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I REQUISITI MINIMI DEL TRUST IN ITALIA

I requisiti minimi del trust in Italia

Quali sono gli elementi minimi perché si possa parlare di trust in Italia secondo la Convenzione de l'Aja (parte seconda)

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Nel precedente articolo "Il trust nell’ordinamento italiano", pubblicato il 7 luglio, abbiamo trattato il riconoscimento giuridico del trust in Italia dopo la Convenzione de l’Aja, ora vediamo quali sono gli elementi minimi (“ as a minimum ”) di fronte ai quali, sempre ai fini della Convenzione, si possa avere un trust.

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1) Gli elementi minimi per avere un trust

individua i c.d. elementi minimi (“ as a minimum ”) di fronte ai quali, sempre ai fini della Convenzione, si possa avere un trust, ossia che i beni in trust:
  1. costituiscano una massa distinta e non siano parte del patrimonio del trustee;
  2. siano intestati al trustee o ad un altro soggetto per conto del trustee;
  3. che questi sia investito del potere e onerato dell'obbligo di amministrare e disporre dei beni in conformità alle disposizioni dell'atto istitutivo e secondo le norme della legge regolatrice.

Sussistenti questi, il rapporto così sorto deve essere riconosciuto quale trust, con l'effetto e della piena efficacia dell'intervenuta segregazione patrimoniale e della possibilità per il trustee di agire nella propria qualità, a prescindere da conflitti di norme.

Da ciò ne consegue (art. 11, comma II, della Convenzione) che

  • i creditori personali del trustee non possano rivalersi sui beni in trust,
  • che i beni rimangano segregati anche in ipotesi di insolvenza o fallimento del trustee,
  • che non rientrano nel regime matrimoniale o nella successione del trustee,
  • che la rivendicazione dei beni in trust sia consentita nella misura in cui il trustee violando le obbligazioni risultanti dal trust, abbia confuso i beni in trust con i propri o ne abbia disposto e che i diritti e gli obblighi del terzo possessore siano disciplinati dalla legge applicabile in base alle norme di conflitto del foro.

Va precisato che mentre gli elementi minimi di cui all'art. 2 Convenzione trovano applicazione sic et simpliciter con il riconoscimento, quelli di cui all'art. 11 solo nei termini previsti dalla legge applicabile al trust, ma, per il terzo possessore, a condizione che quest'ultima sia più favorevole della lex fori.

Tali effetti trovano, tuttavia, un invalicabile limite nella disposizione dell'art. 15 Convenzione che fa salve le c.d. norme imperative dettate dai singoli ordinamenti in materie la cui tutela non può essere oggetto di deroghe negoziali.

Da ciò ne discende che il trust che violi tali norme non sia nullo, ma semplicemente “ inefficaci taluni suoi effetti rispetto ai diritti tutelati dalle norme imperative, con il preciso dovere del Giudice di cercare di attuare in altro modo gli scopi del trust ” (così I. Valas, in M. Monegat, G. Lepore, I. Valas (a cura di), Trust. Aspetti sostanziali e applicazioni nel diritto di famiglia e delle persone , I, Torino, 2007, p. 69).

Del pari analoga tutela hanno le c.d. norme di applicazione necessaria , ossia quelle norme interne che, ai sensi dell'art. 17 legge 218/1995, trovano applicazione sempre e comunque, anche qualora la fattispecie presenti elementi di internazionalità, escludendo, per l'effetto, l'applicazione delle norme di diritto internazionale privato.

Nulla prevede, invece, la Convenzione sulla giurisdizione, ossia su quale sia il Giudice che debba decidere la legge individuata dall'applicazione della Convenzione stessa.

Al riguardo si dovrà fare riferimento alla Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, alla legge 31 maggio 1995 nr. 218 e, con riferimento agli Stati facenti parte della Unione europea, al recente regolamento (UE) n.1215/2012, noto anche come “ Regolamento Bruxelles I bis ”.

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