Ai sensi dell’art. 2112 c.c., è configurabile il trasferimento di un ramo di azienda nel caso in cui la cessione abbia ad oggetto anche solo un gruppo di dipendenti dotati di particolari competenze che siano stabilmente coordinati ed organizzati tra loro, così da rendere le loro attività interagenti ed idonee a tradursi in beni e servizi ben individuabili; in presenza di detti elementi si realizza, pertanto, una successione legale del contratto di lavoro - e non un'ipotesi di mera cessione - che non abbisogna del consenso del contraente ceduto.
IL CASO
La Corte d'Appello, in riforma della pronuncia del Tribunale, dichiarò l’inefficacia delle cessazione del ramo di azienda e del contratto di lavoro del dipendente dalla società originaria all’altra società e, per l'effetto, la persistenza del rapporto di lavoro tra le parti originarie. A sostegno del decisum la Corte ritenne quanto segue:
- doveva ritenersi la sussistenza dell’interesse ad agire del lavoratore, essendo l’azione di accertamento necessaria per rimuovere una situazione di obiettiva incertezza giuridica;
- nella fattispecie trovava applicazione l’art. 2112 cc, come modificato dal dl.vo n. 18/01, emanato in attuazione della direttiva 98/50/CE;
- in base a tale normativa la nozione di ramo d'azienda andava identificata in una articolazione aziendale dotata di propria stabile organizzazione di mezzi e personale destinata alla realizzazione di un’attività economica;
- tale entità doveva inoltre preesistere al trasferimento, per evitare che lo strumento della cessione del ramo d'azienda mascherasse una mera cessione di rapporti di lavoro; non poteva ritenersi sufficiente che i contraenti avessero denominato una determinata struttura come ramo d’azienda, occorrendo la prova dei suoi precisi connotati oggettivi, e non essendo sufficiente la cessione di meri servizi, senza che ad essi corrisponda anche una stabile organizzazione di beni e personale.
Contro tale decisione è stato proposto ricorso per Cassazione, che l'ha rigettato, perché: “in virtù dell'art. 2112 c.c., deve intendersi per ramo autonomo d’azienda suscettibile di trasferimento, ogni entità economica organizzata in maniera stabile che, in occasione del trasferimento, conservi la propria identità; il che presuppone però una preesistente realtà produttiva funzionalmente autonoma e non una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento”.
IL COMMENTO
1. ART. 2112 C.C. E TRASFERIMENTO D’AZIENDA: PRESUPPOSTI
Il trasferimento d’azienda è regolato dall’art. 2112 c.c., tale norma costituisce l'ultimo approdo del legislatore italiano sul piano definitorio nella materia, derivante dalla elaborazione della giurisprudenza comunitaria in ordine alla interpretazione della direttiva comunitaria 2001/23/CE (frutto anch'essa di una ripetuta riscrittura che ne ha esteso l'originario raggio di azione nel passaggio dal testo della direttiva del Consiglio della Comunità 14 febbraio 1977 n. 77/187/CEE a quello della direttiva 29 giugno 1998 n. 98/50/CE, infine razionalizzato nella direttiva del 2001) con riguardo al campo di applicazione della stessa, con particolare riferimento alla fattispecie "trasferimento di azienda". Tale nozione è definita dal legislatore comunitario del 1998 (art. 1, n. 1, lett. b) nei seguenti termini: "E' considerato come trasferimento di azienda ai sensi della presente direttiva quello di un'entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un'attività economica, sia essa essenziale o accessoria".
Quanto alla nozione di trasferimento, è noto che la Corte di giustizia l'ha affrancata nel tempo, nello spirito della direttiva, dalla necessità dell'esistenza di un contatto tra cedente e cessionario, estendendola ad ogni caso di modificazione soggettiva della titolarità dell'"azienda" a prescindere dal mezzo tecnico- giuridico utilizzato per la sostituzione del relativo titolare.
1) per approfondire scarica il commento completo con il testo integrale della sentenza:
Ti potrebbero interessare anche: