Ad affermare la possibilità di allungare i termini della prescrizione è la Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C- 105/14.
Qualcuno di voi sicuramente ricorderà le polemiche che seguirono all’approvazione della Legge c.d. ex Cirielli (Legge n. 251/2015) che, in generale, aveva diminuito i tempi della prescrizione. In particolare l’art. 157 del codice penale prevede che ”La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria”.
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1) Il caso preso in esame dalla Corte di giustizia riguarda una dichiarazione Iva fraudolenta
L’interpretazione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea riguarda un caso di dichiarazione IVA fraudolenta.
Tale fattispecie, ricordiamo, è tipizzata nell’art. 2 del D.lgs. n. 74/2000 il quale punisce la presentazione di una dichiarazione IVA fraudolenta che menzioni fatture o altri documenti relativi a operazioni inesistenti con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.
Gli imputati erano accusati davanti al Tribunale di Cuneo di aver costituito e organizzato un’associazione per delinquere allo scopo di commettere vari reati in materia di IVA, in particolare avrebbero messo in opera delle c.d. “frodi carosello” così da acquistare delle bottiglie di champagne in esenzione da IVA. La società coinvolta poteva così rivendere sottocosto tale prodotto in modo da distorcere la concorrenza sul mercato.
Il giudice del rinvio, in base al combinato disposto degli artt. 160, u.c. e 161, comma 2 del codice penale, ha inteso che tutti i reati, ove non ancora prescritti, lo saranno prima che possa essere pronunciata sentenza definitiva. Le indagini riguardanti le frodi carosello, infatti, sono molto complesse e, di conseguenza, il procedimento si protrae a lungo. Di conseguenza in questi casi l’estinzione del reato per prescrizione è la norma più che l’eccezione. In questi casi, stabilisce la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, “sarebbe spesso impossibile per l’amministrazione tributaria italiana recuperare l’importo di imposte che abbiano fatto oggetto del reato considerato”.
Da questa situazione potrebbe derivare anche che la normativa italiana autorizzi un comportamento contrario alle disposizioni in materia di concorrenza (cfr. artt. 101, 107 TFUE) . Il giudice del rinvio chiede pertanto un parere alla Corte di Giustizia UE in modo da poter disapplicare le norme di diritto interno. In particolare non è chiaro se il prolungamento di un quarto della durata iniziale della prescrizione a seguito di interruzione, consentendo di fatto un’impunità degli imputati, introduca un’ipotesi di esenzione dall’IVA non disciplinata dall’art. 158 della Direttiva 2006/112/CE. Sotto un altro profilo la normativa italiana non permetterebbe un contrasto efficace alla frode in materia di IVA.
Interessata della questione la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha sottolineato come sia il giudice nazionale a dover concludere se, dall’applicazione delle norme nazionali, derivi in un considerevole numero di casi l’impunità degli indagati “a fronte di fatti costitutivi di una frode grave”. In questa circostanza gli obblighi del diritto dell’Unione Europea in ordine al carattere effettivo e dissuasivo delle misure di lotta contro le frodi IVA non sarebbero soddisfatti.
Pertanto se il giudice del rinvio dovesse arrivare a questa determinazione, il diritto nazionale italiano sarebbe in contrasto con l’art. 325, § 1 del TFUE, con l’art. 2, § 1 della Convenzione PIF e con la Direttiva 2006/112/CE. Se il giudice italiano dovesse rilevare che la normativa italiana non permette di garantire una lotta efficace contro le attività illecite lesive degli interessi finanziari dell’Unione Europea (così come, per altro, quelli della Repubblica Italiana) ha facoltà di disapplicare la normativa nazionale ossia gli artt. 160 e 161 del codice penale.
Infine, per quanto riguarda le questioni inerenti l’incidenza della fattispecie oggetto di giudizio sulla corretta concorrenza del mercato, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha rilevato come gli artt. 101, 107 e 119 TFUE non abbiano nessuna rilevanza o incidenza nel caso di specie
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