La S.C. ha riconosciuto l’esistenza di un principio di diritto secondo il quale, ai fini del sequestro funzionale alla confisca dei beni di un'azienda di fatto amministrata da un soggetto indagato per partecipazione ad un'associazione di tipo mafioso, occorre dimostrare l'esistenza di una correlazione tra i cespiti e l'ipotizzata attività illecita del soggetto. Dunque sarebbe pretestuoso il ricorso al trust allorché sussistano prove in ordine all’anzidetta correlazione: sono assoggettabili al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente beni rientranti nella disponibilità dell'indagato, ancorché conferiti in trust, che l'indagato trustee continui ad amministrare conservandone di fatto la piena disponibilità.
IL CASO
Con ordinanza del 12 aprile 2013 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha confermato il decreto di sequestro preventivo della .. s.r.l., società avente di fatto sede legale in (OMISSIS), emesso dal G.i.p. presso quel Tribunale in data 18 marzo 2013, sul presupposto che la stessa si trovi al vertice di un cartello di imprese che gestiscono la totalità degli appalti pubblici nel comprensorio di (OMISSIS) e Comuni limitrofi, rappresentando una "figura cardine per gli affari economici della cosca di T.G. cl. 71", sulla scorta delle direttive impartite da R.I., quale figura apicale del sodalizio.
Il provvedimento cautelare è stato adottato nell'ambito di un procedimento penale relativo alle seguenti ipotesi di reato:
- art. 110 c.p., e art. 416 bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, e L. n. 146 del 2006, artt. 3 e 4, (capo sub A-bis della rubrica provvisoria), commesso in (OMISSIS) ed altre zone della provincia reggina, in epoca antecedente e prossima all'anno 2005 e sino alla data odierna;
- artt. 81 cpv. e 110 c.p., art. 513 bis c.p., commi 1 e 2, e L. n. 203 del 1991, art. 7, commesso nella medesima località su indicata, in data antecedente e prossima all'anno 2005 e fino all'anno 2010 (capo sub B);
- artt. 110, 81 cpv., 323 e 476 c.p., e L. n. 203 del 1991, art. 7, (capo sub B-bis), commesso nella medesima località su indicata tra il 31 maggio ed il 1 giugno 2009;
- d) artt. 110, 81 cpv., 323 e 476 c.p., e L. n. 203 del 1991, art. 7, (capo sub B-ter), commesso nella medesima località su indicata in data 29 aprile 2008.
Nell'interesse della predetta società, in persona dell'amministratore unico e legale rappresentante, i difensori hanno proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame, deducendo la violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione all'art. 321 c.p.p., art. 240 c.p., art. 416 bis c.p., comma 7.
Si lamenta, in primo luogo, l'insufficienza e l'irragionevolezza dell'apparato argomentativo, avendo il Tribunale erroneamente recepito le valutazioni espresse dal G.i.p. sulla base del provvedimento interdittivo originariamente emesso dalla Prefettura di Reggio Calabria nei confronti della s.r.l.
Non è stata operata, in particolare, alcuna valutazione circa la concreta possibilità di eventuali ingerenze e condizionamenti sul nuovo assetto societario da parte dell'organizzazione criminale in esame, avuto riguardo al fatto che, il (OMISSIS), a seguito del provvedimento prefettizio di interdizione per il sospetto di infiltrazioni mafiose, i soci hanno costituito il Trust "…", liberandosi delle loro quote ed affidandole ad un trustee con il compito di detenerle e, successivamente, destinarle ai beneficiari individuati nel relativo atto notarile.
A seguito dell'istituzione del trust, l'amministratore unico della … s.r.l., T.G. (cl. (OMISSIS)), si spogliava del proprio incarico, comunicando le sue dimissioni, ed il trustee, divenuto socio unico della predetta società, in data 1 luglio 2010 provvedeva, all'esito di assemblea ordinaria, alla nomina di un nuovo amministratore unico in persona dell'odierno ricorrente, che, da quel momento, ha amministrato la società con attività gestionale limitata, poiché, essendo ancora vigente la predetta informativa prefettizia, stante il pronunciamento sfavorevole del giudice amministrativo, ha svolto esclusivamente attività edilizia in favore di clientela privata.
Nulla viene contestato, infatti, successivamente alla costituzione del trust, la cui irrevocabilità, per come risulta dall'atto costitutivo, consente di affermare che non possa trattarsi di uno "sham" trust al solo scopo di aggirare le norme di prevenzione.
Si deduce, inoltre, che il Tribunale ha confermato, sulla base dell'art. 416 bis c.p., comma 7, il sequestro di una società segregata nel trust e, pertanto, intestata a soggetti non indagati, senza individuare alcun collegamento, nè la presenza di alcuna relazione specifica e stabile, tra la società ricorrente ed i soggetti indagati per i reati di associazione mafiosa.
Con motivi aggiunti, si lamenta, in particolare, l'assoluta mancanza di verifica degli elementi che possano supportare il quadro accusatorio a seguito della costituzione del trust, sì da avallare il sospetto, ipotizzato dalla Prefettura e richiamato sia dal G.i.p. che dall'organo del riesame, circa l'influenza della locale cosca di "ndrangheta" sulle relative scelte gestionali, pur dopo la segregazione in trust della società sopra indicata.
Il Tribunale del riesame, peraltro, avrebbe operato un travisamento del fatto laddove afferma che, dall'atto costitutivo del trust, risulterebbe che i beni sarebbero tornati ai disponenti in esito allo scioglimento: tale circostanza è erronea, poichéall'art. 2 dell'atto costitutivo si da atto dell'irrevocabilità dello strumento e all'art. 6, nel contempo, si prevede la possibilità di esclusione dei beneficiari - discendenti dei capostipiti - qualora non forniscano sostegno rilevante all'attività della società, con la successiva divisione delle quote, tra discendenti dei capostipiti e dei beneficiari, una volta sopraggiunto il termine finale del trust (almeno quaranta anni).
IL COMMENTO
1. UTILIZZO A FINI ELUSIVI DEL TRUST PER NON ASSOLVERE LE PROPRIE OBBLIGAZIONI O PER SALVAGAURDARE SITUAZIONI INDIFENDIBILI
La prassi italiana ha mostrato un frequente ricorso ai trust auto-dichiarati, specialmente nei casi in cui il disponente intendeva curare personalmente l’affidamento del compito ed era in condizione di adempiervi meglio di quanto avrebbe potuto fare un terzo.
Il fatto che disponente e trustee coincidano non ha alcun effetto sulle nozioni di «compito», di «affidamento» e di «fiduciario dell’affidamento». Le obbligazioni del trustee verso i beneficiarî sono le medesime, coincida o meno egli con il disponente. Di conseguenza non hanno pregio i sospetti che la nostra incomprensione dei trust ci porta ad avere sui trust auto-dichiarati. (...)
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