IL CASO
La CTR Veneto rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate nell’ambito di una controversia riguardante il rimborso della maggiore IRPEF trattenuta dal datore di lavoro – sub specie una banca - sulle somme corrisposte dal 2001 al 2004 al contribuente, a titolo d’incentivo alle dimissioni ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, comma 4 bis, (poi divenuto - a seguito della nuova numerazione introdotta dal D.Lgs. n. 344 del 2003 - art. 19, comma 4 bis). La domanda di rimborso, presentata dal contribuente nell’anno 2006, traeva spunto dalla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea del 21 luglio 2005, con cui la norma nazionale sopra citata era stata dichiarata in contrasto con la Direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro.ù
Secondo i giudici di merito, il contribuente non era decaduto dal diritto al rimborso perché la decorrenza del termine per proporre l’istanza andava individuato nella data di pubblicazione della sentenza della Corte di Giustizia piuttosto che nella data di versamento del tributo. Difatti, evidenzia la Ctr, solo a seguito della pubblicazione della sentenza, pronunciata dai giudici europei, viene a configurarsi il presupposto per la richiesta di rimborso. Per effetto del ricorso in Cassazione proposto dall’Agenzia delle Entrate, il giudizio è stato rimesso, con ordinanza 959 del 2013, depositata il 16 giugno, alle Sezioni Unite.
IL COMMENTO
1. IL TERMINE DI DECADENZA PER LA RIPETIZIONE DI TRIBUTI INDEBITAMENTE CORRISPOSTI: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA- GIURISPRUDENZA ITALIANA
Con specifico riferimento alla ripetizione di tributi riscossi in base a norme nazionali dichiarate incompatibili con il diritto comunitario, la Corte di Giustizia ha sottolineato che, in mancanza di una disciplina comunitaria , “spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascun Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario, fermo restando che le dette modalità non possono…….rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario” (sentenza 15 settembre 119, causa C-231/96;cfr anche sentenza 17 novembre 1998, causa C-228/96;sentenza 17 luglio 1997, cause riunite C-114/95 E c -115/95).
In particolare, i giudici europei hanno statuito che il diritto comunitario non osta a disposizioni nazionali che assoggettino il rimborso di tributi , incompatibili con la norma comunitaria, a termini ben precisi, sempre che gli stessi non rendano impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto medesimo(sentenza 9 febbraio 199, causa C.343/96). In sintesi è il diritto nazionale che determina le modalità per la restituzione di tributi dichiarati illegittimi dalla Corte di giustizia, sempre che le modalità di rimborso ivi previste non siano lesive dei diritti del contribuente.
Ciò posto, nel caso di istanze di rimborso delle imposte pagate a titolo di incentivo all’esodo, trova applicazione il disposto di cui all’articolo 38 Dpr 602/73, secondo cui il termine per la presentazione della domanda di rimborso decorre dalla data in cui è stata operata la ritenuta (Ris. 259/E del 15 ottobre 2009; Cass.16926/2008 ; Cass 582/2010).
Secondo la giurisprudenza comunitaria, infatti, l’inutile decorso del termine di decadenza di 48 mesi per la proposizione dell’istanza di rimborso comporta la definitività del rapporto giuridico, a nulla rilevando le sentenze della Corte di Giustizia che dichiarino l’illegittimità di tributi nazionali. (...)
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