La prima parte del D.lgs. 148/2015 contiene una serie di previsioni che si applicano e disciplinano in generale i trattamenti di integrazione salariale, quindi sia la cassa integrazione guadagni ordinaria che quella straordinaria.
I lavoratori che possono beneficiare dei trattamenti di integrazione salariale sono quelli assunti con contratto di lavoro subordinato, compresi gli apprendisti in apprendistato professionalizzate. Questa è un’interessante novità nella disciplina di CIGO e CIGS, dal momento che prima della Riforma tali soggetti potevano beneficiare solo dei trattamenti di integrazione salariale in deroga. Restano esclusi dai trattamenti di CIGO e CIGS i dirigenti e i lavoratori a domicilio (artt. 1 e 2).
L’accesso ai trattamenti di integrazione salariale è possibile solo per quei lavoratori che possano vantare un'anzianità di effettivo lavoro di almeno 90 giorni alla data di presentazione della domanda. Il D.lgs. 148/2015 delegato del Jobs act (L.183/2014) disciplina unitariamente per CIGO e CIGS anche la misura del trattamento di integrazione salariale prevedendo che esso ammonta all'80% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, comprese fra le zero ore e il limite dell'orario contrattuale (art. 3).
Un’interessante precisazione fatta dal D.lgs. 148/2015 riguarda l’alternanza tra trattamento di integrazione salariale ed eventuale trattamento di malattia qualora questa si presenti mentre il lavoratore è in CIGO o CIGS. Il decreto specifica che il trattamento di integrazione salariale sostituisce l'indennità giornaliera in caso di malattia, nonché la eventuale integrazione contrattualmente prevista.
La riforma affida alla disciplina generale di tutte le integrazioni salariali anche la definizione dei limiti di durata massima complessiva, cumulativi dei periodi di CIGO e di CIGS. Per ciascuna unità produttiva, il trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale non possono superare la durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile. Viene, quindi, ridotto il limite massimo complessiva da 36 a 24 mesi e viene modificato il periodo di riferimento che, ante riforma, era il quinquennio fisso mentre ora è il quinquennio mobile. Il calcolo dovrà, pertanto, avvenire a ritroso partendo dal giorno in cui si intende presentare domanda; Alcune novità sono state introdotte anche in tema di contribuzione addizionale per le imprese che presentano domanda di integrazione salariale (art. 5). Oltre a un aumento della percentuale di contributo richiesta che sale dal 4-8% al 9% , è variata la base di calcolo del contributo; infatti, prima della riforma il contributo addizionale veniva calcolato sulle somme erogate a titolo di integrazione salariale, mentre la nuova normativa prevede che ora venga calcolato sulla retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore in regime di lavoro ordinario. Il contributo addizionale, quindi, è ora maggiore sia perché più alta è la percentuale, sia perché più consistente è la base su cui calcolarlo.
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Trovi l'articolo in versione integrale nella Circolare del Lavoro n. 43 del 13.11.2015
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1) Le causali di CIGS: riorganizzazione e crisi aziendale
Mentre nella disciplina del campo di applicazione della cassa integrazione guadagni straordinaria non ci sono rilevanti novità a seguito della riforma del D.lgs. 148/2015, alcuni approfondimenti meritano di essere fatti in relazione alle modifiche in materia di causali.
L’articolo 21 del D.lgs. 148/2015 elenca e descrive le causali per cui le aziende possono chiedere l’intervento della cassa integrazioni guadagni straordinaria.
La prima causale è la riorganizzazione aziendale, già prevista dalla disciplina previgente, che ricomprende anche le ipotesi di ristrutturazione e riconversione aziendale.
La norma specifica che il programma di riorganizzazione aziendale deve presentare un piano di interventi volto a fronteggiare le inefficienze della struttura gestionale o produttiva e deve contenere indicazioni sugli investimenti e sull'eventuale attività di formazione dei lavoratori. Tale programma deve, in ogni caso, essere finalizzato a un consistente recupero occupazionale del personale interessato alle sospensioni o alle riduzioni dell'orario di lavoro.
