La recente sentenza n. 27198 del 4 dicembre 2013 della Cassazione formula un’interessante norma giuridica ribadendo il pieno diritto alla detrazione dell’IVA, che non si dimentichi rappresenta un tributo armonizzato, di cui la Corte di Giustizia UE è attenta custode. In tal senso la limitazione a tale diritto potrebbe costituire una palese violazione dei precetti comunitari.
Ciò chiarito la giurisprudenza di vertice nazionale afferma che la detrazione IVA è configurabile in presenza di spese di investimento documentate, sostenute in vista dello svolgimento dell’attività. Non rileva l’effettivo inizio dell’attività non potendo costituire aspetto ostativo alla detrazione, un eventuale ritardo nell’avvio dell’attività connesso a crisi temporanea. La detrazione dell’IVA regolata dall’art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, è configurabile, in presenza di documentate spese di investimento, sostenute in vista dello svolgimento di attività lucrativa articolata in un’iniziativa complessa e quantitativamente rilevante, anche in assenza di operazioni attive, non potendo escludersi che una società intenda perseguire lo scopo per cui è stata costituita solo perché costretta ad una stasi da una temporanea crisi finanziaria o da fluttuazioni del mercato. L’inerzia della società nel procedere all’esercizio di una attività atta a conseguire operazioni attive che permettono l’esercizio della rivalsa non rileva ai fini della detrazione dell’imposta pagata sugli acquisti.
Questa sentenza evidenzia dunque come l’atto emesso nel caso de quo sia in palese contrasto con la normativa comunitaria e non sia peraltro motivato, in quanto le operazioni attive correlate a quelle passive, oggetto di detrazione erano rallentate per effetto di circostanze temporanee.
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1) IL CASO: avvio ritardato dell'attività e detrazione IVA
Con avvisi di rettifica parziale IVA notificati da parte dell'Agenzia delle Entrate, l'Ufficio contestava alla X srl quale incorporante delle società Y di non avere diritto alla detrazione dei crediti di imposta in relazione all'acquisto di un capannone industriale (lo stesso per entrambe le società e per entrambi gli anni) in quanto esse, sin dalla loro costituzione e fino all'incorporazione, non risultavano avere mai svolto le operazioni commerciali oggetto dell'attività dichiarata, cioè fabbricazione di poltrone e divani.
La contribuente presentava ricorso avverso gli avvisi di rettifica davanti alla CTP di Bari la quale rigettava il ricorso pur in presenza di condono per il periodo di imposta in questione, rilevando la mancanza di prova contraria circa l'inoperatività delle due società.
Su ricorso in appello proposto dalla società contribuente, la Commissione tributaria regionale delle Puglie, con sentenza nr. 121/05/05 depositata in data 3/1/2006, riformava la sentenza di primo grado e dichiarava infondata la pretesa tributaria stante il perfezionamento dell'istanza di condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9, comma 10. Avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale delle Puglie ha proposto ricorso per cassazione l'Agenzia delle Entrate con tre motivi:
- con il primo motivo di ricorso la ricorrente Agenzia delle Entrate lamenta violazione di legge e falsa applicazione dell'art. 9 legge 289/2002 in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto la CTR ha ritenuto che il condono preclude ogni accertamento tributario sia in ordine ai debiti che in ordine ai crediti;
- con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta violazione di legge e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 53 e 57 ed art. 2697 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la CTR ha ritenuto che le società, che sin dalla loro costituzione e fino all'incorporazione non risultavano avere mai svolto le operazioni commerciali oggetto dell'attività dichiarata cioè fabbricazione di poltrone e divani, non portavano avanti l'iniziativa economica solo perchè costrette a causa di circostanze economicamente sfortunate quali la crisi finanziaria o le fluttuazioni di mercato;
- con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta violazione di legge e falsa applicazione della L. n. 724 del 1994, art. 30 e L. n. 662 del 1996, art. 45 ed art. 2697 e 2727 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto la CTR ha ritenuto che le società non si trovavano in un periodo di normale svolgimento dell'attività per situazioni di carattere straordinario che tuttavia la società contribuente non aveva mai provato.
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