilità ad IVA in quanto al momento della riscossione non esisteva il presupposto soggettivo dell'imposta cioè la qualifica di professionista.
- L’Agenzia delle Entrate proponeva appello avverso tale sentenza motivando che la cessazione dell’attività professionale coincide con l'estinzione di tutti i rapporti giuridici e la dismissione dei beni strumentali e non con il termine delle prestazioni, come chiarito anche dalla Risoluzione 232/E del 2009 . Nella Risoluzione si ribadiva che
- a) "nella normalità dei casi l'attività di un professionista cessa quando lo stesso, astenendosi dal porre in essere ulteriori prestazioni, provveda ad un complesso di operazioni tese alla definizione di tutti i rapporti giuridici pendenti, compreso l'incasso dei crediti maturati e rimasti insoluti".
- b) "Tuttavia qualora l'istante volesse chiudere la partita iva senza attendere l'esito del procedimento pendente, dovrà procedere al previo versamento dell'imposta indicata in fattura."
pertanto l'attività del professionista non si può considerare cessata ai fini Iva, fino alla definizione di tutti i rapporti giuridici pendenti, in qunto non è rilevante quando il lavoratore termina l'esecuzione di tutte le prestazioni, ma quando chiude i rapporti professionali.
4. La sezione tributaria della Cassazione rimanda ad ordinanza interlocutoria n. 24432 del 2014 alle Sezioni Unite.
2) La soluzione della Cassazione per i compensi per prestazioni di servizi percepiti dopo la cessazione dell’attività
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 8059 del 2016 hanno confermato che il compenso di prestazione professionale è imponibile a fini IVA, anche se percepito successivamente alla cessazione dell'attività nel cui ambito la prestazione è stata effettuata.
Occorre considerare che questa soluzione, parte dal principio per cui il codice dell’Iva nazionale deve essere in linea con la normativa Europea, che distingue tre momenti per l’imposta:
- Il fatto generatore che fa sorgere l’obbligazione tributaria
- L’esigibilità dell’imposta da parte dell’Erario
- L’incasso del corrispettivo.
In particolare sia la Sesta direttiva IVA n. 77/388/CEE (art 10, commi 1 e 2) sia l'attuale direttiva IVA n. 2006/112/CE (art. 62, 63 e 66) sottolineano che il fatto generatore dell'imposta c’è al momento in cui effettua la cessione/ prestazione. Quello è il momento in cui si determina di regola l’esigibilità dell’imposta, non il momento in cui si percepisce il corrispettivo a livello comunitario, benchè a livello nazionale l'art. 6 del DPR 633/72 disponga che:le prestazioni di servizi, in assenza di anteriore fattura, "si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo". Infatti la sentenza 8059 delle Sezioni Unite al punto 3.2 recita: "La lettura dell'art. 6, comma 3, d.p.r. 633/1972, nel senso che, per le prestazioni di servizio, il presupposto oggettivo dell'imponibilità a fini iva si verifica di regola, non con l'esecuzione della prestazione, ma con il successivo pagamento totale o parziale del corrispettivo correlativamente pattuito si rivela, invero, in evidente, inammissibile, contrasto con la disciplina comunitaria dell'iva, di cui il d.p.r. 633/1972 costituisce trasposizione." Al punto 3.3.2 della sentenza 8059 delle Sezioni Unite del 21 aprile 2016, viene ribadito che: "l'ordinamento comunitario conferisce agli Stati membri la facoltà di derogare alla disciplina comunitaria con riguardo alle condizioni di esigibilità dell'iva, ma non anche in merito all'identificazione del fatto generatore
dell'imposta."
Quindi i compensi per prestazioni da attività imprenditoriale o professionale, percepiti dopo la cessazione dell'attività, sono assoggettati ad IVA, in linea con il principio della neutralità fiscale IVA. Infatti il professionista durante la sua attività ha normalmente detratto l’iva sugli acquisti inerenti il rapporto ancora pendente, allo stesso modo vanno assoggettati ad iva i compensi percepiti.
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3) La soluzione della Cassazione sui compensi per cessioni di beni percepiti dopo la cessazione dell’attività
La sentenza 8059 del 2016 chiarisce un aspetto interessante sul trattamento da riservare ai fini alle cessioni di beni successive alla cessazione dell'attività di beni prodotti nel corso dell'attività stessa. In particolare al punto 4.2.3 si legge: " la soluzione prescelta si pone in contraddizione solo del tutto apparente con la giurisprudenza di questa Corte (sent. 6198/96 e 8145/96), secondo cui la cessione di un bene, posta in essere da un imprenditore successivamente alla cessazione dell'attività d'impresa, esula dall'imposizione iva ed è soggetta all'ordinaria tassazione proporzionale di registro di cui all'art. 38 d.p.r. 634/72, anche se si tratti di bene prodotto nell'ambito della pregressa attività o comunque da essa derivato. Deve, invero, considerarsi che - differentemente da quanto avviene per le prestazioni di servizi - in relazione alle cessioni di beni di cui alle decisioni in rassegna, la cessazione dell'attività determina il contestuale compiuto esaurimento del ciclo
dell'imposizione iva, in forza dell'obbligatoria applicazione della regola del cd. "autoconsumo", estesa
dalla previsione dell'art. 2, coma 2 n. 5, d.p.r. 633/1972 (in combinato con quella di cui al successivo
1' art. 35, coma 4) all'ipotesi di cessazione dell'attività; sicché, in merito alle cessioni successive, resta spazio solo per l'applicazione di altre forme di fiscalità.".
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5) Riferimenti normativi
Art.10 comma 1 e 2 Direttiva 77/388/CEE:
1. Si considera
- fatto generatore dell’imposta il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l’esigibilità dell’imposta;
- esigibilità dell’imposta il diritto che l’erario può far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore, per il pagamento dell’imposta, anche se il pagamento può essere differito.
2. Il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile all’atto della cessione di beni o della prestazione di servizi. Le cessioni di beni diverse da quelle di cui all’articolo 5, paragrafo 4, lettera b), e le prestazioni di servizi che comportano successivi versamenti di acconti o pagamenti, si considerano effettuate all’atto della scadenza dei periodi cui si riferiscono tali acconti o pagamenti. Gli Stati membri possono stabilire che in taluni casi le cessioni di beni e le prestazioni di servizi continue nell'arco di un periodo di tempo si considerano effettuate almeno con frequenza annua.Tuttavia, nel caso di pagamento di acconti anteriore alla cessione o alla prestazione di servizi, l’imposta diventa esigibile all’atto dell’incasso, a concorrenza dell’importo incassato.In deroga alle precedenti disposizioni, gli Stati membri possono stabilire che, per talune operazioni o per talune categorie di soggetti passivi, l’imposta diventi esigibile:
- non oltre la data di emissione della fattura o del documento che ne fa le veci,
- al più tardi al momento dell’incasso del prezzo, ovvero
- in caso di mancata o tardiva emissione della fattura o del documento che ne fa le veci, entro un periodo determinato a decorrere dalla data in cui ha luogo il fatto generatore dell’imposta.
Art. 62: Direttiva 2006/112/CEE: Ai fini della presente direttiva si intende per:
1) «fatto generatore dell'imposta» il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l'esigibilità dell'imposta;
2) «esigibilità dell'imposta» il diritto che l'Erario può far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore per il pagamento dell'imposta, anche se il pagamento può essere differito.
Art 63 Direttiva 2006/112/CEE: Il fatto generatore dell'imposta si verifica e l'imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi.