La perequazione automatica, quale strumento di adeguamento delle pensioni al mutato potere di acquisto della moneta, fu disciplinata dalla legge 21 luglio 1965, n. 903 (all’art. 10, con la finalità di fronteggiare la svalutazione che le prestazioni previdenziali subiscono per il loro carattere continuativo. Per perseguire un tale obiettivo, in fasi sempre mutevoli dell’economia, la disciplina in questione ha subito numerose modificazioni.
Con l’art.19 della legge 30 aprile 1969, n. 153 ,nel prevedere in via generalizzata l’adeguamento dell’importo delle pensioni nel regime dell’assicurazione obbligatoria, si scelse di agganciare in misura percentuale gli aumenti delle pensioni all’indice del costo della vita calcolato dall’ISTAT, ai fini della scala mobile delle retribuzioni dei lavoratori dell’industria. Con l’art. 11, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, si stabilì che gli stessi fossero calcolati sul valore medio dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. Tale modifica mirava a compensare l’eliminazione dell’aggancio alle dinamiche salariali, al fine di garantire un collegamento con l’evoluzione del livello medio del tenore di vita nazionale.
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1) Il blocco delle pensioni nel Decreto Salvaitalia n. 201/2012
L’art. 24, comma 25, del d.l. n. 201 del 2011, (manovra denominata “salva Italia”) stabilisce che «In considerazione della contingente situazione finanziaria», la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, in base al già citato meccanismo stabilito dall’art. 34, L. n. 448 del 1998, è riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del cento per cento.
Per effetto del dettato legislativo si realizza un’indicizzazione al 100 per cento sulla quota di pensione fino a tre volte il trattamento minimo INPS, mentre le pensioni di importo superiore a tre volte il minimo non ricevono alcuna rivalutazione. Il blocco integrale della perequazione opera, quindi, per le pensioni di importo superiore a euro 1.217,00 netti. Tale meccanismo si discosta da quello originariamente previsto dall’art. 24, comma 4, della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato legge finanziaria 1986) che non discriminava tra trattamenti pensionistici complessivamente intesi, bensì tra fasce di importo. Secondo la normativa antecedente, infatti, la percentuale di aumento si applicava sull'importo non eccedente il doppio del trattamento minimo del fondo pensioni per i lavoratori dipendenti. Per le fasce di importo comprese fra il doppio ed il triplo del trattamento minimo la percentuale era ridotta al 90 per cento. Per le fasce di importo superiore al triplo del trattamento minimo la percentuale era ridotta al 75 per cento.
Le modalità di funzionamento dell’art. 24, comma 25, del d.l. n. 201 del 2011 sono ideate per incidere sui trattamenti complessivamente intesi e non sulle fasce di importo. Esse trovano un unico correttivo nella previsione secondo cui, per le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS e inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante, l’aumento di rivalutazione è comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato.
2) Dubbi di Illegittimità costituzionale e sentenza della Consulta
Arrivano dal Tribunale ordinario di Palermo, sezione lavoro, con ordinanza del 6 novembre 2013, dalla Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna, con due ordinanze del 13 maggio 2014 e sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, con ordinanza del 25 luglio 2014, i dubbi di legittimità costituzionale del comma 25 dell’art. 24, del decreto-legge del 6 dicembre 2011, n. 201 nella parte in cui prevede che «In considerazione della contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall’art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento», in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36, primo comma, 38, secondo comma, 53 e 117, primo comma, della Costituzione.
In particolare, tutti i giudici rimettenti ritengono che il comma 25 dell’art. 24 sarebbe costituzionalmente illegittimo per violazione degli artt. 3, 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost., in quanto la mancata rivalutazione, violando i principi di proporzionalità e adeguatezza della prestazione previdenziale, si porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza e ragionevolezza, causando una irrazionale discriminazione in danno della categoria dei pensionati.
La Corte Cost., con sentenza 30 aprile 2015, n. 70, riunisce i ricorsi e dichiara l’incostituzionalità del comma 25 dell’art. 24, del decreto-legge del 6 dicembre 2011, n. 201, in quanto si evince che la perequazione automatica dei trattamenti pensionistici è uno strumento di natura tecnica, volto a garantire nel tempo il rispetto del criterio di adeguatezza di cui all’art. 38, secondo comma, Cost.
Tale strumento si presta contestualmente a innervare il principio di sufficienza della retribuzione di cui all’art. 36 Cost., intesi quale retribuzione differita. Per le sue caratteristiche di neutralità e obiettività e per la sua strumentalità rispetto all’attuazione dei suddetti principi costituzionali, la tecnica della perequazione si impone sulle scelte discrezionali del legislatore, cui spetta intervenire per determinare in concreto il quantum di tutela di volta in volta necessario.
Un tale intervento deve ispirarsi ai principi costituzionali di cui agli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost., principi strettamente interconnessi, proprio in ragione delle finalità che perseguono.