Un altro caso di deduzione di spese per sponsorizzazioni , indebitamente qualificate come pubblicità , in cui la Suprema Corte ribalta i giudizi di merito , confermando l'orientamento consolidato , in quanto " il collocamento della sponsorizzazione nell’ambito delle spese di pubblicità viene meno, in particolare, nei casi in cui l’attività di sponsorizzazione, in quanto non funzionalmente o logicamente collegata con il mercato di riferimento del soggetto sponsorizzato, ovvero essendo di ammontare non congruo rispetto alle dimensioni ed ai ricavi dello sponsor, non appare idoneo a generare una “diretta aspettativa di ritorno commerciale”.
IL CASO
A seguito di una verifica fiscale, l’Agenzia delle Entrate notificava a una società produttrice di manufatti in vetroresina un avviso di accertamento con cui recuperava costi per sponsorizzazioni di eventi sportivi e fieristici a carattere locale, qualificandoli come spese di rappresentanza ( e non come spese di pubblicità) i quali, in base all’art. 74 del T.U.I.R. vigente ratione temporis, erano deducibili solamente nei limiti di un terzo e in quote costanti per cinque anni.
I gradi di merito si concludevano entrambi a favore della società: in particolare, secondo la CTR, il concetto di pubblicità comprende tutti quei costi che “pur non essendo imputabili in modo diretto ai ricavi vengono comunque sostenuti per incrementare le vendite, essendo in grado di far acquisire all'impresa nuova clientela o di ampliare il fatturato nei confronti della clientela già esistente”.
Con successivo ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate denunciava, tra l’altro, violazione dell’art. 2697 c.c. in tema di ripartizione dell’onere probatorio, in quanto la CTR aveva erroneamente attribuito all’Amministrazione finanziaria l’onere di provare l’inerenza della sponsorizzazione che, in realtà incombeva sul soggetto che ne invocava la deducibilità, il quale avrebbe dovuto dimostrare che i costi sostenuti per la sponsorizzazione delle locali squadre di calcio e di pallavolo, nonché della locale sagra di paese avevano non soltanto la funzione di promuoverne l’immagine ma avevano anche l’obiettivo di procurare nuovi clienti ovvero di incrementare il volume delle vendite.
Con un altro motivo di ricorso viene denunciata la violazione dell’allora vigente art. 74 del T.U.I.R. in quanto la CTR avrebbe affermato in modo generico che il concetto di pubblicità comprende i costi che anche in prospettiva appaiono in grado di comportare un incremento delle attività e che non sono sindacabili in questo ambito le scelte compiute dall'imprenditore".
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di C. Miglino
1) Deducibilità limitata delle sponsorizzazioni l'ordinanza del 2014
Recentemente la Corte di Cassazione anche nell'ordinanza n. 14252 del 23 Giugno 2014 aveva statuito che le spese di sponsorizzazione costituiscono spese di rappresentanza, deducibili nei limiti dell’art.108 Tuir e del DM 19 novembre 2008, in quanto idonee ad accrescere il prestigio dell’impresa, laddove il contribuente non provi che all’attività sponsorizzata sia riconducibile una diretta aspettativa di ritorno commerciale.
La giurisprudenza ha infatti individuato nella aspettativa di ritorno commerciale il criterio determinante al fine di distinguere le spese di rappresentanza da quelle di pubblicità: le prime sono caratterizzate da un’aspettativa di un ritorno commerciale indiretto, inteso come potenziamento delle possibilità di sviluppo dell’impresa attraverso la crescita del prestigio e dell’immagine; quelle di pubblicità, invece, sono orientate ad un ritorno commerciale diretto attraverso l’incremento, più o meno immediato, delle vendite.
IL COMMENTO della dott.ssa C. Miglino
1. TRATTAMENTO FISCALE DELLE SPESE DI PUBBLICITA’ E DI RAPPRESENTANZA: PRASSI E GIURISPRUDENZA.
Il novellato articolo 108 del TUIR prevede che « Le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse, del volume dei ricavi dell’attività caratteristica dell’impresa e dell’attività internazionale dell’impresa. ».
In particolare, il DM attuativo dell’art. 108 TUIR individua:
- specifici criteri di qualificazione delle spese di rappresentanza, rilevanti ai fini della verifica della loro inerenza all’attività dell’impresa;
- un limite quantitativo di deducibilità di tali spese (ritenute congrue), ancorato ad una percentuale dei ricavi dell’impresa e non più fissato forfetariamente in funzione dell’ammontare delle spese sostenute;
- una categoria di spese (per viaggi, vitto e alloggio dei clienti) deducibili a determinate condizioni anche se sostenute nell’ambito di eventi (mostre, fiere, esposizioni ed eventi simili) che normalmente possono dare origine a spese di rappresentanza. Ai fini dell’IVA, invece, l’imposta è indetraibile ai sensi dell’art. 19 bis 1, comma 1, lett. h), del D.P.R. n .633 del 1972
Le spese di pubblicità e di propaganda, invece, sono integralmente deducibili, a scelta del contribuente:
- nell'esercizio in cui sono state sostenute o
- in quote costanti nell'esercizio stesso e nei quattro successivi.
La Circolare n. 34/E dell’Agenzia delle Entrate, in riferimento alle spese di pubblicità, ha chiarito che le stesse sono ” il frutto di un contratto a prestazioni corrispettive, la cui causa va ricercata nell’obbligo della controparte di pubblicizzare/propagandare, a fronte della percezione di un corrispettivo, il marchio e/o il prodotto dell’impresa al fine di stimolarne la domanda”. In sostanza le spese di pubblicità si generano all’interno di un rapporto contrattuale sinallagmatico tra le parti coinvolte, non recano alcuna utilità a terzi ed hanno la funzione di rendere conoscibile il marchio o il prodotto presso il mercato di destinazione, onde realizzare un incremento delle vendite.
Di contro le spese di rappresentanza si caratterizzano per la gratuità, ossia l’assenza di un corrispettivo che resti a carico del beneficiario e sono tese a migliorare l’immagine ed il prestigio aziendale senza dar luogo ad una aspettativa immediata di incremento delle vendite.
A tal proposito si segnala la Risoluzione n. 137/E del 2000 secondo cui “Sono individuabili come di rappresentanza quelle spese caratterizzate dalla "gratuità", ovvero dalla mancanza di corrispettivo da parte dei destinatari di una determinata prestazione»
La stessa giurisprudenza di legittimità ha qualificato come spese di rappresentanza «quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l’immagine dell’impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo” ed ha, invece, ritenuto spese pubblicitarie o di propaganda “quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell’attività svolta”.
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