Atteso l’esiguo numero della popolazione normanna, il sistema giudiziario fu caratterizzato dalla creazione di due tipi di corti:
tribunali locali, composti da nobili del luogo e che decidevano in base alle consuetudini e tribunali specializzati che decidevano su materie commerciali ed ecclesiastiche, sulla base della procedura romano canonica.
Accadeva, tuttavia, che il suddito non fosse soddisfatto della giustizia resa da questi due primi gradi di giudizio oppure che si trattasse di materie di competenza esclusiva delle corti regie (es. proprietà, finanze, penale); vi era così la possibilità di ricorrere direttamente al Re, quando si recava in zona, coadiuvato da giudici erranti.
In seguito, tali corti erranti si stabilizzarono in Westminster e divennero permanenti.
Le prime decisioni di tali Corti formarono i c.d. precedenti, cuore della Common law.
La procedura era, tuttavia, alquanto formale: il suddito che si riteneva leso nel proprio diritto, pagava una tassa ed otteneva il c.d. writ, ossia un ordine del Re che ordinava al convenuto di comparire innanzi alle sue corti, pena l’imprigionamento.
Tuttavia, il numero e la tipologia dei writs era molto limitata e poteva accadere che non vi fosse un writ adatto alla fattispecie di cui si invocava tutela.
Per far fronte a tale esigenza, il Re, all’inizio, creò nuovi writs, provocando forti reazioni nei nobili che vi vedevano un’erosione nell’operatività dei tribunali locali e, per l’effetto, nell’estensione del loro potere.
Di qui, si giunse ad un compromesso, con lo Statute of Westminster II che permise la creazione di nuovi writs, limitatamente alla soluzione di casi similari a quelli già di competenze delle corte rege.
Si è visto, nel precedente articolo, che la proprietà concessa in godimento al suddito non era trasferibile; inoltre, gli ordini religiosi non potevano acquistare beni e chi si accingeva a partire per viaggi rischiosi spesso desiderava affidare la gestione dei propri beni a terzi ma nell’interesse di altri, ad es. i propri figli, magari non ancora maggiorenni.
Di qui, il sorgere dell’istituto dello
use (che poi si chiamerà
trust) che consisteva, per l’appunto, nel trasferire la proprietà a persona di fiducia, ma nell’interesse di altro soggetto che, per varie ragioni, non poteva divenirne il proprietario formale (
c.d. to hold to the use of…).
Sennonchè tale proprietà fiduciaria non aveva riconoscimento innanzi i giudici ordinari; i sudditi si rivolgevano, quindi, al Re perché non trovavano rimedio giuridico presso quelli ed il sovrano rimetteva al proprio Cancelliere la soluzione di tali questioni.
Il cancelliere era un ecclesiastico, di formazione romanistica, che quindi, ricorrendo al concetto di confidentia del diritto civile, elabora il concetto di un’obbligazione di coscienza, cui attribuisce valenza giuridica.
Ecco il miracolo della common law: trasformare il metagiuridico, in diritto.
Di qui la nascita della storica distinzione fra il c.d. legal title, ossia un diritto che trova riconoscimento innanzi il giudice ordinario, ed il c.d. equitable title, ossia un diritto che trova tutela innanzi la Corte di equity.
E così ora, si comprende bene la struttura del trust, laddove non esiste alcun doppio diritto di proprietà, ma un unico diritto in capo al trustee che troverà un diverso riconoscimento a seconda del giudice innanzi a cui si agisce; piena proprietà se innanzi al giudice ordinario, proprietà funzionale all’interesse del terzo, se innanzi al giudice di equity.
Col tempo, la giurisdizione di equity del cancelliere si consolida e la cancelleria regia diventa sempre più strutturata; del pari, cresce il numero delle pronunce giurisprudenziali e si ha, dopo i primi dell’Ottocento, la promulgazione di numerose leggi sul trust, fra cui da ultima, il Trust act del 2000.
Massimiliano Scotton
Avvocato del foro di Padova
Presidente del C.d.A. di Confiance trust company s.r.l.