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UTILIZZABILITÀ DEI DOCUMENTI TARDIVAMENTE DEPOSITATI IN PRIMO GRADO

Utilizzabilità dei documenti tardivamente depositati in Primo Grado

La problematica inerente la irrituale acquisizione di documenti nel procedimento di primo grado deve essere attentamente monitorata dal difensore tributario. L'autore fa un attenta disamina della giurisprudenza in materia.

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L’orientamento della Suprema Corte, infatti, non è costante sul punto e le conseguenze del comportamento tenuto dal difensore potrebbero rivelarsi determinanti nel prosieguo della controversia. Ci si spiega meglio con un esempio: si supponga che il cliente consegni al difensore un documento importante per la causa, il giorno prima dell’udienza, ossia quando ormai i termini di cui all’articolo 32, primo comma, D.Lgs 546/92 sono spirati. Il collega si troverà quindi nel grande dilemma di dover decidere se, la mattina seguente, presentarsi in udienza con quel documento, e rischiare che il giudice non lo acquisisca nemmeno, oppure se non produrlo e conservarlo per l’eventuale secondo grado di giudizio. A sommesso avviso di chi scrive, non esiste una soluzione del tutto avulsa da rischi. Infatti primariamente si ricorda che il Giudice di primo grado non dovrebbe potersi basare su quel documento, irritualmente acquisito, per fondare la propria decisione (ex multis Cass. 26741/2013). Inoltre esiste il concreto rischio che tale documento non sia più utilizzabile in appello (Cass.26741/2013, Cass. 13317/2011).

1) Il punto sulla giurisprudenza ad oggi

Sotto il primo profilo enunciato si rileva che è ormai pacifico che il termine, di cui all’articolo 32, primo comma, D.Lgs 546/92, sia perentorio (ex multis Cass.26741/2013, Cass. 11929/2011, Cass. 12396/2009, Cass. 28598/2008, Cass. 138/2004 ); pertanto la mancata produzione entro 20 giorni liberi prima dell’udienza non consente al giudice di primo grado di poter considerare quel documento per la propria decisione. Per quanto concerne l’utilizzabilità dello stesso nel successivo giudizio, si dà atto che, nonostante la giurisprudenza maggioritaria abbia sempre propeso per la possibilità di riproposizione, si sta facendo strada un orientamento contrario potenzialmente devastante al fine di rispondere alla domanda che il difensore si pone nell’esempio sopra citato. A tal proposito la Cassazione n. 13317/2001 così recita: “posta la pacifica circostanza fattuale che la produzione documentale, effettuata in prime cure era tardiva ed inammissibile, essendo avvenuta solo quattro giorni prima dell'udienza di trattazione, deve ritenersi che la censura dell'Agenzia sia infondata….omissis….. Anzitutto, perché l'art. 58 citato ammette la produzione in appello di "nuovi documenti" e, quindi, non riferisce a quelli già, inammissibilmente, prodotti in primo grado; è evidente che una lettura della disposizione che ritenesse "nuovi", i documenti già irritualmente prodotti, vanificherebbe gli effetti del termine fissato dall'art. 32, comma 1, DLgs. n. 546/1992, in relazione agli artt. 23 e 24 del medesimo decreto”. Ed ancora la recente Cass. 26741 del 29/11/2013: “Tale termine, anche in assenza di espressa previsione legislativa, deve ritenersi di natura perentoria, e quindi sanzionato con la decadenza, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie (rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio): con la conseguenza che resta inibito al giudice di appello fondare la propria decisione sul documento tardivamente prodotto anche nel caso di rinvio meramente "interlocutorio" dell'udienza su richiesta del difensore, o di mancata opposizione della controparte alla produzione tardiva, essendo la sanatoria a seguito di acquiescenza consentita con riferimento alla forma degli atti processuali e non anche relativamente all'osservanza dei termini perentori (art. 153 cod. proc. civ.)".
Un siffatto orientamento stimola un’ulteriore riflessione: se un documento tardivamente prodotto in CTP non è più utilizzabile in CTR, che cosa ne è di un documento non depositato in primo grado e tenuto direttamente per l’appello? A modesto avviso di chi scrive il documento non prodotto in primo grado non ha alcuna preclusione ad essere depositato in appello in quanto l’art. 58, comma 2, del D.Lgs 546/92 si discosta parzialmente dal corrispondente art. 345 c.p.c. ne senso che nel processo tributario non è richiesta alla parte la prova circa l’impossibilità di produrre quel documento per causa ad essa non imputabile. Inoltre, salvo il caso in cui dalla conoscenza di quel documento il contribuente avrebbe potuto dedurre motivi aggiunti (non ammessi in appello ex art. 57 D.Lgs 546/92), non si vedono sostanziali profili di violazioni al diritto alla difesa (art. 24 Costituzione) nella produzione di un nuovo documento nel Giudizio di appello.
Anche le commissioni di merito si stanno interessando sempre più a questi argomenti, tanto che anche la C.T. Reg. Palermo, sez. Catania, 8.5.2014 n. 1558/18/14, ha ritenuto non più producibili in appello i documenti non depositati in primo grado, con un processo argomentativo fondato da un lato sul principio di ragionevole durata del processo (art. 111 Costituzione) e dall’altro sulla possibile compressione del diritto alla difesa (art. 24 Costituzione) nel momento in cui quel documento avrebbe consentito la proposizione di motivi aggiunti nel procedimento di primo grado.
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