Crisi aziendale
All’interno della causale di crisi aziendale, negli anni, sono state fatte rientrare situazioni aziendali praticamente irrecuperabili, permettendo l’autorizzazione di trattamenti straordinari di integrazione salariale anche in casi di decozione delle aziende, per le quali, sostanzialmente, la CIGS rappresentava solamente il procrastinarsi di una situazione di fatto da cui l’azienda comunque non si sarebbe ripresa. La volontà del Legislatore, espressa nella Legge delega 183/2014 ed emergente dalla struttura generale della riforma nota come Jobs Act, appare essere quella di abbandonare l’assistenzialismo puro nei confronti delle aziende in crisi, privilegiando piuttosto strumenti di chiusura delle aziende in crisi e di conseguente ricollocazione del personale. Proprio per questo il D.lgs. 148/2015, all’articolo 21, comma 1, lettera b, statuisce che a decorrere dal 1° gennaio 2016 non potranno più essere autorizzati trattamenti di integrazione salariale straordinari per crisi aziendale qualora vi sia la cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa. In sostanza, se al momento di presentazione della domanda è già chiaro che l’azienda non ha possibilità di riprendersi, e quindi di ottenere un recupero occupazionale, l’ordinamento non ha interesse nel mantenerla in vita attraverso la concessione dell’ammortizzatore sociale.
Il Legislatore ha, però, deciso di non abbandonare a prescindere le aziende in crisi nelle quali cessi l’attività produttiva; infatti, il comma 4 dell’articolo 21 prevede che qualora all'esito del programma di crisi aziendale l'impresa cessi l’attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell'azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale può essere autorizzato un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria sino a un limite di 12 mesi per il 2016, 9 mesi per il 2017 e 6 mesi per il 2018. L’intervento deve essere autorizzato previo accordo stipulato in sede governativa al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche in presenza del Ministero dello sviluppo economico. (...)
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2) Cassa integrazione, contratti di solidarietà e procedure concorsuali
La causale di CIGS per contratto di solidarietà è una novità della riforma Jobs Act veicolata dal D.lgs. 148/2015. Fino al 24 settembre 2015 (data di entrata in vigore del decreto) i contratti di solidarietà difensivi erano disciplinati a parte, come strumento di riduzione del personale e conseguente integrazione salariale ulteriore e distinto dalla cassa integrazione.
Il Legislatore, nell’ambito di una generale revisione dell'ambito di applicazione e delle regole di funzionamento dei contratti di solidarietà, ha deciso di ricomprendere i contratti cd. difensivi nel novero delle causali di CIGS, e trattare sempre nel D.lgs. 148/2015 anche i contratti cd. espansivi.
Quale causale di CIGS, il contratto di solidarietà richiede comunque la stipulazione di un contratto collettivo aziendale ai sensi dell'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, che stabilisca una riduzione dell'orario di lavoro al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale, anche attraverso un suo più razionale impiego. In sostanza, si può notare come nel caso della causale in parola l’accordo collettivo aziendale svolga il ruolo affidato al programma di riorganizzazione aziendale e di crisi aziendale.
Così come nella previgente normativa, la riduzione media oraria per contratto di solidarietà non può essere superiore al 60% dell'orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di solidarietà. Viene, invece, introdotto un limite, per ciascun lavoratore, di riduzione complessiva dell'orario di lavoro che non può superare il 70% nell'arco dell'intero periodo per il quale il contratto di solidarietà è stipulato. Altra novità è la riduzione del trattamento di integrazione salariale in corrispondenza di eventuali successivi aumenti retributivi intervenuti in sede di contrattazione aziendale.
Procedure concorsuali
Giusto un accenno, in conclusione, lo merita anche la causale di CIGS per procedure concorsuali che non viene menzionata nel D.lgs. 148/2015. Sembrerebbe che, pur mancando nell’articolo 21 tra le causali di CIGS il richiamo alle procedure concorsuali, la non abrogazione ad opera del D.lgs. 148/2015 dell’articolo 3 della L. 223/1991 ne determini la vigenza. La ricostruzione di cui sopra è, però, solo in parte corretta poiché non tiene conto di un precedente intervento normativo che ha provveduto a stabilire l’abrogazione dell’articolo 3 in parola a partire dal 1 gennaio 2016. La fonte di tale abrogazione è l’articolo 2, comma 70, della L. 92/2012.
Ciò significa che, fino al 31 dicembre 2015, può essere concesso il trattamento straordinario di integrazione salariale, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, ai lavoratori delle imprese soggette alla disciplina dell'intervento straordinario di integrazione salariale, nei casi di dichiarazione di fallimento, di emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, quando sussistano prospettive di continuazione o di ripresa dell’attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione. Il trattamento straordinario di integrazione salariale è altresì concesso nel caso di ammissione al concordato preventivo consistente nella cessione dei beni.
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