Sovente, nei casi di necessità di riduzione del personale, i datori di lavoro cercano di raggiungere un accordo con il lavoratore. Lo scopo è far recedere quest’ultimo dal rapporto di lavoro, favorendo le dimissioni dietro la corresponsione di un incentivo economico. Tale incentivo è denominato “incentivo all’esodo”.
Una particolare tipologia di esodo incentivato è prevista dalla Legge n. 92/2012, c.d. Legge Fornero Art. 4 commi da 1 a 7 ter. È bene chiarire, però, che al fine di rendere il prepensionamento valido e allettante non solo per le aziende, ma anche per i dipendenti, può accadere che i datori di lavoro vedano come necessario fornire un ulteriore incentivo, ovvero una somma in aggiunta al trattamento che il lavoratore riceverà dall’Istituto.
Di seguito analizzeremo brevemente la prassi amministrativa, gli aspetti previdenziali e fiscali connessi a questa tipologia di indennità.
L'articolo continua dopo la pubblicità
Segui il Dossier sulle Pensioni per restare aggiornato su tutte le novità
tratto da " Incentivo all’esodo: trattamento previdenziale e fiscale" ne LA CIRCOLARE DEL LAVORO n. 15 del 15.4.2016"
SCOPRI LA CONVENIENZA DELL'ABBONAMENTO
1) 1. La prassi amministrativa
La normativa italiana non fissa i criteri attraverso i quali il datore di lavoro deve formulare l’offerta di risoluzione al lavoratore . Trattandosi di offerte individuali, non esiste alcun obbligo del datore di corrispondere somme uguali per posizioni equivalenti. La trattativa è lasciata alla libertà delle parti.
L’unico vincolo è dettato dall’adesione scritta del dipendente alla proposta formulata dall’azienda. È prassi che l’atto contenga la rinuncia del dipendente ad impugnare il recesso, nonché a qualsiasi pretesa connessa alla cessazione del rapporto di lavoro. Ricevuta l’accettazione il datore di lavoro precisa la data di cessazione del rapporto di lavoro.
In riferimento all’Art. 4 della Legge Fornero si ricorda che, a prescindere da come l’azienda operi (adesione volontaria del dipendente, ovvero collocazione del lavoratore in ragione delle esigenze aziendali), si può procedere, anche successivamente le cessazione del rapporto di lavoro, al raggiungimento ed alla stipula di un accordo transattivo con corresponsione di una somma a titolo di incentivo all’esodo.
Ti potrebbero interessare anche:
- Intelligenza Artificiale e Risorse Umane.- libro di carta
- Collegato Lavoro 2025: guida alle novità (eBook)
- Paghe e contributi 2024 - libro di carta
- Elementi di diritto del lavoro - libro di carta di Matteucci - Cermelli
- La gestione delle risorse umane in azienda (eBook 2024)
- La Busta paga 2023: guida operativa (eBook)
- La Busta paga in edilizia (eBook 2023)
2) 2. Il trattamento previdenziale
Le somme concesse a titolo di incentivo all’esodo in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l’uscita dei lavoratori, sono escluse dalla base di calcolo della retribuzione imponibile previdenziale. Tale esclusione è dettata dall’Art. 4 comma 2 bis del Decreto Legge n. 173/1988, convertita con modificazioni in Legge num. 291, 1988 e che rappresenta la norma di interpretazione autentica dell’Art. 12 della Legge num. 153 del 1969. Il comma 2 bis specifica con chiarezza che “dalla retribuzione imponibile sono escluse anche le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori”. I chiarimenti forniti dal legislatore sono stati prontamente recepiti dall’INPS. L’Istituto, attraverso la Delibera num. 621 del 15 giugno 1990 del Comitato esecutivo dell’’INPS: sulla base dell’art. 4, comma 2 bis, D.L. n. 173/1988 (int. autentica art. 12 L. 153/69) ritenuto che debbano “ritenersi esenti dai contributi previdenziali ed assistenziali le somme erogate al fine di rimuovere impedimenti legali o contrattuali al recesso individuale dal rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro”.
Ne deriva che devono essere considerate come esenti da contribuzione previdenziale ed assistenziale tutte quelle somme erogate in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, e che vengono concesse “in aggiunta” alle normali competenze comunque spettanti. Tali somme, ovviamente, devono avere lo scopo di indurre il lavoratore ad anticipare motu proprio la risoluzione del rapporto di lavoro, rispetto alla sua naturale scadenza. In questa fattispecie, quindi, possono ricondursi tutte quelle somme che sono erogate in caso di cessazione anticipata del rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Ovviamente tale concessione deve essere connessa alla limitata facoltà di recesso individuale dal rapporto di lavoro (come chiarito dalla Circolare INPS n. 170/1990).
Tale concetto è stato inoltre ribadito anche da diverse sentenze...(LEGGI TUTTO su " LA CIRCOLARE DEL LAVORO N. 15 DEL 15.4.2016")
Per tanti altri prodotti editoriali visita la sezione dedicata agli E-book Lavoro e la Collana dei Pratici fiscali e la Collana Facile per tutti