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LA TASSAZIONE DELLE PLUSVALENZE NEL CASO DI CONFERIMENTO IN NATURA

La tassazione delle plusvalenze nel caso di conferimento in natura

Tassazione delle plusvalenze delle cessioni di azioni assegnate in seguito al conferimento delle quote di una SRL in una spa

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Sempre più spesso in una realtà dinamica, in cui il valore spesso deriva dalla capacità di cogliere la complessità e dalla sua interpretazione, i conferimenti in natura costituiscono un mezzo efficace per ottenere gli stessi effetti che si sarebbero ottenuti con la fusione.

1) Un caso pratico di conferimento

Il caso qui commentato, è quello del proprietario di una società A, la cui azienda viene completamente conferita in una società B, a titolo di aumento di capitale in natura.

Successivamente la società A viene messa in liquidazione, e al socio, sono attribuite le quote, mediante il piano di riparto, le quote della società B, di cui diventa socio.

In pratica, si ottengono così, in modo estremamente semplificato gli stessi risultati che si otterrebbero con una fusione, ma con grandi vantaggi dei vecchi soci della società B, che si trovano a divenire proprietari di una quota della azienda di  A, così come avverrebbe nell’altro tipo di operazione straordinaria, ma non della società.

Occorre innanzitutto distinguere il trattamento fiscale a cui sono assoggettate le persone fisiche rispetto al trattamento fiscale riservato alle persone giuridiche.

Per le persone giuridiche, il reddito prodotto è ovviamente dato dalle plusvalenze o minusvalenze conseguite quali differenze tra il prezzo pagato per le partecipazioni nelle società conferenti e il prezzo ottenuto al momento della cessione secondo le norma previste per la tassazione di impresa.

Le buon regole contabili, peraltro potrebbero imporre che a fronte di una valutazione con il metodo del patrimonio netto, sia necessario registrare anticipatamente la minusvalenza conseguita al momento del conferimento e poi la plusvalenza per il caso della cessione. Purtuttavia, da un punto di vista fiscale, ritengo che l’iscrizione di tale minusvalenza nelle componenti negative di reddito, potrebbe “quantomeno” suscitare delle perplessità dal punto di vista tributario e che pertanto tale verifica debba essere approfondita di volta in volta a seconda dei casi e dell’attività svolta dalla società che detiene le partecipazioni.

Per quanto invece riguarda il regime di tassazione applicato dalle persone fisiche, occorre fare riferimento al D.Lgs. 21/11/97 n. 461 e successive modificazioni, che è quello che ha determinato il trattamento fiscale dei redditi di capitale e dei redditi diversi, derivanti da attività finanziarie, classificando come redditi di capitale quei proventi, che derivano da rapporti aventi per oggetto l’impiego di capitale secondo uno schema produttivo analogo a quello civilistico (articolo 820 – comma III – Codice Civile), in altre parole derivanti dall’impiego finanziario di capitale, quali interessi e dividendi, e come redditi diversi i cosiddetti capital gains oggetto del presente parere.

Anche in questo caso, trattandosi di tassazione di plusvalenze è necessario distinguere i tre diversi regimi di tassazione:

  • Il regime della dichiarazione per cui l’investitore decide gli investimenti e adempie agli obblighi fiscali riportando plusvalenze e minusvalenze nella dichiarazione dei redditi.
  • Il regime del risparmio amministrato, nel quale l’intermediario calcola le plusvalenze o minusvalenze a ogni singola operazione di vendita conteggiando il costo con il metodo del prezzo medio d’acquisto,  pur restando  in capo all’investitore le decisioni relative agli investimenti, si delegano gli adempimenti fiscali al proprio intermediario che funge così da sostituto d’imposta andando a trattenere l’imposta sostitutiva nel caso di eventuali plusvalenze.
  • Il regime del risparmio gestito, in cui il cliente delega alla banca o alla Sgr (Società di gestione del risparmio) la decisione sulla strategia d’investimento, ma gli adempimenti fiscali relativi ai suoi investimenti restano in capo alla banca presso cui i suoi investimenti sono depositati. In questo caso, la tassazione sarà calcolata sia sui  redditi di capitale sia sui  redditi diversi maturati, e, ogni valutazione in merito alla tassazione dovrà essere presa in funzione delle dette valutazioni. 

In ogni caso, pertanto si osserva come, il socio che era proprietario delle quote o delle azioni delle società, successivamente conferite e che non ha mai effettivamente registrato alcuna minusvalenza, né sopravvenienza, non avendo avuto alcun incasso, ed essendo comunque appunto, il regime di cassa, quello che determina il momento impositivo e quindi la quantificazione dell’imposta, dovrà registrare quale valore di carico quello a suo tempo pagato.

Per l’applicazione della corretta tassazione, dovrà calcolarsi la differenza di valore tra il prezzo incassato per la vendita delle azioni  e il prezzo pagato per l’acquisto delle quote delle società conferite, o per la sottoscrizione delle medesime, al lordo dell’eventuale sovrapprezzo purché effettivamente pagato.Nel caso del conferimento di rami d’azienda in diverse società, poi dovrà, ovviamente farsi esplicito riferimento ai valori di perizia.

Ovviamente la verifica della corretta soggettazione a tassazione delle plusvalenze, da parte dell’Agenzia delle Entrate, partirà  dalla verifica della differenza tra il valore di cessione e il valore di carico, che la banca ha iscritto nel conto titoli.

In entrambi i casi, pertanto, al fine di evitare inutili processi accertativi da parte dell’agenzia delle Entrate, a prescindere da quello che sarebbe poi l’esito in commissione tributaria, è importante, che il contribuente pretenda la corretta iscrizione del valore pagato, come valore di carico da parte della banca.

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