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RISCHIO NON INDENNIZZABILE PER LA CONDOTTA DEL LAVORATORE: SENT. CASS. N. 15705/2014

Rischio non indennizzabile per la condotta del lavoratore: sent. cass. n. 15705/2014

La Cassazione lavoro nella sentenza n.15705 del 9 Luglio 2014 rigetta il ricorso per l'indennizzo di un infortunio causato da ingiustificata condotta del lavoratore

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Le norme in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili a sua imperizia, negligenza ed imprudenza , per cui il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso. La condotta del lavoratore può comportare in altri casi l'esonero dalla responsabilità per l'imprenditore quando presenti carattere di abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, ossia se si tratti di un comportamento totalmente estraneo al procedimento lavorativo "tipico" e in questo senso costituisca causa esclusiva dell'evento.
IL CASO
Il lavoratore, un muratore che , alle dipendenze di un’azienda, si occupava di lavori di carpenteria per l'intonacatura degli stabili, ha presentato ricorso al Tribunale, deducendo che nel giorno dell'infortunio intorno alle 11,45 era sceso dall'impalcatura sulla quale si trovava per la pausa pranzo e nel discendere metteva un piede in fallo precipitando nel vuoto, finendo prima su di un tetto in eternit e poi sul lastrico stradale. Chiedeva pertanto la condanna dell'INAIL all'indennizzo dei conseguenti postumi di invalidità temporanea assoluta e invalidità permanente.
Il giudice di primo grado riteneva che l'evento derivasse da una scelta arbitraria dei lavoratore, il quale aveva creato volutamente, in base a ragioni personali, una situazione diversa da quella inerente l'attività lavorativa, determinando perciò una causa interruttiva dei nesso eziologico con quest'ultima; ciò in quanto il lavoratore per accedere al piano inferiore, dove era sceso per consumare il pasto, pur in presenza di un accesso sicuro costituito dalla botola che collegava il piano dei ponteggio con quello inferiore, preferì scendere dal ponteggio, tenendosi ai tubi che lo componevano, solo perché la botola era distante circa 8 metri.
Avverso la sentenza ha proposto appello il lavoratore, il quale è stato rigettato.
Successivamente, è stato presentato dal lavoratore ricorso in Cassazione, il quale è stato dichiarato inammissibile, in quanto il ricorrente/lavoratore non riproduce in ricorso gli atti e documenti (verbali ispettivi e verbali di udienza contenenti le dichiarazioni dello stesso ricorrente, esaminate dalla Corte d'appello, e delle testimonianze raccolte) che sarebbero stati erroneamente valutati dalla Corte di merito. Inoltre, la giurisprudenza citata dal ricorrente circa la riconducibilità all'attività lavorativa anche dei tempo necessario o utile al fine della consumazione dei pasti è inconferente, riguardando la diversa ipotesi dell'infortunio "in itinere", deve rimarcarsi che nella specie la Corte territoriale ha congruamente ritenuto che le dichiarazioni rese nell'immediatezza dal lavoratore all'ispettore dell'Inail (circostanza, quella di aver preferito scendere attaccandosi ai tubi dei ponteggio anziché utilizzando la non lontana botola, confermata nel corso dell'audizione libera del ricorrente in prime cure), non lasciavano alcun dubbio sull'ingiustificata e pericolosa condotta tenuta dal lavoratore, configurando un rischio elettivo non indennizzabile.
IL COMMENTO
1. Art. 2087 c.c.: responsabilità del lavoratore e non del datore di lavoro ed infortunio sul lavoro
Fondato nella pronuncia in esame è il motivo per quanto riguarda la ricostruzione dell'infortunio ed in particolare la valutazione del comportamento del lavoratore considerato causa dell'infortunio stesso.
In base ai principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità la responsabilità dell'imprenditore per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l'integrità fisica del lavoratore discende o da norme specifiche o, quando queste non siano rinvenibili, dalla norma di ordine generale di cui all’art. 2087 c.c., la quale impone all'imprenditore l'obbligo di adottare nell'esercizio dell'impresa tutte quelle misure che, secondo la particolarità del lavoro in concreto svolto dai dipendenti, si rendano necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori. Tale responsabilità è esclusa solo in caso di dolo o rischio elettivo del lavoratore, ovvero di rischio generato da una attività che non abbia rapporti con lo svolgimento dell'attività lavorativa o che esorbiti in modo irrazionale dai limiti di essa, mentre l'eventuale colpa del lavoratore non è in sè idonea ad escludere il nesso causale tra il verificarsi del danno e la responsabilità del datore di lavoro, sul quale grava l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno stesso (v. fra le altre Cass. 19-4-2003 n. 6377, Cass. 20-8- 2003 n. 12253, Cass. 20-6-2003 n. 9909, Cass. 6-7-2002 n. 9856, Cass. 4-7-2000 n. 8944, Cass. 17-11-1993 n. 11351). (....)

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